La Cgil è preoccupata della deriva movimentista che sembra aver preso la Fiom. Lo ha detto Susanna Camusso nei giorni scorsi, lo ha ripetuto a Il diario del lavoro Vincenzo Scudiere, il segretario confederale con la delega alla contrattazione. A suo avviso l’unico via da percorrere è quella della contrattazione, tanto più dopo l’accordo interconfederale che potrebbe aiutare la Fiom. Pericoli di rotture, afferma, non ci sono, ma esistono dei limiti che non vanno superati.
Scudiere, è la prima volta che la Cgil vive una storia come quella di oggi con la Fiom?
Non abbiamo alle spalle esperienze in cui un sindacato si è trasformato in movimento. C’è stata una stagione in cui si parlava di sindacato movimento, ma c’erano le grandi lotte degli anni 70 alle spalle, ed era possibile perché c’era l’unità sindacale.
Ma la Cgil ha avuto rapporti forti con i movimenti?
Il rapporto con i movimenti è stato importante, ma la Cgil ha sempre mantenuto una distanza. Del resto, se non fosse stato così non avremmo dietro di noi una storia con più di cent’anni. E oggi siamo preoccupati che molti osservatori vedano in una nostra categoria una trasformazione palese in movimento, pensiamo che un sindacato deve mantenere le sue caratteristiche, definite nell’ambito delle sue prerogative e degli interessi che si vogliono rappresentare.
La Fiom ha un indubbio successo, mediatico e nella società.
Ha certamente un suo appeal. In un paese in cui la rappresentanza viene spesso messa in discussione è inevitabile che si possa trovare un consenso oltre le aspettative quando le contraddizioni tra capitale e lavoro, per usare vecchi termini, è così esasperato come nella vertenza con la Fiat. Quella vicenda ha spinto tutti a schierarsi e così possono esser nate tentazioni movimentiste fino all’illusione che quella via possa sostituire, in una fase difficile come quella che attraversiamo, la mediazione, gli accordi, e portare un’organizzazione a galleggiare. Se così fosse saremmo in presenza di una deriva movimentista che non auguro a nessuno, meno che mai a una nostra categoria.
Del resto la Fiom svolge sempre meno azione sindacale.
La Fiom è stata più esposta di altre categorie negli ultimi anni, con i rinnovi contrattuali e poi con la vertenza Fiat. Sarebbe utile in queste situazioni fermarsi a valutare quale potrebbe essere la via di uscita sindacale. Con la ex Bertone è stato fatto un grande atto di responsabilità, come con l’accordo interconfederale di fine giugno. Accordo questo che potrebbe aprire spazi anche alla Fiom per sfidare i propri interlocutori naturali e superare le divisioni e le contrapposizioni. Sarebbe questa la via alternativa al movimentismo.
Accordo interconfederale che peraltro la Fiom respinge.
E’ questa la cosa che ci preoccupa di più, che non si capisca che quell’accordo interviene sulle contraddizioni di cui la Fiom può essere vittima, che non si colga la possibilità insite in quell’accordo, che se ha un’alterità la ha proprio con l’idea del sindacato movimentista o addirittura antagonista.
E’ possibile che si arrivi a una rottura tra Cgil e Fiom?
Noi non puntiamo mai alla rottura, abbiamo una grande tradizione di dialettica. E la dialettica tra Fiom e Cgil può essere la prova del pluralismo dell’organizzazione. Non si capisce perché spesso si parli di antidemocraticità, quando c’è la prova vivente della vita democratica della Cgil.
Ma se la Fiom tira troppo la corda?
La corda non si tira mai troppo, ciascuno è consapevole e responsabile delle proprie azioni. La dialettica politica ha steccati e limiti che a nessuno è dato superare.
Massimo Mascini