La decontribuzione che il Governo intende introdurre con la prossima legge di bilancio per favorire l’assunzione stabile di giovani “può essere uno strumento utile, a condizione che sia interamente fiscalizzata per evitare danni sul futuro pensionistico dei lavoratori”. Lo dice il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, illustrando una simulazione realizzata dal sindacato sugli effetti di questa misura.
La Uil rileva che una mancata fiscalizzazione comporterebbe una riduzione permanente del 3% del trattamento pensionistico. Un lavoratore con un reddito attuale di 20.660 euro lordi annui vedrebbe, infatti, la propria pensione mensile scendere da 2.216 euro a 2.157 euro con una perdita di 59 euro.
Per rendere più equa la norma, la Uil propone che la decontribuzione riguardi anche l`aliquota a carico del lavoratore che vedrebbe così aumentare il proprio reddito disponibile.
Sempre nel caso del reddito medio, 20.660 euro lordi annui, una riduzione del 50% del contributo comporterebbe un aumento in busta paga di 74 euro lordi mensili. “Questo sarebbe un modo concreto per rilanciare i consumi e la domanda interna sostenendo, così, la ripresa economica”, dice Proietti.
La confederazione ha sviluppato due ipotesi di decontribuzione per i neoassunti a tempo indeterminato. Nella prima sono sintetizzati gli effetti di una decontribuzione del 50% per i primi tre anni e che agisca solo sulla quota a carico del datore (23,81%) senza alcun beneficio per il lavoratore. Questa decontribuzione, anche se limitata al solo inizio della carriera, avrebbe l`effetto di far scendere il tasso di sostituzione (il rapporto tra ultimo stipendio e pensione) dal 78% al 76%.
Se la decontribuzione fosse applicata, quindi, alla sola quota datoriale su un reddito medio di 20.660 euro lordi il vantaggio per il datore di lavoro sarebbe di 7.490 euro complessivi per i tre anni. Lo studio della Uil mostra poi gli effetti a lungo termine della decontribuzione triennale al 50% sulla sola quota datoriale. Se questa quota, infatti, non venisse coperta da una fiscalizzazione si genererebbe un danno sul futuro trattamento pensionistico. Per esempio, con un reddito medio di 20.660 euro lordi annui la riduzione mensile permanente sulla futura pensione sarebbe di 59 euro.
Il sindacato ha inoltre ipotizzato una decontribuzione al 50% che agisca sull`intera aliquota(33%), sia datoriale (23,81%) che a carico del lavoratore (9,19%). Se si esamina il reddito di 20.660 euro lordi l`effetto totale della decontribuzione è stimabile in 10.381 euro, con un aumento medio del reddito lordo disponibile per il lavoratore pari a 74 euro mensili nei tre anni. “Va comunque sottolineata la necessità di una presa in carico da parte dello Stato della riduzione dell`onere contributivo al fine di non generare una perdita sulla futura pensione”, conclude Proietti.