Contro il rischio che l’imminente amministrazione straordinaria dell’Ilva, col ricorso alla legge Marzano, azzeri i loro crediti nei confronti del gruppo siderurgico (solo in parte pagati), gli imprenditori dell’indotto di Taranto stanno manifestando, dalle 10 di questa mattina, in piazza Montecitorio a Roma. Gli imprenditori chiederanno di essere ricevuti da Palazzo Chigi.
Sarebbero 4000 i lavoratori a rischio, tra diretti e indiretti, di cui circa 3mila sono quelli messi in libertà dalle imprese di Taranto, mentre 800 quelli inattivi per la fermata degli impianti.
“I tempi di avvio dell’amministrazione straordinaria sono imminenti e, a meno di garanzie dirette da parte del Governo che segue la delicata questione dell’indotto con grande attenzione, la gran parte di quest’enorme platea di aziende, grandi e piccole, impegnate da diversi anni al servizio della grande fabbrica, rischia di scomparire, sommersa da un’esposizione debitoria senza precedenti”, afferma Vincenzo Cesareo, presidente di Confindustria Taranto, promotrice della manifestazione.
Col sit in di oggi, Confindustria, precisa ancora il presidente Cesareo, “porterà al Governo tutte le istanze già ampiamente manifestate in questi ultimi mesi” a partire dalle “garanzie sulla copertura dei crediti maturati, le sole che possano consentire alle aziende la continuità lavorativa, ora bruscamente interrotta con la messa in libertà dei dipendenti”.
“Si torni immediatamente e responsabilmente a riporre la situazione nel confronto fra le parti, e ovunque sia necessario, per individuare gli strumenti utili a gestire una fase tanto delicata e difficile”. La Fiom Cgil definisce la messa in liberta’ del personale dell’indotto una “protesta sbagliata e autolesionista che puo’ portare allo spegnimento degli impianti dando così il colpo di grazia a tutto e a tutti; un gesto irresponsabile perché soffia sul fuoco della paura e della rabbia, e che qualora venisse assunta davvero – sottolinea la Fiom – ci indurrebbe ad attivare tutte le azioni, anche di natura giudiziaria, a tutela dei lavoratori coinvolti, anche perché per la messa in libertà non vi e’ alcun presupposto, tantomeno di natura giuridica”.
F.P.