La direttiva Ue sui salari non pone un’alternativa tra salario minimo e contrattazione collettiva, ma molti Paesi integrano i due istituti. Lo ha spiegato il commissario Ue al Lavoro Nicolas Schmit alle commissioni congiunte Lavoro di Camera e Senato “Ci sono paesi con la sola contrattazione collettiva, che sono Italia, Austria, Svezia e Danimarca, ma poi abbiamo un modello in cui c’è il salario minimo più la contrattazione collettiva: non è una scelta tra contrattazione collettiva o salario minimo, la scelta è contrattazione e salario minimo” ha spiegato il commissario.
“Se la contrattazione collettiva non funziona bene, non porta a buoni risultati, perché vi sono squilibri tra le parti sociali, si può arrivare a una situazione in cui nonostante una vasta copertura contrattuale i salari sono molto bassi” ha detto Schmit. “Occorre migliorare il sistema di contrattazione collettiva se non funziona bene, perché si possono avere molte persone in povertà anche se lavorano… Oppure -ha aggiunto- abbiamo il sistema dei salari minimi, non in via esclusiva, ma insieme”.
Il commissario ha ricordato che “la Germania non aveva il salario minimo fino al 2015″. Chi era contro? “I datori di lavoro ma anche i sindacati, finché non hanno scoperto che sempre più persone non erano coperte da accordi collettivi dignitosi e il numero di persone con salari molti bassi era diventato un elemento di spaccatura” ha detto Schmit. “Nel 2015 è stato introdotto il salario minimo, a livelli molto contenuti, e poi in seguito è stata adeguato”.
“Quando si ha una grande parte dell’economia con salari bassi non è buona garanzia per un’economia competitiva, perché con i salari bassi i datori non investono in digitale, per esempio” ha concluso.
tn