Saranno, secondo le prime stime degli organizzatori, almeno 10mila i medici in camice bianco che sabato prossimo a Roma partiranno da piazza della Repubblica per sfilare fino al Colosseo in una manifestazione unitaria contro i tagli alla sanità e lo smantellamento del Ssn. Lo slogan della manifestazione, che verrà presentata giovedì prossimo nella Capitale, è “Diritto alla cura, diritto a curare, per un servizio sanitario pubblico e nazionale, per dare valore al nostro lavoro, contro tagli e ticket”. Un modo con il quale le organizzazioni sindacali dei medici dipendenti e convenzionati, veterinari, dirigenti sanitari, tecnici, professionali ed amministrativi del Ssn e della ospedalità privata, precari e medici in formazione, vogliono testimoniare “il disagio sempre più profondo, radicato e diffuso tra i colleghi”.
In una nota congiunta i sindacati del comparto ribadiscono che in Italia la sanità “è diventata il settore più bersagliato da tagli indiscriminati, sia perché parte del pubblico impiego sia perché considerato contenitore di molta spesa eccessiva ed ingiustificata, come testimoniano le leggi finanziarie degli ultimi anni, fino al decreto sulla revisione della spesa. Senza contare che l’azzeramento dei finanziamenti per le fasce sociali deboli carica sul sistema sanitario anche problematiche di interesse prevalentemente sociale”. Impoverendo la sanità pubblica, screditandola, svuotandola di competenze professionali ed innovazioni tecnologiche – spiegano – si incentiva un processo di privatizzazione del sistema sanitario, a tutto vantaggio del privato che opera al di fuori del Ssn, e in assenza di una esplicita volontà politica in tal senso. Aumenta il ticket a carico dei cittadini e sale il carico fiscale mentre calano quantità e qualità dei servizi sanitari erogati”. Quello che si intravede in prospettiva è “un sistema pubblico povero per i poveri”.
Sotto accusa quella che i sindacati chiamano “l`evoluzione regressiva del Ssn” che comporta il falcidiamento delle prospettive di carriera e di sviluppo professionale “con incarichi decisi ancora una volta più dalla cattiva politica che dai meriti professionali” e un blocco contrattuale che porta a una riduazione del 20% il potere di acquisto di tutte le retribuzioni ferme fino al 2015, “compromettendo per la medicina e la pediatria di famiglia anche il mantenimento ed il miglioramento degli standard professionali e producendo, in tutti i casi, il danno maggiore ai giovani”. Inoltre, nel comparto si registra una tendenza all’aumento del precariato visto che “decine di migliaia” di medici e dirigenti sanitari operano nel sistema pubblico “con contratti atipici, spesso di breve durata, ma di lungo corso, creando estese sacche di precariato presenti sia nell`area della dirigenza che della convenzionata. Professionisti che, dopo 12 anni di formazione universitaria o extrauniversitaria, troppo spesso non all’altezza del suo ruolo, particolarmente nel periodo della formazione specialistica e della formazione specifica in medicina generale, si ritrovano a non poter progettare un futuro, perché la carenza di medici e dirigenti, determinata da ragioni anagrafiche, non verrà colmata”.
“Si acuisce – aggiungono i sindacati – anche la crisi del carattere unitario del servizio sanitario, la cui disarticolazione comporta una perdita complessiva di coesione sociale. La qualità e sicurezza delle cure, come le cronache dimostrano, è divenuta funzione del codice postale ed il rischio clinico una variabile della latitudine. Il federalismo sanitario ha finora prodotto aumento delle ineguaglianze tra Nord e Sud, ingiustificati eccessi, scarsa garanzia dei Lea e mantenuto all`interno di molte Regioni santuari intoccabili”. “Solo l`apertura di una nuova stagione di lotta da parte di tutte le forze che hanno a cuore il patrimonio e la sorte del Ssn – concludono i sindacati – potrà salvarlo da un evidente e progressivo abbandono”. (LF)
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