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Home - Approfondimenti - Analisi - Un autunno nervoso

Un autunno nervoso

19 Settembre 2003
in Analisi

Michele Figurati – esperto di Relazioni Industriali

Ogni anno, ormai da tempo, alla ripresa dell’attività dopo la pausa estiva ci si interroga sulle prospettive dell’autunno sindacale.  E questo non solo da parte di chi di relazioni industriali si occupa professionalmente ma anche della stampa quotidiana, visto l’impatto che eventuali, diffusi conflitti sindacali possono avere sulla vita dell’intero Paese.  Quindi, se questi  rapporti si svolgeranno secondo le normali prassi negoziali oppure daranno luogo ad aspri conflitti sociali  non è una domanda di interesse limitato agli attori ma coinvolge interessi generali, in particolare quando i temi in dibattito ed i soggetti interessati possano comportare ricadute politiche.

Cosa aspettarci dunque nei prossimi mesi? Il quadro generale non è certo confortante: molti sono i problemi aperti  e tutt’altro che chiare appaiono le possibili soluzioni. Sul piano generale, due sono i temi principali di possibile contrasto:  l’eterna previsione di una riforma pensionistica e la legge finanziaria, per i suoi risvolti economico/sociali. A questi, peraltro, si possono aggiungere, solo per citarne alcuni, la concretizzazione del Patto per l’Italia, l’attuazione della  Riforma Biagi e, in definitiva, l’accertamento della possibilità di sopravvivenza della concertazione.


Senza entrare nel merito delle specifiche questioni, per ragioni di spazio e di competenza di chi scrive, solo qualche notazione.


 


·                    Sul tema delle pensioni, quello che appare, ad uno spettatore informato ma non addentro al processo di elaborazione e che quindi ricava le sue valutazioni per lo più dai media, è un Governo ed una maggioranza incerta e divisa tra la indiscutibile necessità di por mano, una volta per tutte, ad un sistema ormai non più sostenibile ed il timore di un nuovo scontro sociale e di perdita di popolarità, visto l’indubbio interesse al tema di moltissimi cittadini. Cittadini peraltro confusi da una serie di informazioni contraddittorie circa la  portata dei provvedimenti da adottare, nonché sui tempi di attuazione, e non chiaramente resi consapevoli  delle motivazioni economiche che rendono, nell’interesse generale, indispensabile un serio intervento.


 


·                    La mancanza di un preciso progetto e la diffusa sensazione di una scarsa determinazione del Governo ad affrontare una effettiva riforma, oltre a determinare un forte scontento nei cittadini, non ha tranquillizzato le associazioni  imprenditoriali e, quello che mi sembra significativo, ha riavvicinato le confederazioni sindacali, portando  anche chi ne aveva meno disponibilità a valutare azioni di lotta.


 


·                    L’attitudine di ampie forze sindacali a cercare  soluzioni concordate ed innovative, dimostrata ad esempio nell’occasione del Patto per l’Italia, rischia di venire frustrata da comportamenti, almeno all’apparenza, molto chiusi del Governo.  Si veda l’atteggiamento assunto in tema dei contenuti economico/sociali della Finanziaria.


 


·                    Il mancato od insufficiente coinvolgimento delle parti sociali nella fase di elaborazione, non di decisione, accentua la diffidenza e rischia di ricompattare le forze sindacali su posizioni antagoniste non volute né ricercate, rafforzando quelle aree che dell’antagonismo anche politico hanno fatto bandiera.


 


Molte considerazioni si dovrebbero fare sul rapporto Governo/sindacati come si è sviluppato (o meglio inviluppato) in quest’ultimo anno, anche per cercare di capirne le ragioni politiche, visto che la qualità delle persone scelte per governare questa parte del sistema  non può certo far pensare ad errori di valutazione o difficoltà nel gestire i rapporti. Ma non è questo il momento né il tema.


A questi, che sono i maggiori ma non unici motivi di contrasto, si aggiungono molte importanti questioni aperte a livello di categoria (o macro aree). Così nel pubblico impiego sono aperte a vari stadi di   maturazione  una serie di vertenze contrattuali, quali quelle per gli enti locali, sanità, aziende autonome, e università, solo per citarne alcune, sono noti i contrasti sulla scuola anche se di diversa natura.


Se passiamo dal pubblico al “semipubblico”, si trascina da molto tempo la vicenda del rinnovo del contratto del trasporto pubblico locale, che non trova definizione per mancanza  di risorse ed incertezza normativa , mentre qualche colpo di coda ci si potrà aspettare dalla prima fase di attuazione del contratto delle ferrovie dopo l’accordo faticosamente raggiunto nella primavera scorsa.       


Meno tesa sembra l’area dell’impiego privato, anche se alcune grandi categorie (tessili, edili) sono in fase di rinnovo ed altre (chimici) sono in scadenza ravvicinata. Qui sembra che, almeno al momento, le relazioni siano incanalate nei binari concreti  che non escludono contrasti ma che dovrebbero mantenersi nella dialettica consueta. Anche nell’ambito metalmeccanico, l’azione della Fiom che, si ricorda, non ha sottoscritto il rinnovo contrattuale, non sembra debba avere grande efficacia conflittuale. Qui i problemi potranno sorgere in occasione della contrattazione aziendale che partirà con i primi del prossimo anno.


 


Il quadro sopra sommariamente e con molte imprecisioni disegnato, parrebbe far prevedere un futuro immediato fosco e fortemente conflittuale. Ebbene, non lo credo o quanto meno tutto è ancora da giocare.


Intanto vanno ricordati i rapporti tra le maggiori confederazioni: c’è forse un riavvicinamento sul merito di alcuni temi, ma molto diversa appare la strategia per affrontarli.  Sono ancora aperte le ferite causate dal comportamento della Cgil con gli scioperi generali proclamati da solo, di cui l’ultimo sulla Legge 30 è sale su quelle ferite, per il tempo e il modo.  


Ma al di là di questo non si percepisce, salvo qualche eccezione, l’animus che accompagna i grandi momenti di conflitto.  Sembra che manchi nei lavoratori la “volontà di lotta”. Più che un clima di tensione si percepisce un forte clima di sfiducia. Questo è forse ancora più pericoloso e dovrebbe far riflettere sia il Governo che le grandi organizzazioni sindacali, ma non è foriero di sfoghi immediati.


Come in tutte le situazioni in ebollizione, può bastare poco per cambiare gli atteggiamenti ma se, come si spera, prevarranno buon senso e professionalità sarà possibile superare il prossimo anno sindacale senza tensioni irreparabili. Gran parte delle carte sono ancora in mano ai giocatori.


Per concludere, allora, non autunno caldo, certo autunno nervoso.


 


 


 


 


 


 

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