Manuela Galetto – Ricercatrice di Sociologia del Lavoro e di Relazioni Industriali
Introduzione
In linea con gli altri comparti dei settori sia pubblico che privato, regioni ed autonomie locali si trovano a regolare la riforma del pubblico impiego e un crescente decentramento della contrattazione integrativa.
Allo stesso tempo, regioni ed autonomie locali sono i principali destinatari della riforma del Titolo V della II parte della Costituzione, attraverso cui varie funzioni e competenze sono trasferite dallo Stato ai livelli decentrati dell’amministrazione. In tale cornice si inserisce il tema della semplificazione, dell’efficienza ed efficacia del sistema amministrativo e della comunicazione pubblica al cittadino. Recenti studi di politica locale si sono concentrati sull’analisi di esperienze di multilevel governance: si parla di un crescente protagonismo, nella sua accezione positiva, del livello regionale, locale e territoriale nel rapporto con le politiche di sviluppo, piani per l’occupazione, politiche pubbliche europee[1].
I due paralleli percorsi di decentramento, da un lato il rafforzamento della contrattazione decentrata e dall’altro la delega di un numero crescente di funzioni ai livelli, hanno un primo tangibile riscontro nella diretta responsabilità delle regioni e degli enti locali nel valorizzare, se non addirittura formare, la professionalità dei lavoratori del comparto inseriti in nuove attività. Ci si riferisce, in particolare, a figure come educatori, responsabili della comunicazione, personale sociosanitario, polizia locale, anagrafe. Anche in questo rinnovo la classificazione del personale, oggetto di particolare attenzione nei CCNL di tutti i comparti del pubblico impiego, è uno dei principali punti d’approdo.
Accanto a questo primo aspetto, il CCNL in commento conferma ulteriormente l’importanza crescente della contrattazione integrativa e, date le peculiarità degli enti destinatari del contratto, della contrattazione territoriale.
Il contratto
Per gran parte delle discipline, il contratto contiene numerosi rinvii alle disposizioni previste dai contratti precedenti, e questo si traduce in una non semplice lettura del rinnovo. A partire dal 6 luglio 1995, data di stipulazione del primo CCNL del comparto, ad oggi sono stati sottoscritti sette contratti collettivi, consolidando di volta in volta il processo di riforma del pubblico impiego con l’adozione di strumenti nuovi propri del lavoro privato. Accennato all’art.45 (…”in attesa della sottoscrizione del testo unificato delle disposizioni contrattuali del comparto”) e come richiamato in una dichiarazione congiunta (la n. 3), le parti stesse registrano la necessità di ordinare la normativa vigente e raccogliere in un testo unico tutte le modifiche che si sono succedute nei vari CCNL del comparto. Nella stessa dichiarazione le parti si impegnano quindi ad avviare un confronto sul testo unico già predisposto dall’Aran.
Il contratto collettivo, siglato il 16 ottobre di quest’anno, interessa i 590.000 dipendenti delle regioni e delle autonomie locali, quindi comuni, province, comunità montane, camere di commercio e il personale di Istituzioni di pubblica assistenza, gli operatori di Polizia locale e il comune di Campione d’Italia. Quest’ultimo, come noto, è completamente situato in territorio svizzero ma appartiene all’amministrazione italiana.
Arrivato con 22 mesi di ritardo, il CCNL in analisi ha validità per la parte normativa per il quadriennio 2002-2005, mentre la parte economica riguarda il biennio 2002-2003.
L’accordo rinnova soprattutto la parte economica, mentre potrebbe dirsi di “manutenzione” per quanto riguarda la parte normativa, poiché contiene limitate modifiche rispetto ai precedenti.
La trattativa
La varietà di profili degli attori coinvolti nella negoziazione ci induce a pensare a una trattativa non facile. Segnata da varie interruzioni, è stata definita “difficile e complessa” da Guido Fantoni dell’Aran, mentre nelle dichiarazioni che seguirono la firma dell’accordo, i sindacati si dichiaravano soddisfatti del rinnovo. La trattativa si è giocata molto sulla parte relativa al trattamento economico, e sembrano esserci state iniziali difficoltà “tecniche” nell’individuazione del monte salari su cui poi calcolare la percentuale da destinare alla disciplina delle risorse decentrate. Lombardia e Veneto sembrano aver stretto il cordone sugli aumenti in modo più severo rispetto ad altre rappresentanze locali.
I contenuti dell’accordo di rinnovo
Vediamo ora più in dettaglio i principali punti di approdo contenuti nel rinnovo del CCNL di regioni ed autonomie locali, distinguendo tra la prima parte, normativa, e la seconda relativa al trattamento economico.
Dal punto di vista normativo, come anticipato, non vi sono grossi cambiamenti rispetto alle disposizioni vigenti, ma è interessante leggerlo nel dettaglio per cogliere alcune caratteristiche peculiari del comparto regioni e autonomie locali.
Il Titolo I è dedicato alle disposizioni generali e specifica campo di applicazione, durata del contratto, tempi e procedure di applicazione.
Con il Titolo II si entra invece nella disciplina delle relazioni sindacali. Essa è in linea di massima confermata con il rinvio a quanto stipulato in materia dal CCNL del 1 aprile 1999. Qui si trova, però, un approfondimento della contrattazione decentrata integrativa (vengono definiti i tempi e le procedure dei contratti integrativi) e una “ri-scrittura” della contrattazione decentrata territoriale. Quest’ultima, riconoscendo le diverse esigenze delle autonomie locali, fa riferimento a enti in aree geograficamente contigue con un numero di dipendenti complessivamente non superiore a trenta. Per questi enti è prevista la possibilità di siglare protocolli d’intesa in cui, oltre a specificare la composizione della delegazione trattante, potranno stabilire la responsabilità da parte del territorio nella gestione di materie altre (da specificare nel protocollo) rispetto a quelle rimesse alla contrattazione integrativa.
