Nel 2023 si è registrato un andamento sostanzialmente stabile degli scioperi rispetto all’anno precedente, con 1.649 astensioni proclamate rispetto alle 1.618 del 2022, delle quali ne sono state effettuate 1.129 (una in più rispetto al 2022). Su base decennale si è tuttavia registrata una netta diminuzione degli scioperi: 2.330 proclamazioni nel 2012 con 1.375 scioperi effettuati. È quanto rileva la relazione annuale della commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, relativa al 2023, illustrata dalla presidente Paola Bellocchi a Montecitorio.
“L’andamento della conflittualità – ha sottolineato la garante degli scioperi, Paola Bellocchi, illustrando la relazione annuale dell’autorità – richiede di essere osservato senza trarre conclusioni affrettate. Il dato quantitativo esposto rappresenta la mera somma aritmetica di tutte le astensioni (generali, nazionali, locali, settoriali, delle prestazioni straordinarie e accessorie), attuate da varie sigle sindacali, a volte separatamente per la stessa giornata, incluse le forme di protesta dei lavoratori autonomi. La portata dei dati viene formalmente amplificata dall’essere riferiti a proclamazioni separate, ma non coincide, per eccesso, anche notevole, con le effettive giornate interessate da azioni di sciopero”.
Confermando una tendenza emersa da molti anni, l’attività quotidiana della commissione, ha spiegato Bellocchi, “si è spostata a un momento precedente l’effettuazione dello sciopero, quello della proclamazione, con un intervento a monte, rivolto a prevenire l’attuazione di scioperi irregolari. Ciò avviene principalmente mediante indicazioni immediate inoltrate alle parti, non appena la commissione ravvisi qualche possibile profilo di illegittimità nel documento di proclamazione”.
Lo scorso anno queste indicazioni preventive sono state 254 su un totale di 1.648 proclamazioni, quindi pari al 15%, e hanno avuto un tasso di osservanza pari al 96%. “La violazione segnalata più frequentemente ha riguardato la regola della rarefazione oggettiva – ha aggiunto il garante degli scioperi – la cui gestione pratica è molto complessa anche per le stesse organizzazioni proclamanti. La funzione delle indicazioni preventive di illegittimità non è affatto quella di autorizzare o impedire uno sciopero, intervento questo che non rientra nei compiti istituzionali del garante. Si tratta di atti istruttori interni volti a richiamare l’attenzione su talune criticità rilevate nel documento di proclamazione che, a sciopero effettuato, potranno eventualmente dar luogo ad una valutazione del comportamento dei soggetti proclamanti”.
La maggior parte delle procedure gestite dalla commissione “resta orientata a generare opportunità per soluzioni condivise, piuttosto che imporre sanzioni, anche attraverso una significativa attività di confronto con le parti sociali – ha aggiunto Bellocchi – nel 2023 sono state svolte 8 audizioni formali con organizzazioni sindacali e aziende, alle quali possono aggiungersi altri incontri di tipo informale che avvengono su richiesta dei soggetti interessati, a conferma di un ruolo della commissione anche come luogo di mediazione e di confronto”.
L’attività di intervento della commissione, precisa Bellocchi, riguarda anche “tutti i conflitti minori, in aziende erogatrici di servizi pubblici meno note, nell’intero territorio nazionale. Interi settori dei servizi pubblici essenziali sono interessati da conflitti puramente locali, ma di notevole impatto quantitativo. Su 1.129 scioperi effettuati nel periodo in esame, 920 hanno una dimensione locale, ben oltre l’80%”. Si tratta di rivendicazioni originate dalla gestione quotidiana dei rapporti di lavoro (cronica carenza di personale, distribuzione dei carichi di lavoro, turni, lavoro straordinario, riconoscimento di indennità), che moltiplicano le occasioni di conflitto.
Bellocchi ha aggiunto che “al controllo di questa microconflittualità dovrebbero porre rimedio gli interventi precedenti la proclamazione dello sciopero volti a favorire una qualche forma di deflazione del contenzioso: ciò attraverso il preventivo esperimento delle procedure di raffreddamento e di conciliazione, obbligatorie per legge, sul rigoroso rispetto delle quali la commissione è costantemente impegnata. I risultati non sono pienamente soddisfacenti e a questo aspetto deve essere dedicata una riflessione particolare. La gestione della legge 146 potrebbe trovare nuovi spazi di sviluppo valorizzando adeguatamente, più di quanto sia stato fatto finora, gli strumenti interni di composizione delle controversie previsti nel sistema di relazioni sindacali”.
Sul delicato capitolo degli incidenti mortali sul lavoro, nel rapporto si rileva che sono oltre 1.000 le vittime registrate nel 2023, quasi tre morti al giorno, e il trend non si è arrestato nei primi mesi del 2024. Cifre allarmanti che mettono in luce le sfide e i pericoli quotidiani affrontati dai lavoratori, con punte drammatiche in edilizia e in agricoltura. “Come dopo ogni grave incidente sul lavoro, nonostante gli appelli per norme più severe e maggiori controlli per evitare nuove stragi, non sembra che i cambiamenti sperati ci siano stati”, sottolinea Bellocchi.
“La statistica delle denunce di infortunio mortale all’Inail non è così diversa da quella di dieci anni fa (erano state 1.175 nel 2013, sono 1.041 quelle registrate nel 2023) – ha precisato -. La commissione, di fronte a questa situazione, che causa la perdita di vite umane e che sta assumendo dimensioni intollerabili, intende esprimere la propria solidarietà ai lavoratori e alle famiglie colpite e lanciare un forte appello alle istituzioni affinché il rispetto della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro non rimanga una promessa a vuoto. La sicurezza non è un costo, né riduttivamente un investimento, bensì un diritto fondamentale e universale dei lavoratori, come tale riconosciuto anche dall’Oil (Organizzazione internazionale del lavoro)”.
“Si tratta di una emergenza nazionale. Agli scioperi proclamati per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori, la legge ha dato, giustamente, una corsia preferenziale (art. 2, comma 7), delineando un diverso bilanciamento normativo degli interessi in gioco. Per questi scioperi, detti appunto di protesta, non si prevede l’obbligo di preavviso e di indicazione della durata, ma solo la garanzia dei servizi minimi sui quali gli utenti possono in ogni caso contare”.
Sul capitolo appalti, “gli equilibri del sistema di relazioni sindacali sono messi a dura prova da una nuova organizzazione dei servizi pubblici essenziali, che conduce alla gestione esternalizzata” di molti di essi. “Come per tutte le attività labour intensive, al cui interno il costo del lavoro è il capitolo più importante di spesa, ciò avviene attraverso appalti e subappalti al ribasso che, in taluni dei settori di nostra competenza, si manifesta con differenze retributive anche notevoli dovute ai diversi contratti collettivi applicati, peggiorativi rispetto a quello specifico del settore”.
“Non solo i servizi esternalizzati incarnano quella rappresentazione delle forme di lavoro povero, ma modificano in profondità la fisionomia e le ragioni del conflitto – ha aggiunto il garante degli scioperi -. La diffusione degli affidamenti in appalto e subappalto indebolisce la capacità di rappresentanza dei sindacati firmatari dei contratti, anche se molto rappresentativi, attraverso l’applicazione parallela e prevalente di contratti alternativi a quello di settore, che viene sottoposto a spinte particolaristiche e centrifughe, con ripercussioni significative sulla geografia, e sulla governabilità, dei conflitti, come è evidente osservandone il trend nel settore igiene ambientale”.