La Flai-Cgil mette in guardia sui rischi presenti nell’accordo Ue-Mercosur. Nel corso dell’evento “Trattato Ue-Mercosur: una sfida per il movimento sindacale”, al quale hanno partecipato sindacalisti provenienti dall’America latina, il sindacato dell’agroalimentare dalla Cgil ha elencato i pericoli presenti nel trattato sul quale, dopo 25 anni di trattative con gli stati del Sud America, l’Unione europea ha impresso un’accelerata a seguito dei dazi imposti dall’amministrazione Trump e che si inserisce in uno scenario geopolitico contraddistinto dall’instabilità, da una crescita costante dei conflitti e dal venir meno del diritto internazionale.
Le mancate garanzie denunciate dal sindacato riguardano le tutele sociali e ambientali, con ripercussioni negative sull’agricoltura rurale soprattutto brasiliana e, guardando all’Italia, su tutti quei piccoli agricoltori e allevatori che sono delle sentinelle per l’ambiente e il tessuto produttivo delle aree interne. Il sindacato lamenta, inoltre, il mancato coinvolgimento delle parti sociali per discutere strumenti di salvaguardia del lavoro e del salario.
Un accordo che, ulteriormente, non cambia in modo significativo i destini economici delle due sponde. Secondo l’analisi di Roberto Lampa, professore di economia all’Università di Macerata, quando il trattato entrerà pienamente in vigore, ossia nel 2036, le esportazioni dell’Ue aumenteranno di 25 miliardi di dollari. Per l’Italia il beneficio sarà solo di 3,5 miliardi dei quali 2,2 miliardi toccheranno i macchinari e le apparecchiature che registreranno una crescita del 3%, per un impatto dello 0,13% sul Pil. In tutto questo, sostiene Lampa, il settore agricolo europeo viene esposto a un ritorno al latifondo, alla finanziarizzazione, che tra suoi lati negativi contempla una riduzione della manodopera, e una concorrenza al ribasso per l’industria alimentare del Vecchio Continente.
Guardando all’altra parte dell’oceano, per i paesi del Mercosur l’accordo può mettere sul piatto un processo di de industrializzazione, con la perdita di quei posti di lavoro più remunerati e meglio tutelati, una reciproca concorrenza per fornire all’Europa gli stessi beni e servizi e, sul piano politico, maggior spazio alla lobby della bancada ruralista con derive autoritarie, senza dimenticare l’impatto nocivo di pesticidi e sostanze chimiche sulla salute dei consumatori e il clima.
Per Roberto Ruiz, responsabile dell’Obrago, l’Osservatorio su salute e ambiente del lavoro agroindustriale brasiliano, permane ancora molto forte il tema della salvaguardia del benessere dei lavoratori soprattutto in alcuni comparti dell’industria agroalimentare. L’accordo, spiega, sta prendendo forma non solo all’interno di uno scacchiere geopolitico particolare ma in un momento di forte contrapposizione tra Brasile e Usa, sia per i dazi che per il diverso orientamento politico dei due governi. Alberto Broch, responsabile di Contag, il sindacato dei lavoratori familiari dell’agricoltura brasiliana che conta 10 milioni di iscritti, ha sottolineato il legame che ancora lega il bolsonarismo con l’America di Trump e come il suo movimento voglia far apparire il Brasile come una dittatura comunista, narrazione che non corrisponde al vero. Sull’accordo Broch ha messo in guardia sullo smantellamento che rischia il tessuto industriale brasiliano.
Al termine dei lavori Geraldo Iglesias, segretario generale Rel Uita, la federazione dei sindacati dell’agroalimentare sudamericani, ha sottolineato la necessità di rafforzare la cooperazione tra le organizzazioni dei lavoratori per evitare la nascita di nuovi squilibri, mentre Giovanni Mininni, segretario generale della Flai-Cgil, ha richiamato sulla necessità di costruire gli anticorpi per arginare gli esiti nefasti dell’accordo.