Nei prossimi vent’anni il Mezzogiorno perderà quasi un giovane su quattro, nel centro-nord oltre un giovane su cinque sarà straniero. Gli under 30 al Sud saranno oltre due milioni in meno nel 2050, meno di cinque milioni. Gli over 75 passeranno dall’attuale 8,3% al 18,4. È il rischio “tsunami demografico”, registrato da Svimez nel rapporto sull’economia del Mezzogiorno.
Le cause dell’invecchiamento sono la bassa natalità, la bassissima attrazione di stranieri e l’emigrazione (che riguarda 104 mila persone nel 2010).
Il rapporto poi mette in evidenza la discrepanza tra Nord e Sud Italia che continuano a percorrere “strade diverse”. Il Sud è in stagnazione, con un tasso di crescita del Pil dello 0,1% nel 2011. Il Centro-Nord cresce invece dello 0,8% e, a livello nazionale, ci si attesta su un +0,6%. Per il Sud, il 2011 è il secondo anno di stagnazione, dopo il forte calo nel biennio 2008-2009. Tutte le regioni meridionali presentano valori inferiori al dato nazionale e oscillano tra un minimo del -0,1% della Calabria e un massimo del +0,5% di Basilicata e Abruzzo. Molise e Campania segnano +0,1%, la Puglia +0,3%, Sicilia e Sardegna sono ferme.
“Questo processo di declino registrato da Svimez potrà essere interrotto solo con una adeguata domanda privata e pubblica capace di favorire una ripresa della produzione e un aumento di posti di lavoro stabili. Il rischio altrimenti è che la perdita di tessuto produttivo diventi permanente”.
Secondo lo Svimez per rilanciare il Mezzogiorno sono necessari 60,7 miliardi di investimenti tra grandi infrastrutture di trasporto e logistica.
Oltre ai 18 miliardi già disponibili sarebbero necessari altri 42,3 miliardi, da dedicare al potenziamento dell’Autostrada Salerno-Reggio Calabria e della Statale Jonica, alla realizzazione di nuove tratte interne alla Sicilia, all’estensione dell’Alta Capacità (se non dell’Alta Velocità) nel tratto ferroviario Salerno-Reggio Calabria-Palermo-Catania e il nuovo asse ferroviario Napoli-Bari, e il Ponte sullo Stretto.
Inoltre Svimez invita a puntare sulla produzione di energia da fonti rinnovabili (già oggi il 98% dell’energia eolica viene prodotta nel Mezzogiorno).
Infine un giudizio negativo sulle ultime manovre approvate nel 2010-2011 che Svimez definisce “squilibranti”. Gli interventi pesano sul prodotto interno del Meridione per 1,1 punti nel 2011, 3,2 punti nel 2012 e 2,1 nel 2013. Più in dettaglio, sul fronte delle nuove entrate, il 76% si realizza al Centro-Nord e il 24% al Sud, ricalcando così il peso delle diverse aree in termini di produzione. Sul fronte delle minori spese, invece, il contributo delle regioni meridionali arriva al 35% del totale nazionale, una quota superiore di 12 punti percentuali al suo peso economico.
“L’impatto della drastica strategia di rientro dal debito si prospetta nei prossimi anni con un duplice differenziato carattere squilibrante – scrive Svimez – Si va ad incidere in modo drastico sulle risorse necessarie all’erogazione di servizi essenziali come la sanità, l’assistenza sociale, il trasporto pubblico locale e si rischia di deprimere la spesa in conto capitale”.