“Si tratta di un dibattito fuorviante che non tiene conto delle reali richieste della Costituzione e dell’Unione Europea”. Così il giuslavorista Giovanni Costantino commenta la bagarre in Parlamento sul salario minimo. La maggioranza, afferma Costantino, “ha sostituito il disegno di legge presentato dall’opposizione, che prevedeva la definizione di un salario minimo legale uguale per tutti i settori produttivi (si parla dei famosi 9 euro orari), con una delega al Governo a individuare misure per assicurare retribuzioni giuste ed eque, stimolare il rinnovo dei Ccnl e contrastare il dumping contrattuale. Tra i principali compiti dell’Esecutivo dovrebbe esservi, in particolare, quello di definire, per ciascuna categoria di lavoratori, i contratti maggiormente applicati che costituiranno la condizione economica minima da riconoscere ai lavoratori appartenenti alla medesima categoria”.
È di ieri, infatti, ricorda il giuslavorista, “la dichiarazione del Commissario UE Schmit, secondo cui la direttiva comunitaria non impone un sistema rispetto a un altro, ma persegue l’obiettivo di avere un salario dignitoso. Lo stesso monito arriva dalla Cassazione, secondo cui l’art. 36 della Costituzione garantisce ai lavoratori non solo il minimo per vivere, ma anche la possibilità di partecipare ad attività culturali, educative e sociali”.
“Tale obiettivo – conclude Costantino – non può essere perseguito fissando un livello economico minimo uniforme su tutto il territorio nazionale, seppur differenziato per categoria merceologica, ma solo adottando un modello retributivo dinamico che tenga conto del costo della vita di ogni specifica parte del Paese, molto diverso tra Nord e Sud (i dati segnalano un divario di oltre il 25%). In caso contrario sarà inevitabile lo svilupparsi di un insostenibile contenzioso a scapito della certezza del diritto e della dignità delle relazioni industriali”.