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Home - Approfondimenti - La nota - Tre agende (più una) a confronto sul lavoro

Tre agende (più una) a confronto sul lavoro

11 Gennaio 2013
in La nota

Ogni mese di gennaio comincia inaugurando una nuova agenda. C’è chi si è ormai convertito all’elettronica e chi non abbandona la tradizione della carta. Anche in questo caso le opzioni sono molteplici, per tutti i gusti e per tutte le tasche: dall’economica Moleskine alla preziosa Smythson, in vendita a caro prezzo nel raffinato negozio londinese di Old Bond Street. L’offerta, insomma, è ampia e flessibile, per lo strumento che scandirà il nostro tempo per l’arco di 365 giorni. Nel 2013, tuttavia, la scelta sarà di più lunga durata: almeno cinque anni, il tempo di una legislatura. E’ la novità del momento: gli schieramenti politici hanno sostituito il  vecchio  ‘’programma’’, lungo e prolisso, con una piu’ snella ‘’agenda’’, poche pagine nelle quali condensare un elenco di propositi. Il che rende ovviamente superficiale ogni enunciazione, rinviando, si suppone, a dopo l’eventuale vittoria la precisazione dettagliata degli obiettivi, e soprattutto dei modi con cui si intende raggiungerli. Anche per quanto riguarda le agende politiche, in ogni caso, la scelta e’ ampia: agenda Monti, Bersani, Grillo, per citare le più corpose, a cui si deve pero’ aggiungere l’agenda Napolitano, e cioè le indicazioni che il capo dello Stato ha inserito nel suo discorso di Capodanno, l’ultimo del suo mandato.  Il diario del lavoro le ha messe a confronto sul tema forse piu’ cruciale degli ultimi anni, quello dell’occupazione.

Iniziando dall’agenda Bersani, al lavoro è stato dedicato un paragrafo apposito, il terzo, dopo le voci Democrazia ed Europa. Il lavoro, si legge, ‘’è il parametro di tutte le politiche’’, la dignità del lavoratore va rimessa ‘’al centro della democrazia’’, in Italia e in Europa. Segue un’analisi delle mutazioni del conflitto sociale, e infine si arriva alla prima proposta concreta: ‘’ridisegnare il sistema fiscale in modo da alleggerire il peso sul lavoro e l’impresa, attingendo alla rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari’’. Dunque, una patrimoniale sulle rendite, sostanzialmente, che compensi la riduzione della pressione fiscale su chi lavora e chi produce. Fatto questo, si passa alla lotta contro la precarietà e la valorizzazione del lavoro, per proseguire con altre politiche fiscali finalizzate a favorire l’occupazione femminile (compreso dal punto di vista delle retribuzioni e delle carriere), anche attraverso politiche di welfare mirate, tra le quali un ‘’piano straordinario per la diffusione degli asili nido’’, favorendo così anche la natalità. Infine, nelle ultime righe del paragrafo lavoro, l’agenda Bersani richiede una legge sulla rappresentanza che impedisca di ‘’prescindere dal voto dei lavoratori sui contratti’’, condannando, nel contempo, ‘’l’arbitrio’’ di  quelle aziende (e il riferimento implicito e’ alla Fiat) che ‘’discriminano i lavoratori’’.

L’Agenda Monti al lavoro non dedica un paragrafo specifico, ma il tema del rilancio dell’occupazione ricorre in vari punti. Anche in questo caso si parla di ridurre il carico fiscale ‘’su lavoro e impresa’’, trasferendolo ‘’sui grandi patrimoni’’. Un passaggio specifico accenna alle grandi crisi industriali di questi anni, citando Ilva, Irisbus, Alcoa, dichiarando ‘’fiducia’’ in una futura ripresa del nostro cruciale sistema manifatturiero e industriale e proponendo l’istituzione di un Fondo speciale per le ristrutturazioni. Secondo l’Agenda Monti, il punto di partenza è l’impresa, alla quale occorre garantire un ‘’contesto competitivo’’ (riduzione oneri burocratici, ecc) che garantisca anche una maggiore produttivita’, da ottenersi proseguendo ‘’sulla strada del decentramento della contrattazione salariale’’. Nel testo si enunciano poi la necessità di ‘’superare il dualismo tra lavoratori protetti e non protetti’’, di ‘’ridurre a un anno il tempo massimo del passaggio da un’occupazione all’altra rendendo piu’ fluido il passaggio dei lavoratori dalle imprese in crisi a quelle piu’ produttive’’, e di ’’coniugare il massimo di flessibilità con il massimo di sicurezza economica dei lavoratori’’, ma – forse la fretta? – ci si dimentica di specificare ‘’come’’, attraverso quali meccanismi. Piu’ concretamente, si indica la volonta’ di aiutare l’occupazione giovanile con ‘’forme di detassazione per chi assume lavoratori tra i 18 e i 30 anni’’ (forse sul modello dei vecchi contratti di formazione e lavoro degli anni Novanta), così come quella degli over 55 (ma in questo caso non si specifica come). Anche per l’Agenda Monti un punto cruciale è quello dell’occupazione delle donne, per le quale si propone, tra l’altro, la ‘’detassazione selettiva dei redditi da lavoro’’. Infine, si propone l’introduzione di un ‘’reddito di sostentamento minimo’’ per tutti coloro che si trovano a rischio di esclusione sociale, condizionato ‘’alla partecipazione a misure di formazione e inserimento professionale’’.

