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Home - In evidenza - Rossi (Cisl Marche), anche chi lavora rischia la povertà

Rossi (Cisl Marche), anche chi lavora rischia la povertà

di Eleonora Terrosi
22 Ottobre 2021
in In evidenza, Interviste
Rossi (Cisl Marche), anche chi lavora rischia la povertà

Con la pandemia le situazioni di disagio e fragilità sociale sono drammaticamente cresciute. Per il segretario generale della Cisl Marche, Sauro Rossi, le riforme e i progetti da finanziare con il PNRR saranno fondamentali per la ripresa della regione.

L’introduzione del green pass nella sua regione ha causato difficoltà?

Il livello di tensione nelle Marche non è mai salito, ci sono state due manifestazioni nella città di Ancona e soltanto una ha coinvolto la zona del porto per poi arrivare alla prefettura. Ci sono stati disagi sul piano della mobilità perché per qualche ora è stato bloccato l’accesso al porto ma comunque entrambe le manifestazioni si sono tenute senza alcuna violenza. Anche fuori Ancona ci sono state piccole adunanze, specialmente nei pressi di alcune industrie del settore manifatturiero, ma si sono tenute senza alcuna tensione.

Molti chiedono che le imprese paghino i tamponi anche ai lavoratori che hanno deciso di non vaccinarsi: cosa ne pensa?

La linea della Cisl è chiara: stiamo chiedendo al Governo di abbattere il costo dei tamponi calmierando i prezzi e vorremmo che ciò avvenisse con un provvedimento nazionale. Infatti sappiamo che tale azione sarebbe immediatamente possibile perché il costo effettivo dei tamponi è ampiamente sotto i 10 euro. In questo momento ci si sta muovendo anche sul piano della contrattazione, sempre a livello nazionale, per poter calmierare i prezzi in modo uniforme per non creare differenze tra i territori e le tipologie di imprese. Noi, comunque, riteniamo sempre che l’obbligo vaccinale sia lo strumento migliore per contenere la pandemia e quindi rimane il nostro obiettivo prioritario.

La regione Marche si sta riprendendo dalla crisi covid?

La ripresa si avverte anche nelle Marche; purtroppo non è omogenea né nei settori né nei territori.

Anche prima dell’arrivo della pandemia la situazione non era rosea. Dobbiamo risollevarci da tre crisi che si sono stratificate: quella economica del 2008, quella dovuta al sisma e adesso anche quella pandemica.

È un dato di fatto che la caduta del PIL delle Marche, nel 2020, è stata superiore a quella nazionale.  I dati attuali di questa ripresa, ancora, non ci consentono di capire se si sta recuperando il gap nelle categorie che erano state più penalizzate dalle crisi precedenti, come donne, giovani e lavoratori autonomi. È ancora presto per capire se questa ripresa è strutturale.

I fondi del PNRR stanno per arrivare alle regioni: le Marche ha progetti pronti su cui investire?

La regione ha iniziato delle riflessioni su come investire i fondi del PNRR ma non c’è stato ancora alcun confronto ufficiale con le parti sociali e noi riteniamo che la regione non possa approntare i propri progetti senza tale confronto.

Sicuramente i due vettori più importanti secondo noi sono quello della transizione ecologica e quello della transizione digitale. A questi due, naturalmente, sono correlati anche importanti trasformazioni infrastrutturali. Le due transizioni devono promuovere il lavoro di “qualità” e rafforzare le reti di welfare. Il nuovo sviluppo, infatti, deve essere sostenibile, anche sul piano sociale.  Dunque è essenziale aprire una riflessione con le istituzioni e i soggetti sociali ed economici per trovare una strada condivisa.  In più nelle Marche, oltre ai fondi del PNRR, arriveranno i finanziamenti previsti anche dal nuovo ciclo di fondi strutturali europei: saranno tutti fondamentali per accompagnare un ulteriore sviluppo di qualità sul territorio e sarà essenziale selezionare le priorità condivise da tutti.

Tra dieci giorni scadrà il termine del blocco dei licenziamenti, quale scenario dobbiamo aspettarci?

Le Marche sono l’emblema della necessità di prorogare il blocco dei licenziamenti, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali. Infatti, nel 2021, la maggioranza degli interventi per le imprese nei settori in crisi -tessile, calzaturiero e dell’abbigliamento – è avvenuto in “deroga”. Ciò significa che sono state usate risorse che in regime ordinario non sarebbero arrivate perché concentrate in settori senza copertura.

