Negli ultimi anni il ruolo degli enti bilaterali è cresciuto d’importanza, collocandosi al centro delle relazioni industriali del Paese. E’ quanto emerso dal convegno ‘Conflitto e partecipazione: il ruolo degli enti bilaterali’, promosso dall’Università degli Studi di Roma Tre – Facoltà di Giurisprudenza, in collaborazione con Adapt (Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali). Considerati di derivazione contrattuale, in quanto istituiti ed inseriti, con accordo tra le parti sociali, nei ccnl, gli enti bilaterali svolgono sul territorio una serie di funzioni: dall’integrazione del reddito alla formazione ed aggiornamento professionale; dall’integrazione alle prestazioni economiche spettanti in caso di malattia, infortunio e maternità all’assistenza e sostegno per soddisfare particolari bisogni dei lavoratori e delle loro famiglie (quali concessioni di borse di studio ed integrazioni per prestazioni sanitarie) fino ad arrivare all’assistenza per le vertenze in materia di lavoro. Nel 2003 la riforma del mercato del lavoro ha attribuito agli enti bilaterali nuove e più ampie funzioni e recentemente la legge n.2 del 2009 ha esteso queste funzioni anche alla nuova disciplina degli ammortizzatori sociali.
Il presidente del Cnel, Antonio Marzano, ha sottolineato la positività dell’esperienza del bilateralismo, “che è stata di sostegno al welfare pubblico, da tempo in crisi”.
“Prima – ha ricordato Gianni Baratta, segretario confederale della Cisl – il modello contrattuale tendeva verso l’antagonismo di due soggetti. Si è poi passati al cosiddetto confronto negoziale, fino ad approdare alla bilateralità, a una sorta di modello di cogestione in cui si offre un ausilio forte al sistema economico”. Ribadisce l’autonomia degli enti liberali, “uno strumento positivo per rispondere alla polverizzazione e alla marginalità di alcuni settori”, che ha una “forza straordinaria nel territorio, dove si ricostruisce la solidarietà della categoria”.
Li definisce “un tema caldo” Luigi Taranto, direttore generale di Confcommercio, e tra le politiche da praticare per preparare la ripresa economica. “Il modello contrattuale del ’93 – spiega – un contributo storico lo ha dato, anche se poi si è rivelato inefficace. E’ tempo di un modello cooperativo, non conflittuale”. Per questo, dice, “dobbiamo apprezzare di più la responsabilità e costruire un sistema di relazioni sindacali che premi il merito, e questo lo si può fare con gli enti bilaterali”. Nei contratti di lavoro del terziario c’è stata una verifica della bilateralità, spiega, che dovrà svilupparsi attraverso una specializzazione della missione diversa degli enti che eviti sovrapposizioni e un’analisi più dettagliata del territorio.
Per l’amministratore delegato di Italia Lavoro S.p.A., Natale Forlani, “la rivalutazione del ruolo della bilateralità viene dalla destrutturazione operativa e organizzativa data dalla situazione economica del paese”. “La bilateralità – sottolinea – deve diventare l’elemento fondante dell’azione contrattuale”. “L’accordo del ’93 ha mantenuto l’ibrido tra conflittualità e partecipazione tra capitale e lavoro, mentre con l’accordo senza la Cgil si è determinato un elemento di rottura. La crisi ha richiesto un intervento sul mercato del lavoro italiano e si è manifestata l’esigenza di produrre beni collettivi attraverso gli enti bilaterali”. A suo avviso, è necessario capire se la bilateralità può essere un pilastro della produzione di beni pubblici e collettivi. Si augura, infine , che la bilateralità diventi un elemento fondamentale dell’azione contrattuale e sia parte di un disegno complessivo di riforma, e che si riduca lo stacco tra legislazione e realtà.
Per Michele Tiraboschi, ordinario di Diritto del lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia e presidente di Adapt, “il miglior strumento per regolamentare i rapporti di lavoro non sono le leggi, ma gli enti bilaterali”. “Si tratta – ha precisato – di uno strumento volontario, che è espressione di un diritto molto in sintonia con i nuovi mercati”. “Gli enti bilaterali portano una prospettiva di dinamismo e di gestione continua delle idee e, visto che si fanno carico di applicare le regole, rappresentano un elemento di novità”. Quindi, ha ribadito, “meno Stato e più autonomia nella gestione delle regole del mercato del lavoro”.
20 maggio 2009
Francesca Romana Nesci
























