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Home - La biblioteca del diario - The End 1992-1994. La fine della prima Repubblica negli Archivi segreti americani, di Andrea Spiri

The End 1992-1994. La fine della prima Repubblica negli Archivi segreti americani, di Andrea Spiri

di Nunzia Penelope
22 Novembre 2024
in La biblioteca del diario
The End 1992-1994. La fine della prima Repubblica negli Archivi segreti americani, di Andrea Spiri

Il libro non è nuovissimo, ma gli argomenti che tratta hanno tali e tanti spunti di attualità che vale la pena, per chi lo avesse perso, di recuperarlo. “The End 1992-1994- la fine della Repubblica negli archivi segreti americani” di Andrea Spiri per Baldini+ Castoldi, raccoglie una serie di documenti inediti fino a poco tempo fa totalmente inaccessibili, solo recentemente de-segretati dal Dipartimento di Stato Usa grazie al Freedom Information Act, la normativa che regola la declassazione e l’accesso alle carte ufficiali conservate negli archivi federali degli Stati Uniti. I documenti contenuti nel libro (pubblicati anche in versione originale, con tanto di copie fotostatiche) riguardano il nostro paese e quello che avvenne nei 24 mesi che determinarono la caduta della prima repubblica e l’avvento della cosiddetta seconda, mentre alla Casa Bianca c’era appena stato l’avvicendamento tra George Bush padre e Bill Clinton. Avvertenza: non è una spy story e, malgrado la credenza popolare, non emergono particolari ingerenze della Cia nella politica italiana. Ci sono invece le testimonianze di diplomatici e funzionari statunitensi che nelle loro relazioni inviate a Washington descrivono perfettamente quanto stava avvenendo in Italia. E molto spesso prevedendo con esattezza quello che sarebbe successo dopo.

Sono gli anni di Tangentopoli, del progressivo e inesorabile crollo dei partiti tradizionali, degli assassini di Falcone e Borsellino, ma anche della svalutazione della lira e del prelievo forzoso sui depositi bancari. E gli osservatori americani vigilano attentamente sulle disgrazie italiane, con la preoccupazione per l’evidente instabilità di un paese che è un alleato storico degli Stati Uniti. Inizia così nel 1992 un flusso massiccio di informazioni che i diplomatici americani in Italia spediscono al Dipartimento di Stato.

Com’è comprensibile, gli americani cercano di capire quale può essere la via d’uscita dalla crisi devastante che sta colpendo l’Italia. C’è particolare curiosità rispetto ai nuovi arrivati sulla scena politica, ci si arrovella su quali equilibri potranno scaturire dal crollo dei vecchi partiti e dall’avvento dei nuovi, come la Lega, che nei report Usa viene definita ‘un movimento subculturale’’. Soprattutto si presta attenzione alla politica estera del Carroccio: la CIA, per esempio, in un report del maggio 1992, segnala a Washington il voto espresso in parlamento l’anno prima dalla Lega, contraria all’invio di una missione militare italiana nel Golfo Persico per garantire il rispetto dell’embargo contro l’Iraq. Bossi in persona si incaricherà poi di spiegare agli interlocutori di oltreoceano che il suo proposito era quello di “assecondare la sinistra e i pacifisti” per “attirarne il consenso e consolidarsi politicamente”.

Ma non convince gli americani, che in una nota riveleranno dubbi sulla possibilità che il Senatur fosse in grado di accantonare il populismo per assumere un profilo più istituzionale: ‘’ammesso che voglia provarci- si legge nel report – fatichiamo a immaginarlo come leader che guida la transizione leghista al governo’’. Per riuscirci, si legge nel report, Bossi “dovrebbe dimostrare di saper operare dentro il sistema: diversamente perderà consenso”. Ma il leader lumbard a quanto pare capì la lezione: entrata in forze in parlamento nel 1992, la Lega due anni dopo sarà al governo con Berlusconi, e ci resterà per un paio di decenni. Mentre il percorso inverso pare oggi compiere l’attuale leader leghista Matteo Salvini: azionista forte del governo giallo verde nel 2018, trionfatore nelle europee del 2019, proprio per aver eccessivamente premuto il pedale del populismo ha dissipato il patrimonio di consenso che lo aveva portato oltre il 30% dei voti, scendendo all’attuale 8%. E sarebbe curioso conoscere cosa, di Salvini, scrivono in questi tempi i report statunitensi, considerando, da un lato, la sua dedizione a Putin ma, anche, dall’altro, quella altrettanto entusiastica a Trump. Lo sapremo tuttavia solo tra qualche decennio, quando una nuova infornata di documenti verrà desegretata. Ma chissà se ci interesserà ancora saperlo.