Quindi riteniamo essenziale che prima di sbloccare i licenziamenti venga definito un nuovo impianto di tutele che in questa realtà sono vitali. Se si tornasse alla situazione prepandemica il nostro tessuto produttivo, caratterizzato prevalentemente da industrie di piccole e piccolissime dimensioni, non potrebbe accedere agli ammortizzatori sociali.

Ogni giorno leggiamo nuovi aggiornamenti sul numero in crescita degli incidenti mortali sul lavoro, quale è la situazione nelle Marche? Cosa devono fare le istituzioni, anche a livello nazionale a tutela della sicurezza sul lavoro?

Il tema della sicurezza sul lavoro, purtroppo, si sta riproponendo in modo drammatico. Nelle Marche dobbiamo addirittura registrare una crescita degli incidenti mortali rispetto agli ultimi anni. Questo è ormai un dramma che va affrontato con grande determinazione: serve migliorare i controlli e costruire un sistema di responsabilità del lavoro.  Il lavoro di qualità del nuovo sviluppo post-covid deve essere legato anche alla sicurezza sul lavoro. Serve quindi promuovere e rafforzare una vera e propria “cultura della sicurezza” e ampliare il numero dei tecnici della prevenzione che attualmente sono evidentemente insufficienti.  La cultura della sicurezza deve riguardare tutti i settori, dall’agricoltura alle costruzioni al manifatturiero, ai servizi.

Come sindacato avvertite un disagio sociale diffuso sul territorio?

Anche da noi registriamo situazioni di difficoltà e di vulnerabilità. Nelle Marche abbiamo registrato un incremento della povertà relativa di circa 2 punti percentuali, questo è un dato assolutamente non trascurabile e soprattutto una situazione del tutto nuova. L’elemento su cui riporre più attenzione è che emergono situazioni di difficoltà anche in famiglie in cui ci sono persone che lavorano. Questo fenomeno è dovuto alla precarizzazione del lavoro che non garantisce più un reddito costante e continuativo. Quindi anche qui stiamo assistendo all’ampliamento del disagio sociale. Per questo motivo a livello nazionale riteniamo essenziale perfezionare gli strumenti contro la povertà come ad esempio il reddito di cittadinanza per facilitare il sostegno e la reintroduzione nel mondo del lavoro di chi si trova a rischio di emarginazione sociale.

Si apre un autunno di grandi riforme nazionali, quali sono i temi su cui riponete maggiore attenzione?

Una delle riforme che cerchiamo di seguire con maggiore attenzione è quella degli ammortizzatori sociali, ma teniamo sotto controllo anche quella del fisco; poi vogliamo controllare anche la riforma del sistema salute italiano e la riforma della scuola intesa anche come formazione lunga tutto l’arco della vita delle persone. Ad oggi è ancora difficile pronunciarsi nel merito delle riforme in lavorazione: notiamo dei segnali importanti sul tema del fisco in cui riteniamo si debba perseguire la strada dell’abbassamento della pressione fiscale sui lavoratori e sui pensionati e rivedere la posizione degli incapienti. Riteniamo, perciò, opportuna anche una riforma dell’IRPEF per renderla più equilibrata a vantaggio dei redditi bassi e medi. Un altro tema che seguiamo con particolare cura è quello della scadenza di Quota 100: vogliamo evitare che si crei uno scalone improvviso per il conseguimento della pensione; la nostra priorità è comunque dare attenzione ai lavori gravosi e usuranti. È essenziale creare flessibilità in uscita: ad esempio una strada potrebbe essere quella di permettere l’uscita dal mondo del lavoro a partire dai 62 anni oppure, a prescindere dall’età, una volta arrivati a 41 anni di contributi. Mentre i lavori gravosi devono essere trattati come situazioni con regole specifiche. In più per dare una copertura previdenziale adeguata ai giovani, viste le carriere discontinue che li caratterizzano, è fondamentale rafforzare la previdenza complementare e rivedere i coefficienti di calcolo.

Infine, come deve essere interpretato il recente attacco alla sede sindacale della Cgil a Roma?

L’attacco alla sede della Cgil è sicuramente il gesto deprecabile di una minoranza che fa della violenza una modalità di espressione; tuttavia questo è un segnale che non può e non deve essere sottovalutato. Dobbiamo arginare qualsiasi forma violenta e squadrista. Il margine a questa deriva deve essere eretto dai sindacati con la stessa determinazione che ci ha visti uniti negli ultimi giorni. L’episodio singolo non va sottovalutato perché questi fenomeni vanno condannati ma anche emarginati. Il mondo del lavoro si è sempre impegnato per emarginare i fronti eversivi, il disagio non deve trasformarsi in terreno fertile di crescita delle frange violente.

Eleonora Terrosi

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