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Home - Approfondimenti - La nota - Renzi, la sconfitta, e quelle parole della sinistra dimenticate

Renzi, la sconfitta, e quelle parole della sinistra dimenticate

22 Giugno 2016
in La nota

Alla domanda se fosse comunista Ennio Flajano era solito rispondere con la sua irriverente ironia “ non me lo posso permettere”.

Guardando i dati elettorali di Roma ( come anche di Torino) si potrebbe dire la stessa cosa. A Roma il candidato del PD Roberto Giachetti ( onesto quanto inefficace)  ha vinto solo in due circoscrizioni: Centro e Parioli: due punti nella mappa della sterminata città dove si concentra la “meglio Roma” : la Roma barocca con i suoi stupefacenti palazzi e le poche opere di architettura moderna degne di  questo nome:  l’auditorio di Renzo Piano, la teca di Mayer , il ponte della musica,  il MAXXI. Luoghi dove gli esponenti del vecchio PD sono soliti  mostrarsi nella loro  fisicità  piena  di cultura, buone letture e cucina romana rivisitata da chef stellati: da Veltroni all’intramontabile Bettini,  alla Melandri e agli altri Bo-Bo del bel mondo che conta. Gente  ormai  internazionale con un piede a Roma e uno a Parigi  e  New York. Nelle altre circoscrizioni della Roma, sempre progressivamente più brutta, del PD non c’è più traccia;  fino ad arrivare alla mostruosa  Tor Bella Monaca dove l’idealtipo umano prevalente appartiene ancora a quello dei borgatari “brutti , sporche e cattivi” e in  cui il PD è una specie ormai  estinta da tempo, respinta e rigettata  anche fisicamente come sperimentato da Matteo Orfini al mercato di Giardinetti, estremo sud-est della città

Non dissimile il caso di Torino; anche lì l’onesto Fassino resiste  nelle zone del benessere ma cede in tutte altre sommerso dalla marea montante dei Grillini

Certo, le differenze tra le due città sono evidenti: a Roma la terra di mezzo di Mafia capitale dove molti  dirigenti del PD ne erano protagonisti, a Torino una gestione del municipio di tipo sabaudo,  corretta, competente e affidata alle migliori menti della città. Gente diversa i torinesi anche nella loro asciutta corporeità: la magrezza di Piero Fassino i volti scavati di Sergio Chiamparino  o della Livia Turco. Cucina frugale e potere castigato nei costumi,  ma altrettanto riservato ed esclusivo;  un potere saldamente radicato nel tessuto energetico della città che come  una corrente invisibile  connette  le tre   infrastrutture del comando:  la Fiat, la Compagnia di  San Paolo ( con le oligarchie finanziarie della città), i palazzi della politica . Per Fassino la sconfitta è stata un vera “ingiustizia” perpetrata a danno di un sindaco da tutti riconosciuto capace e resa possibile solo grazie al voto compatto delle destre. Peccato che ad altri commentatori le cose appaiano sotto una luce  diversa: la caduta del Muro di Torino per Aldo Cazzullo; la fine di una ipocrisia per il Prof Marco Revelli  , il crollo  dell’ancien regime per Massimo Gramellini.

Alla fine dei conti però e aldilà delle singoli risultati,  è Renzi a cumulare su di sé l’esito complessivo delle consultazioni. E la somma algebrica del tutto è   una sconfitta clamorosa, mitigata  appena dalla vittoria di Milano. Un bagno di realtà che  disvela d’incanto l’artificiosità del tell storyng del Premier e che mostra  uno scenario radicalmente mutato;  un nuovo ordine, peraltro,  di difficile lettura anche per  i più avvezzi come Ilvo Diamanti.

Nella società liquida anche i voti di adattano inesorabilmente al contenuto senza storia della nostra contemporaneità; essi, non appartenendo   più a nessuno di diritto,  trasformano in stelle cadenti anche gli astri più risplendenti. E’ dunque per questa plasticità dell’elettorato che la sconfitta da paventata è diventata realtà? In parte questo è vero,  e così conferma Roberto D’Alimonte  che sul Sole 24  ha sintetizzato gli spostamenti dei voti tra i tre schieramenti al ballottaggio:

 

I dati di Milano e di Bologna confermano quanto già rilevato in altre occasioni: è più facile che un leghista voti un grillino che viceversa. Esiste una asimmetria tra gli elettori del centro-destra in generale e quelli del M5s. I leghisti hanno fatto vincere l’Appendino a Torino ma i grillini non hanno fatto vincere Parisi a Milano mentre avrebbero potuto farlo ..

Eccezione Bologna dove “gli elettori del Movimento sono stati un pochino più generosi nei confronti della candidata del centro-destra Circa il 45% di loro l’ha votata mentre solo il 10% ha scelto Merola. Ma anche in questo caso molti di loro si sono astenuti al secondo turno”

 

Le alchimie politiche, dunque, hanno contribuito al risultato, ma sarebbe una pia illusione relegare il tutto al perverso meccanismo della tripolarismo del nostro sistema politico

Esiste in Italia una domanda inevasa e le parole d’ordine dei pentastellati riescono a rappresentarla , perlomeno nel seggio elettorale.

  • Il bisogno di partecipazione diretta ( un voto un cittadino) contro le lobbyes che ingessano in una camicia di forza ogni forma di mobilità sociale e di cui Torino è l’emblema;
  • La lotta senza distinguo alla corruzione di cui questa volta è Roma a rappresentarne l’espressione più compiuta
  • Il rispetto degli elettori che votarono perché l’acqua restasse pubblica
  • Il rispetto degli  elettori  che votarono contro il finanziamento dei partiti
  • Il reddito di  cittadinanza come misure di contrasto alla dilagante  povertà
  • La difesa della scuola pubblica e lo stop alla privatizzazione della istruzione
  • Una nuova disciplina del rapporto di lavoro che modifichi sostanzialmente il Job act
  • Il rispetto dell’ambiente con una particolare attenzione al trasporto pubblico e al ciclo dei rifiuti
  • La lotta alle pensioni d’oro ovvero sia a quanti avendo versato poco  si ritrovano rendimenti ingiustificati nella attuale situazione economica del paese.

 

Queste parole d’ordine ,  quasi tutte patrimonio della sinistra, sono quelle che Renzi ha rinnegato,  trattandole come una incrostazione della storia. E infatti  le  alleanze del premier hanno valorizzato quelle forze che a tali parole d’ordine erano ostili ( Verdini come ultimo arrivato)  e osteggiato quelle altre ( sindacati in primis) che nei fatti le condividevano. Questi sono alcuni problemi sul tappeto e se la discussione che si aprirà  non vuole essere una nuova narrazione di una realtà inesistente  a tali questioni,   fino a ieri inevase e oggi fatte proprie dal Movimento cinque stelle, si dovrà  dare  risposta.

 

Roberto Polillo

 

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