Nell’Agenda Grillo, invece, di lavoro non si parla esplicitamente. O meglio, non direttamente. Ma il leader del movimento 5 stelle punta alla fonte di ogni male, e cioè alle deviazioni della finanza che hanno causato la crisi mondiale e, di conseguenza, il drastico calo dell’occupazione e il generale impoverimento della popolazione. E dunque, nel capitolo Economia (il quarto del programma) si propone, tra l’altro, ‘’l’abolizione delle scatole cinesi in Borsa’’, maggior potere ai piccoli azionisti, impedire la possibilita’ di acquistare una societa’ a prevalente debito (vedi caso Telecom), introdurre un tetto agli stipendi dei manager, abolire i monopoli di fatto, vietare gli incroci azionari tra banche e imprese, le stock option, gli incarichi multipli nei Cda di società quotate, ecc. Tra le tante ‘’abolizioni’’, però, una riporta dritto al tema lavoro, ed è la cancellazione della Legge Biagi del 2009. Inoltre, anche Grillo, come Monti, propone l’introduzione del sussidio di disoccupazione garantito, che dovrebbe sostituire la cassa integrazione.

Infine, va tenuto conto anche di quanto ha affermato il presidente della Repubblica nel discorso di fine anno. L’’’agenda Napolitano” parte proprio dalla constatazione “di una realtà sociale duramente segnata dalle conseguenze della crisi”, che, nel 2012,  “si è tradotta in crisi di aziende medie e grandi”, di “cancellazione di piccole imprese e di posti di lavoro, in aumento della Cassa Integrazione e della disoccupazione, in ulteriore aggravamento della difficoltà a trovare lavoro per chi l’ha perduto e per i giovani che lo cercano”.  Nella sua analisi il capo dello Stato è tutt’altro che generico, anzi, decisamente circostanziato: cita esplicitamente il caso della Sardegna, la cui economia è stata azzerata, sottolinea la ‘’crescita della povertà’’ nelle famiglie causa dell’aumento dei prezzi e delle tasse, la difficoltà di ‘’vivere con una pensione minima dell’INPS’’,  ‘’il calvario della vana ricerca di un lavoro’’, specie se ‘’ci si ritrova disoccupati a 40 anni’’, la disillusione dei giovani, che un lavoro non hanno mai avuto e difficilmente avranno. Traccia, insomma, un quadro impietoso del nostro paese, denunciando che una ‘’vera e propria questione sociale che va posta al centro dell’attenzione e dell’azione pubblica’’,  a cui la politica dovrebbe mostrarsi più sensibile e di cui dovrebbe farsi carico.  Ma, a questo proposito, richiamando le ragioni della grave situazione italiana,  Napolitano afferma: “’si dovrebbero chiamare in causa le responsabilità delle classi dirigenti nel loro complesso, non solo della politica”: dunque, anche del mondo dell’economia, delle imprese. L’Agenda Napolitano indica poi alcune strade per uscire dalla crisi, che passano attraverso la lotta alla corruzione, all’evasione fiscale, al persistere di privilegi e abusi, ma anche attraverso il rilancio della scuola, della formazione, della ricerca, delle opportunità per i giovani italiani di ‘’camminare sulle proprie gambe’’, senza dover necessariamente contare su ‘’canali clientelari’’. In conclusione, afferma il capo dello Stato, ferma restando la necessità di proseguire nel risanamento dei conti pubblici, ‘’una rinnovata visione  dello sviluppo economico non puo’ eludere il tema del crescere delle diseguaglianze sociali’’. E non c’è dubbio che, potendo davvero scegliere, questa sarebbe  l’Agenda preferita dagli italiani.

Nunzia Penelope

redazione

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