Per il sindacato di Corso d’Italia, nessun intervento legislativo “che operi nuovamente sul decreto dignità e in particolare sui contratti a termine può essere realizzato senza confronto con le parti sociali”. Così in una nota la Cgil , in merito alle ipotesi avanzate dalla Lega su un disegno di legge di modifica al decreto dignità.
“Si affrontino e risolvano prima le tante vertenze aperte – ha sottolineato il sindacato – e si effettui la necessaria manutenzione del decreto rafforzando i percorsi di stabilizzazione dei lavoratori con la contrattazione nazionale”.
Per la Confederazione “dopo alcuni mesi dalla sua attuazione, le criticità che avevamo espresso inizialmente si stanno purtroppo materializzando come sulla mancata scelta di apporre la causale fin dall`inizio del contratto, altrettanto sull`assenza di una causale per picchi programmabili, così come sull`impossibilità di affidare alla contrattazione nazionale una declinazione delle causali concordata”.
“Se da un lato riscontriamo la stabilizzazione di buona parte delle figure più professionalizzate, dall`altro – sottolinea la Cgil – assistiamo, soprattutto tra le mansioni più fungibili, ad un aumento del turn-over piuttosto che alla stabilizzazione delle professionalità con contratto a termine o in somministrazione.
Siamo di fronte quindi ad un utilizzo spregiudicato delle imprese delle varie forme di assunzioni precarie”.
Le numerose vertenze, di questi mesi, hanno evidenziato per il sindacato di corso d`Italia “la necessità della continuità occupazionale per molti lavoratori che deve essere affrontata solo attraverso la maggiore stabilizzazione all`interno dei cicli produttivi”.
“La precarietà va superata sia per garantire la qualità della vita dei lavoratori che la qualità produttiva delle nostre aziende, e quindi – conclude la Cgil – per lo sviluppo più generale del Paese”.
Dello stesso avviso anche la Cisl che sottolinea, attraverso il segretario aggiunto Luigi Sbarra, come “l`obbligo di causali stabilite per legge ha scoraggiato le assunzioni a termine ed in somministrazione, per timore di eventuale contenzioso, senza compensare le mancate assunzioni con altrettante stabilizzazioni, che si sono verificate in numero insufficiente, mentre a crescere è stato soprattutto il turnover”.
“Peraltro in questi mesi in cui la nostra economia si trova ai margini della recessione – aggiunge – il decreto ha purtroppo svolto una azione pro-ciclica, assecondando la naturale propensione delle aziende a non assumere durante un ciclo economico negativo. Dare un ruolo alla contrattazione collettiva nella definizione delle causali, come richiesto dalla Cisl dal primo momento, consentirebbe quella flessibilità socialmente controllata utile a conciliare le esigenze aziendali con la tutela dei lavoratori, ricordando sempre che qui non stiamo parlando di rapporti di lavoro precario ma di contratti a tempo determinato e in somministrazione, cui si applicano per intero le stesse tutele di legge e di contratto collettivo previste per i contratti a tempo indeterminato. Invece ci si dovrebbe concentrare sul contrasto alle forme di lavoro realmente precarie. Sarebbe quindi positivo un ripensamento su questo punto, ma continuiamo a chiedere che ciò avvenga con un tavolo di confronto con le parti sociali per condividere formulazioni legislative che possano assicurare le soluzioni più equilibrate, anche perché chiediamo di rivedere il decreto su altri due punti: escludere le attività stagionali dal computo del limite complessivo del 30% e dal contributo aggiuntivo dello 0,5%, vincoli paradossali se si tiene conto del fatto che per gli stagionali vige un diritto di precedenza nelle assunzioni”.
E.G.