Paolo Pirani – Segretario Confederale Uil
Se l’autunno ormai alle porte sarà un autunno caldo non è affatto possibile escluderlo. E tuttavia, allo stato attuale delle nostre conoscenze non esistono ancora tutti gli elementi necessari a considerare come ineluttabile questa eventualità. Certo, il confronto tra le parti sociali e il Governo si andrà a collocare in uno scenario macroeconomico davvero poco incoraggiante. Occorrerà infatti fare i conti con una condizione recessiva dell’economia italiana che rischia di non farci cogliere quei barlumi di ripresa che iniziano a delinearsi nel sistema statunitense e di cui, per estensione, potrebbe giovarsi anche l’Unione europea. Il rischio di non partecipare ad una possibile fase espansiva è tanto più evidente se si pensa alle distanze che ancora ci separano dai parametri europei relativi all’inflazione, al tasso di crescita e alla quantità e qualità delle infrastrutture. Si avvicinano inoltre importanti scadenze elettorali ed è prevedibile dunque un acuirsi delle fibrillazioni e delle tensioni politiche che, di sicuro, non giovano ad allentare la pressione e ad affrontare con efficacia l’attuale crisi economica.
In questo preoccupante scenario si andranno a collocare alcune importanti vicende che riguardano lo specifico sindacale e, innanzitutto, il confronto sulla legge finanziaria. Da questo punto di vista la posizione del sindacato ha il pregio di essere chiara e definita già da tempo. Per quel che ci riguarda, le priorità sono costituite dalle questioni dello sviluppo, del Mezzogiorno, della ricerca, dell’innovazione, delle infrastrutture e dell’energia. Su questi temi, peraltro, le parti sociali hanno tra loro, autonomamente, firmato un patto che prospetta analisi e indica soluzioni molto precise. C’è dunque una condizione decisamente nuova nel panorama delle relazioni sindacali poiché, per la prima volta, Confindutria, Cgil, Cisl e Uil hanno definito una posizione comune con obiettivi identici e di cui il Governo è chiamato a tenere conto. Il compito dell’Esecutivo nella predisposizione della legge finanziaria dovrebbe dunque essere agevolato dalla conoscenza a priori delle scelte che le parti sociali, di comune accordo, ritengono utili per lo sviluppo del Paese. Se la “politica” sarà in grado di apprezzare le buone ragioni dell'”economia” e del “sociale” esplicitate nella logica della crescita complessiva del Paese, è ragionevole ritenere che le tensioni siano destinate a stemperarsi. Viceversa se si pensa di affrontare la questione dello sviluppo dando vita ad una politica di riduzione dei costi o di manomissione dello Stato sociale, le conseguenze di tali inefficaci e poco lungimiranti scelte non potranno che materializzarsi in conflitti autunnali.
Peraltro, l’errore di una legge finanziaria che non puntasse allo sviluppo si cumulerebbe con la reviviscenza di spinte inflazionistiche che, in questi mesi, sta mettendo a dura prova, la tenuta del salario reale dei lavoratori. Questa crescita anomala dei prezzi non è giustificata né da incrementi dei prezzi alla produzione né da fenomeni di inflazione importata ma è il solo effetto di una scelta di molte aziende commerciali e della distribuzione. E’ davvero singolare che mentre, da un lato, si invochi una crescita dei consumi, dall’altra, si aumentino i prezzi. Occorrono dunque interventi del Governo fermi e determinati per bloccare un fenomeno inflativo le cui ragioni non trovano fondamento nel quadro macroeconomico. Va da sé che, in questo contesto, il sindacato si trovi ad affrontare la partita dei rinnovi contrattuali non potendo avere a riferimento un tasso di inflazione programmato del tutto irrealistico e che tale era ancor prima della recente fiammata inflazionistica. Il nostro punto di riferimento invece deve essere, anche in questa circostanza, il tasso definito a livello europeo, che tiene conto di parametri e valutazioni oggettive, non condizionate da fattori di opportunità politica.
Respiro europeo, dunque, poiché dell’Europa siamo e in essa occorre gettare le basi per una politica sindacale europea che metta al centro la questione sociale. E questo deve essere un impegno non solo delle forze sindacali ma, in una fase di predisposizione e di varo della Costituzione europea, soprattutto delle forze politiche e dei Governi nazionali.
Peraltro, la riflessione sull’inflazione e sui contratti richiama alla nostra attenzione uno dei capitoli più importanti delle vicende sindacali, quello relativo al sistema contrattuale. Il dibattito è già stato avviato in sede sindacale l’indomani della conclusione dei principali contratti dell’industria ma la sua stringente attualità oggi è, oggettivamente, venuta meno se si tien conto del fatto che uno dei due interlocutore di questa discussione si accinge nei prossimi mesi a modificare i propri assetti di vertice. Resta sospesa, dunque, la questione di una rivisitazione di quel sistema nella direzione di un consolidamento dei due livelli e di un rafforzamento ed estensione della contrattazione integrativa. Questo tema esce dall’agenda degli appuntamenti autunnali e viene procrastinato a futuri confronti.
Occorre concentrarsi, insomma, su una Finanziaria di sviluppo, sul mantenimento dello Stato sociale, su una riduzione dei prezzi. L’autunno sindacale vivrà di questi argomenti e di questi problemi. La strada per risolverli senza acuire i conflitti sociali si diparte davanti a noi. Noi la percorreremo con senso di responsabilità e, se le nebbie della politica non la offuscano, taglieremo traguardi importanti per la crescita del Paese.