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Salario minimo, il Cnel vara (tra le polemiche) la prima parte del documento, il 12 l’assemblea voterà sul testo finale

redazione
Ottobre04/ 2023

L’assemblea del Cnel ha illustrato il documento relativo agli esiti della prima fase istruttoria tecnica sul lavoro povero e il salario minimo, precedentemente approvato dalla commissione dell’informazione con il solo voto contrario della Cgil e l’astensione della Uil. Lo riferisce il Cnel, sottolineando che il lavoro finora svolto dalla commissione confluirà nel testo finale.

La commissione ha prodotto la prima parte del documento – richiesto dalla presidente del consiglio, Giorgia Meloni – dedicata all’inquadramento e all’analisi del tema. La seconda parte, che conterrà le proposte, sarà esaminata dalla commissione la serata di venerdì, per essere poi  accorpata in un documento unico e votata dall’assemblea nella seduta del 12 ottobre.

Nel documento relativo agli esiti della prima fase istruttoria tecnica sul lavoro povero e il salario minimo, “per evitare di replicare nelle dinamiche interne al Cnel schemi di ragionamento duali, che si prestano a strumentalizzazioni politiche ed eccessi di semplificazione di un problema altamente complesso, i componenti della commissione per l’informazione concordano sull’importanza di pervenire alla formulazione di un documento finale ampio e inclusivo. Un documento orientato cioè a condividere dati, scenari, possibili soluzioni e criticità”.

Per altri profili, strettamente collegati alle motivazioni politiche di una proposta di legge in materia di salario minimo, i componenti della commissione dell’informazione richiamano la relazione del gruppo di lavoro che “è chiara nel precisare come, nel dibattito pubblico, la povertà lavorativa è spesso collegata a salari insufficienti mentre questa è il risultato di un processo che va ben oltre il salario e che riguarda i tempi di lavoro (ovvero quante ore si lavora abitualmente a settimana e quante settimane si è occupati nel corso di un anno), la composizione familiare (e in particolare quante persone percepiscono un reddito all’interno del nucleo) e l’azione redistributiva dello Stato”.

Nel merito, il documento relativo agli esiti della prima fase segnala che la direttiva europea sul salario minimo “non impone agli Stati membri alcun obbligo di fissare per legge il salario minimo adeguato e neppure di stabilire un meccanismo vincolante per l`efficacia generalizzata dei contratti collettivi”. La direttiva “è al contrario estremamente chiara nel segnalare, rispetto all`obiettivo di promuovere un sostanziale ‘miglioramento dell`accesso effettivo dei lavoratori al diritto alla tutela garantita dal salario minimo’, una netta preferenza di fondo per la soluzione contrattuale rispetto a quella legislativa”.

“La direttiva europea – sottolinea il documento – là dove esiste un robusto ed esteso sistema di contrattazione collettiva non richiede ulteriori verifiche o adempimenti. Da ciò si può evincere che il trattamento retributivo previsto da un contratto collettivo qualificato, cioè sottoscritto da soggetti realmente rappresentativi, sia adeguato”.

In Italia il tasso di copertura della contrattazione collettiva si avvicina al 100 per cento, “una percentuale di gran lunga superiore all`80% parametro della direttiva. Da qui la piena conformità dell`Italia ai due principali vincoli stabiliti dalla direttiva europea e cioè l`assenza di obblighi di introdurre un piano di azione a sostegno della contrattazione collettiva ovvero una tariffa di legge”.

“L`archivio dei contratti del Cnel segnala la criticità del fenomeno dei ritardi nel rinnovo dei contratti collettivi – si legge ancora nel documento – la questione dei ritardi dei rinnovi contrattuali è decisamente più complessa di quello che i dati ufficiali lasciano comunque trasparire. Non sempre ritardo è sinonimo di non adeguatezza del salario o di assenza di meccanismi di vacanza contrattuale, concessioni una tantum (si pensi al rinnovo del contratto del terziario dove sono state introdotte misure ponte che risolvono il problema almeno per tutto il 2023), ovvero meccanismi di adeguamento all`andamento della inflazione che, in effetti, sono presenti in numerosi contratti collettivi nazionali di lavoro”.

Sul punto, i dati ufficiali di Istat stimano in 7,10 euro il 50 per cento salario medio e in 6,85 euro il 60 per cento salario mediano. I dati sono del 2019, a fine anno si avranno dati più aggiornati su salari medio e mediano per il 2021, mentre non sono attendibili, per l’Istat, i dati del 2020 per le perturbazioni sul mercato del lavoro dovute alla pandemia. Alcuni componenti della commissione per l’informazione segnalano tuttavia l’opportunità di utilizzare altri criteri di misurazione del salario medio e mediano così da parametrarsi sui trattamenti retributivi dei soli lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato.

“Rispetto a questi indicatori è pertanto possibile affermare – aggiunge il documento – anche in assenza di condivisione sui criteri di calcolo delle voci retributive che concorrono a definire il salario minimo adeguato, che nel complesso, pur con non trascurabili eccezioni, il sistema di contrattazione collettiva di livello nazionale di categoria supera più o meno ampiamente dette soglie retributive orarie”.

I contratti firmati da Cgil, Cisl e Uil sono 211 e coprono 13.364.336 lavoratori dipendenti del settore privato (ad eccezione di agricoltura e lavoro domestico). Rappresentano il 96,5 per cento dei dipendenti dei quali conosciamo il contratto applicato, oppure il 92 per cento del totale dei dipendenti tracciati nel flusso Uniemens. I sindacati non rappresentati al Cnel al momento attuale (X consiliatura) firmano 353 contratti che coprono 54.220 lavoratori dipendenti, pari allo 0,4 per cento dei lavoratori di cui è noto il contratto applicato.

In estrema sintesi, dalla prima parte dell’istruttoria emergerebbe dunque che il salario minimo non è poi così indispensabile, mentre un aiuto maggiore ai salari potrebbe arrivare da un rafforzamento della contrattazione. Naturalmente questa interpretazione non è stata apprezzata dalla Cgil, che ha appunto votato contro in commissione (in assemblea ci si è limitati a prendere atto del documento). Tuttavia, fanno osservare al Cnel, il lavoro non è finito, e da qui al 12 ottobre c’è ancora spazio per cercare di individuare in una posizione condivisa da tutti. Obiettivo che al momento pare difficile ottenere, ma mai dire mai.

e.m.

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