La concentrazione di professionalità high skilled, l’ampia partecipazione femminile, l’elevata scolarizzazione, l’investimento nella formazione dei giovani sono tra i riconosciuti punti di forza su cui si basa la competitività internazionale di Milano e la sua attrattività. La prolungata recessione comincia però a lasciare il segno anche in questa area economica: soffrono in particolare Pmi e manifatturiero, che perdono posti di lavoro. Nel 2012 sono servizi e grandi imprese ad assicurare il precario equilibrio dell’occupazione. Nell’incertezza della fase economica le imprese hanno adeguato gli organici con un mix di leve strategiche: aumento della flessibilità, blocco del turnover, utilizzo intensivo di ammortizzatori sociali, riduzioni di organico concentrate tra le funzioni manageriali. Le due riforme introdotte non hanno giovato: quella delle pensioni ha inceppato il meccanismo di naturale ricambio generazionale, quella del mercato del lavoro ha disincentivato la creazione della forma di lavoro più possibile in periodi di incertezza, quello flessibile.
Questi i principali risultati che emergono dall’Indagine sul mercato del lavoro nell’area milanese condotta dal Centro Studi di Assolombarda su 750 imprese associate che occupano 120 mila lavoratori nelle provincie di Milano, Lodi e Monza e Brianza. La ricerca, realizzata nell’ambito dell’Osservatorio Assolombarda sulle Risorse Umane, è stata presentata nel corso di un convegno tenutosi oggi a Milano a cui sono intervenuti, tra gli altri, Michele Verna, Direttore Generale Assolombarda, Stefano Colli Lanzi, Amministratore Delegato GI Group, Silvio Ferrari, Presidente Cargill, Emilia Rio, Direttore Risorse Umane e Patrimonio Immobiliare Gruppo A2A e Maurizio Sacconi, Presidente Commissione Lavoro del Senato.