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Home - Approfondimenti - Analisi - Salario: il primo confronto tecnico

Salario: il primo confronto tecnico

25 Febbraio 2003
in Analisi

Luca Maria Colonna – Segretario Nazionale Uilm

Nelle ‘segrete stanze’ della trattativa: la cronaca vera della prima (e ultima) riunione della Commissione tecnica Fim, Fiom e Uilm sul salario.

A cosa serve una commissione tecnica nell’economia di una trattativa? Sicuramente non è l’occasione per modificare le rispettive posizioni ed è quindi sbagliato immaginare che nella riunione del 24 febbraio Federmeccanica, Fim, Fiom e Uilm non riconfermassero quanto già sostenuto e scritto nei documenti prodotti dall’inizio del negoziato. Il fatto era ed è del tutto scontato.

Una commissione tecnica può quindi servire a due scopi: conoscere e discutere i dati (e le logiche con cui sono stati elaborati) della controparte oppure essere lo spunto per una polemica sindacale.


La riunione di ieri è nel suo concreto svolgimento è servita al primo scopo, ma la raffigurazione mediatica che ne è venuta fuori è andata nell’altro senso. Vorrei provare a riassumere brevemente, con l’aiuto degli appunti, la riunione per tentare di ridurre la schizofrenia (c’è ne già troppa in giro) tra i contenuti della riunione e la sua raffigurazione.


Inoltre voglio approfittarne per porre qualche domanda che ieri avrei voluto fare sulle posizioni sostenute dalle organizzazioni sindacali e che non ho posto per la consuetudine che prevede che tra la delegazione di parte sindacale non si polemizzi di fronte alla controparte.


La riunione è iniziata sul primo argomento previsto dal Protocollo del 23 luglio, l’andamento delle retribuzioni e dell’inflazione, con la Federmeccanica che ha presentato i dati sugli andamenti di queste due variabili su due periodizzazioni, una di lungo termine dal 1995 al 2002, e l’altra relativa al biennio 2001 – 2002. In entrambi i periodi, secondo i dati tratti dalle fonti disponibili (tre serie statistiche Istat e l’indagine annuale Federmeccanica), anche se in misura differente secondo la fonte, i dati mostrano un andamento superiore al tasso di inflazione.


La discussione ovviamente si è incentrata sull’interpretazione di questi dati e soprattutto sul fatto che le diverse fonti e, quelle dell’indagine Federmeccanica in particolare, per come sono costruite possono sovrastimare la dinamica retributiva. Nel cosiddetto ‘panel’ dell’indagine Federmeccanica infatti sono presenti essenzialmente medie e grandi aziende, generalmente sindacalizzate e nelle quali, di norma, vigono consistenti contratti aziendali.


Ciò induce a una sovrastima perché da un lato nel ‘panel’ sono rappresentate meno che nell’insieme delle imprese metalmeccaniche, le piccole e medio-piccole aziende nelle quali la contrattazione aziendale è assai poco diffusa e dall’altro perché si confrontano con la dinamica dell’inflazione, voci retributive (i premi di risultato) che per esplicita previsione del Protocollo del 23 luglio hanno fondamento in miglioramenti di produttività, qualità e redditività.


I dati nel lungo periodo quindi ci permettono di dire che il salario medio lordo ha seguito, o meglio ‘inseguito’, l’inflazione e su questo non sono emerse nella discussione differenze significative tra Fim, Fiom e Uilm. A questo dato tuttavia non corrisponde un’analoga, sostanziale tenuta dei salari medi netti, e pure su questa considerazione fatta dalla Fiom alla Federmeccanica non vi sono nel fronte sindacale differenze di analisi. Semmai si tratta di capire perché non vengono apprezzati i tagli all’Irpef per i redditi medio-bassi, definiti nel ‘Patto per l’Italia’, ma – per correttezza – devo dire che la domanda ieri è stata solo pensata ma non detta.


La parola ‘chiave’ di queste affermazioni dei rappresentanti sindacali, che potrebbero anche stupire gli osservatori, è però il termine ‘medio’ laddove si ‘media’ su due dimensioni: gli andamenti delle retribuzioni per le differenti qualifiche (operai, impiegati, tecnici, quadri) e tra le imprese che fanno e quelle che non fanno la contrattazione di secondo livello e che quindi non redistribuiscono la produttività realizzata.


E qui per la verità cominciano le prime, sia pur modeste differenze di analisi, ma assai consistenti circa le soluzioni proposte dalle organizzazioni sindacali per affrontare questi temi. Credo che non serva a nulla polemizzare e banalizzare le idee e le proposte degli altri e quindi mi limiterò a porre le domande alla Fiom, perché con la Fim, pur avendo delle normali divergenze, la costruzione di una posizione di sintesi è sicuramente possibile in astratto, ma anche nella pratica.


Per quanto riguarda gli andamenti differenti tra alte e basse qualifiche, elemento peraltro negato dalla Federmeccanica, la risposta sindacale più adeguata è quella di richiedere un aumento indifferenziato tra i livelli? Non è più opportuno tentare di ridisegnare il sistema di classificazione?


Per quanto riguarda invece la redistribuzione della produttività che la Fiom chiede di attuare con il contratto nazionale nella misura dell’1,2% su due anni, non è forse sindacalmente, ma anche sotto il profilo dell’equità, più corretto volerne dare magari il doppio ma solo a quel 50% dei metalmeccanici che non hanno svolto contrattazione di secondo livello?


Svolta la discussione sugli andamenti delle retribuzioni, cioè sul passato, si è passati a quella sul futuro e sull’inflazione da prendere a riferimento per il biennio 2002 – 2003, ma su questo argomento si è discusso animatamente ma ognuno è rimasto delle sue opinioni (d’altra parte era, lo ricordo, una commissione tecnica, non una trattativa): la Federmeccanica trincerata dietro al perimetro del 4,3% fatto dell’inflazione programmata 2002 (1,4%), di quella 2003 (1,3%) e dello scarto tra l’inflazione reale e quella adottata per rinnovare il contratto nella misura massima dell’1,6%, con le organizzazioni sindacali a sostenere l’inattendibilità dell’inflazione programmata.


Dopo la riunione, scopro dalle agenzie che secondo la Fiom la posizione di chiusura di Federmeccanica è colpa di Fim e Uilm e dell’accordo separato del luglio del 2001. Accordo che nella riunione mi ero permesso di utilizzare come precedente per ‘sganciare’ la trattativa dall’inflazione programmata, laddove questa fosse – come avverrà quest’anno e l’anno prossimo – palesemente sbagliata.


Ma voglio porre qui l’ultima domanda alla Fiom: per i lavoratori è stato così dannoso avere con decorrenza 1° luglio 2001 una quota che altrimenti avremmo dovuto negoziare oggi e veder erogato nella migliore delle ipotesi con decorrenza 1° marzo 2003? Saranno pochi, saranno pure ‘maledetti’, ma sono ‘subito’ e già inseriti nei minimi contrattuali.


Per completezza della cronaca devo aggiungere che la Federmeccanica ha preannunciato di voler discutere della situazione congiunturale del settore come elemento di contesto per il negoziato, ma ha rinunciato, visto il recupero dell’euro rispetto al dollaro nel 2001 ma soprattutto nel 2002, a porre il tema delle ragioni di scambio, che tanto aveva impegnato le parti nei precedenti rinnovi, si tratta di un fatto quasi dovuto, ma che mi fa essere ottimista almeno su un punto: la Federmeccanica non ha intenzione di utilizzare cavilli e strumentalizzazioni per fare ‘melina’.

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