Lo spunto di attualità più interessante che emerge dalle pagine del libro di Spiri è però contenuto nella relazione, declassificata nel maggio 2018, sul vertice alla Casa Bianca tra l’allora capo del governo italiano, Carlo Azeglio Ciampi, e Bill Clinton. L’incontro avviene nel 1993, Ciampi ha da poco traslocato da Bankitalia a Palazzo Chigi, con soddisfazione di Washington che definisce “una mossa intelligente’’ del Colle affidare il governo, per la prima volta, a “un tecnico autorevole e stimato, uomo irreprensibile, con un accreditata reputazione internazionale, ben conosciuto nella nostra Ambasciata’’. Dunque, ‘’un interlocutore affidabile e sincero’’. Con questi attestati di stima Ciampi arriva il 17 settembre del 1993 all’appuntamento nella sala Ovale. Sono presenti, oltre a Clinton, anche il vicepresidente Al Gore e il segretario di Stato Christopher. Si parla dell’Italia, della miracolosa ripresa dopo la crisi economica e finanziaria del 1992, si parla delle elezioni politiche che avverranno di li a poco, nella primavera del 1994. Ma anche in questo caso si parla, soprattutto, della politica estera. Il Muro è caduto da quattro anni, al Cremlino c’è Eltsin, la guerra fredda è finita: ci si interroga dunque sul destino della Nato, in vista del vertice dell’Alleanza previsto di li a qualche tempo.

In questo contesto, il segretario di Stato annuncia a Ciampi: ‘’stiamo valutando un possibile allargamento del perimetro Nato, e il ragionamento investe anche i criteri per l’adesione. L’Alleanza deve spingersi a Est’’. Il premier italiano replica con un sottile imbarazzo: “le condizioni che hanno dato vita alla Nato non esistono più ma la Nato esiste ancora. E deve adattarsi ai tempi nuovi. Ma è difficile dire come sarà l’Europa tra dieci anni. Crescerà naturalmente l’influenza della Germania, e la geografia politica sarà molto diversa. L’Alleanza atlantica può rafforzarsi anche andando ben oltre le questioni militari’’. Interviene Clinton: “Gli Stati Uniti non possono dare l’impressione di un ritiro dall’Europa: non mi è piaciuto il messaggio che è venuto fuori con le divergenze tra europei e americani sulla Bosnia. La Nato guarda a est, e questo ci aiuterà a spiegarne l’importanza ai nostri elettorati nazionali. Vogliamo assumere un ruolo guida, voglio far comprendere al Congresso l’importanza dell’impegno americano nel mondo, e voglio parlare al mondo come parlo agli americani”. Prende nuovamente la parola Christopher, invitando alla prudenza: “bisogna gestire l’allargamento della Nato ma senza isolare la Russia’’. Annuisce Clinton, spiegando che anche la cautela sulla questione Bosnia era dovuta alla necessità di ‘’non creare problemi con Mosca’’. Conclude Ciampi: ‘’concordo: l’allargamento della Nato non deve rappresentare una minaccia per la Russia’’.

Dunque, già in quel vertice nella sala Ovale era chiara a tutti la delicatezza di certi passaggi. Ma la controprova arriva da un altro libro, ben più importante, in uscita in questi giorni: le memorie di Angela Merkel. Nelle anticipazioni, un capitolo è dedicato proprio alla questione Nato, Russia, Ucraina. L’ex Cancelliera racconta perché nel 2008, al vertice Nato di Bucarest, insieme al presidente francese Sarkozy, si oppose all’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica: “ritenevo illusorio pensare che lo status di candidato all’adesione avrebbe protetto l’Ucraina (e la Georgia) dall’aggressione di Putin’’. Il quale, racconta ancora Merkel, le disse: ‘’tu non resterai Cancelliera per sempre, e allora Ucraina e Georgia entreranno nella Nato. Io voglio impedirlo’’. Pare che Merkel abbia replicato: ‘’nemmeno tu resterai presidente per sempre’’. Oggi, però, Merkel non c’è più, mentre Putin è ancora li e l’Alleanza si è allargata a Est. Ignorando, con le conseguenze che sappiamo, l’avvertimento di quel vertice nella Sala Ovale, venuto alla luce grazie al lavoro di indagine di Andrea Spiri. Insomma, come dimostra “The End 1992-1994”, il nostro destino era già scritto negli archivi segreti americani.

Nunzia Penelope

Titolo: The End 1992-1994. La fine della prima Repubblica negli Archivi segreti americani

Autore: Andrea Spiri

Editore: Baldini + Castoldi

Data di pubblicazione: maggio 2022

236 pagine

18 euro

ISBN 9788893889728

Nunzia Penelope

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Vicedirettrice de Il Diario del lavoro

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