La Uil Abruzzo e le rsu della Edison hanno scritto un documento per porre l’attenzione sulla situazione dell’industria degli idrocarburi nella regione. Secondo il sindacato “non vi sono mai state incompatibilità e criticità con altri settori e paradossalmente non si può affermare la stessa cosa nei confronti di altre attività ritenute per loro natura verdi”.
Secondo il sindacato “il voler negare qualsiasi forma di ricerca di idrocarburi in mare e a terra è una scelta possibile, ma appare incauta e ingiustificata sotto diversi aspetti, anch’essi fondamentali per uno sviluppo equilibrato, come lo è stato fino ai giorni nostri, anche se non altrettanto appariscente quanto altri settori ritenuti più rispettosi dell’ambiente”.
“Diversamente da quanto si vorrebbe denunciare – si legge nel documento – questo settore non ha creato problemi per l’ambiente ed è riuscito a svilupparsi anche con attività quantitative molto contenute, ma con investimenti importanti. Basti pensare, con basso profilo, che un pozzo a terra ha un costo di circa 3/6 milioni di Euro e uno in mare il doppio. Molti di questi soldi hanno contribuito a sviluppare imprese locali e nazionali, dando lavoro a molte persone, sicuramente in misura maggiore di quello che si è portati a pensare. Inoltre, hanno creato una scuola di mestiere altamente tecnologica per tanti giovani laureati e diplomati Abruzzesi, che, attualmente, lavorano in tutto il mondo”.
Per la Uil “le scelte radicali che la nostra Regione si appresta a compiere comporteranno la perdita di tutto questo, negando un futuro di lavoro e investimenti certi”. “Le scelte di divieto totale – aggiunge il sindacato – sono del tutto illusorie, considerando che le società alle quali si impedisce di far ricerca nel mare antistante la costa abruzzese porteranno i loro investimenti nello stesso mare, ma sottoposto a giurisdizioni diverse”. Per la Uil non ha senso “negare la ricerca in acque territoriali italiane e rinunciare agli investimenti e al potenziale di lavoro, mentre altre nazioni affaccianti sul mare Adriatico lo permetteranno, anzi lo incentiveranno”.
“Le società – prosegue la sigla sindacale – alle quali viene impedito di operare nelle nostre acque, si stanno spostando solo di qualche miglio, in Croazia, Montenegro e Albania. Proprio di fronte alle nostre coste, al confine delle acque italiane, queste nazioni permettono l’attività di ricerca di idrocarburi in piena sintonia con i loro programmi di sviluppo energetici e di salvaguardia dell’ambiente”. (LF)
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