Il Rapporto 2016 sull’economia del sud Italia, stilato dall’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (Svimez ), sottolinea l’urgenza di una nuova politica industriale per il rilancio del meridione. A questo fine, l’associazione propone un piano di rilancio basato su cinque punti.
In primis, va superato l’attuale basso accesso delle imprese meridionali alla quasi totalità di strumenti nazionali di politica industriale; le risorse vanno orientate verso interventi per la crescita dimensionale, l’internazionalizzazione, l’accesso al credito, oltre che a favore della ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico; è necessario implementare l’ Industria 4.0 declinando territorialmente a favore del Sud gli interventi di incentivazione e finanziare a tasso zero le imprese meridionali per la nuova Sabatini e implementare anche al Sud i competence center; in ultimo. rilanciare l’attrattività degli investimenti al Sud attraverso le ZES (Zone Economiche Speciali).
Nel 2015 crescita del reddito pro capite al Sud dell’1,1% contro lo 0,6% del resto del Paese.
“Il divario di sviluppo tra Nord e Sud – si legge nel rapporto – in termini di prodotto per abitante ha ripreso a ridursi: nel 2015 il differenziale negativo è tornato al 43,5% rispetto al 43,9% del 2014. A livello regionale nel 2015 segno positivo per tutte le regioni italiane, con un prodotto pro-capite italiano del +0,9%, che si declina in +0,8% nel Centro Nord e nel +1,2% nel Mezzogiorno.”
Agricoltura e servizi del valore sono i settori che nel 2015, secondo il Rapporto, hanno generato un tasso di crescita aggiunto maggiore che al Nord.
Il valore aggiunto in agricoltura ha fatto un balzo in avanti del +7,3%, contro un modesto 1,6% del Centro-Nord. Anche nei servizi il Mezzogiorno ha sopravanzato l’altra parte del Paese: +0,8% contro +0,3%. Nell’industria, invece, è il Centro-Nord che continua a tirare (+1,1% contro -0,3% del Sud): ma la novità è che la dinamica negativa del Sud è da attribuirsi al settore energetico, perché, se, invece, si considera il solo manifatturiero, il prodotto è cresciuto dappertutto, anzi è aumentato più al Sud +1,9% rispetto al Centro-Nord (+1,4%)” spiega il rapporto.
Mezzogiorno meglio negli investimenti nelle costruzioni, +1,1%, rispetto al Centro-Nord, dove sono calati del -1,3%.
Tuttavia, povertà e disuguaglianze sociali continuano a caratterizzare il quest’area del paese, con 10 meridionali su 100 che nel 2015 risultano in condizioni di povertà assoluta. Il rischio di cadere in povertà è triplo al Sud rispetto al resto del Paese.
Nelle regioni meridionali nel 2015 gli occupati sono aumentati dell’1,6%, pari a 94 mila unità, mentre in quelle del Centro-Nord sono cresciuti dello 0,6%, 91 mila unità.
Cresce l’occupazione giovanile meridionale: nel 2016 si è registrato un +3,9%, rispetto a una media nazionale del +2,8% e un aumento al Centro-Nord pari a +2,4%.
Tuttavia i risultati positivi del mercato del lavoro meridionale “non debbono però far perdere di vista le criticità, in quanto i livelli occupazionali al Sud sono ancora troppo distanti da quelli precedenti alla crisi.
“L’aumento dei posti di lavoro al Sud riguarda in particolare l’agricoltura (+5,5%) e il terziario (+1,8%), grazie soprattutto al turismo. Nell’industria in senso stretto vi è nel 2015 ancora un calo degli occupati al Sud, -1,6%, che, però, nei primi mesi del 2016 inverte il segno: +3,9%. Mentre prosegue la caduta degli occupati nelle costruzioni all’inizio dell’anno in corso, -4%.”
Perdono peso le occupazioni più qualificate, cresce piuttosto il lavoro part-time in professioni meno qualificate.
Nel 2015 l’incremento del tempo pieno è più forte al Sud (+1,3%, a fronte del +0,4% del resto del Paese) “favorito dalla riforma del job acts e dalla decontribuzione piena sulle nuove assunzioni.”
Torna a crescere la spesa per gli investimenti, con un miglioramento del clima di fiducia degli imprenditori e le meno stringenti condizioni poste dalle banche per l’accesso al credito, uniti alle aspettative positive della domanda interna.
I consumi delle famiglie meridionali sono aumentati nel 2015 dello 0,3%, mentre l’incremento nelle regioni del Centro-Nord è stato dello 0,8%.
La differenza tra le due aree è dovuta solo ai consumi privati, perché quelli pubblici sono diminuiti dappertutto del -0,6%. I consumi delle famiglie sono cresciuti l’anno scorso al Sud dello 0,7%, meno che nel resto del Paese)”, è scritto nel rapporto.
Secondo le stime del rapporto Svimez aggiornate a novembre, nel 2016 il Pil italiano dovrebbe crescere dello 0,8%, quale risultato del +0,9% del Centro-Nord e del +0,5% del Sud.
La crescita si rafforzerebbe nel 2017: il Pil italiano dovrebbe aumentare del +1% , sintesi di un +1,1% del Centro-Nord e di un +0,9% del Sud.
Di fronte alla enorme sotto utilizzazione del capitale umano di giovani e donne e alla strutturale carenza di occasioni di lavoro specialmente qualificato, “è importante che l’occupazione al Sud sia al centro della ripartenza, ma il divario strutturale è ancora troppo ampio: nel 2015 gli occupati al Sud erano sotto la soglia di 6 milioni.”
Il maggior contributo alla ripresa occupazionale meridionale è venuto dai contratti a termine e part time. In crescita l’occupazione atipica e, in questo quadro, rientra anche l’esplosione dei voucher ai quali occorre mettere un freno.
Per i giovani tra i 15 e i 34 anni, sottolinea Svimez, “il Sud si colloca in fondo a ogni classifica europea, facendo registrare una condizione giovanile nel mercato del lavoro, e nella formazione, peggiore della Spagna e perfino della Grecia.
Il mercato del lavoro femminile è a bassa occupazione e qualificazione. Per di più, i servizi per l’infanzia offerti dalle PA sono carenti. Nel Sud appena un terzo dei Comuni offre asili nido, che coprono il 5% dei bimbi di età inferiore a 3 anni.


