La contrattazione integrativa è un tema imprescindibile se osservato anche alla luce del contesto accennato nell’introduzione. Con la riforma del pubblico impiego, la valorizzazione del personale è percepita come strategica per gli enti, anche alla luce della loro crescente autonomia. Tuttavia il processo di riforma e l’avvicinamento a una gestione del personale di tipo “privato” richiede inevitabilmente tempo, come emerso anche da una recente ricerca dell’Aran sull’esercizio di potere del privato datore di lavoro[2]. La ricerca, interessante, tra le altre cose, anche per le differenze territoriali rilevate, mette in luce la contrapposizione tra un consolidato potere degli organi politici e del sindacato rispetto al recente potere datoriale nella gestione dei rapporti di lavoro.
Restando nell’ambito delle relazioni sindacali, si ha quindi una semplificazione della disciplina della concertazione (art.6) che, definiti anche in questo caso i tempi di intervento, allarga il proprio ambito d’azione verso questioni come l’orario di lavoro, le attività delle istituzioni scolastiche e degli asili nido, i criteri di trasferimento del personale o delle attività, l’andamento dei processi di occupazione, criteri di mobilità interna. Se da un lato questo porta a una maggiore velocità di intervento in ambiti importanti (soprattutto per i piccoli enti), dall’altro potrebbe rappresentare il rischio di una frettolosa soluzione di questioni che richiedono invece attenzione e delicatezza maggiori.
All’art.7 sono trattate le relazioni sindacali delle unioni dei comuni, specificando la composizione della delegazione sindacale trattante. In questo caso sarà composta dai delegati delle RSU degli enti aderenti e dai rappresentanti territoriali delle organizzazioni sindacali firmatarie del presente contratto. Le unioni dei comuni rappresentano singole unità di riferimento al pari di regioni o autonomie locali.
In linea con quanto indicato dall’Unione Europea, anche le regioni ed autonomie locali hanno riconosciuto la necessità di avviare la costituzione di organismi paritetici per contrastare il fenomeno del mobbing. Il tema è trattato all’art.8 sulla falsariga di quanto siglato nei precedenti rinnovi del settore pubblico (la prima “comparsa” si è avuta con il primo rinnovo del settore pubblico centrale, i Ministeri).
Si ha, anche in questo caso, una necessaria preliminare definizione di tale fenomeno, ..”inteso come forma di violenza morale o psichica in occasione di lavoro – attuato dal datore di lavoro o da altri dipendenti – nei confronti di un lavoratore. Esso è caratterizzato da una serie di atti, atteggiamenti o comportamenti, diversi e ripetuti nel tempo in modo sistematico ed abituale, aventi connotazioni aggressive, denigratorie e vessatorie tali da comportare un degrado delle condizioni di lavoro e idonei a compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore stesso nell’ambito dell’ufficio di appartenenza o, addirittura, tali da escluderlo dal contesto lavorativo di riferimento”.
La commissione paritetica incaricata di contrastare il fenomeno viene fornita, nell’accordo, degli obiettivi da conseguire, che vanno dall’individuazione delle possibili cause di eventuali episodi di mobbing, alla realizzazione di strumenti per contrastarli e risolverli. Tra gli strumenti indicati ci sono sportelli di ascolto, la figura del consigliere/consigliera di fiducia e l’istituzione di codici di comportamento.
Per definizione tale commissione sarà costituita da rappresentanti delle sigle sindacali firmatarie e da un pari numero di rappresentanti dell’ente. E’ da sottolineare il fatto che è previsto anche un rappresentante del comitato per le pari opportunità, così da garantire un raccordo tra le eventuali linee di intervento. La commissione paritetica sarà istituita anche dalle unioni dei comuni.
All’art.9 è regolata l’interpretazione autentica dei contratti collettivi in caso di problemi interpretativi e applicativi.
Con il Titolo III dell’accordo si passa alla disciplina del rapporto di lavoro, ed ha come oggetto del Capo I il sistema di classificazione. L’accordo arricchisce la normativa vigente richiamando, in particolare, il bisogno di valorizzare le alte professionalità, anzitutto attraverso la loro individuazione in tutti gli enti, e poi conferendo loro incarichi particolari che, in sostanza, valorizzino e motivino assunzioni di responsabilità.
Si registra un’importante novità che riguarda la costituzione di una commissione paritetica formata da ARAN e Confederazioni ed Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente CCNL e con la partecipazione del Presidente del Comitato di Settore (art.12). A tale commissione è demandato il compito di ricomporre i processi lavorativi e rivisitare profili professionali alla luce di nuove competenze e professionalità. C’è un esplicito riferimento alla necessità di dare attuazione al contenuto dell’art.24 dell’accordo del 5.10.2001 in cui era prevista l’individuazione di profili professionali particolari e, di conseguenza, una loro più corretta collocazione nella pertinente categoria. In particolare si fa riferimento alle attività di informazione e comunicazione, a quelle connesse ai beni culturali (come ad esempio musei, biblioteche, ecc.) ed infine alle professioni sanitarie operanti nelle IPAB.
Al Capo II troviamo le disposizioni per le unioni dei comuni e i servizi in convenzione, che disciplinano il momentaneo impiego di personale proveniente da enti diversi ma appartenenti alla stessa unione di comuni.
In apertura del Capo III, dedicato all’area della vigilanza e della polizia locale, l’accordo di rinnovo riconosce la centralità delle politiche di sicurezza e tocca la questione del nuovo potere legislativo conferito alle regioni in materia. Viene confermata l’autonomia organizzativa dei corpi di polizia locale e la necessità di percorsi di aggiornamento e qualificazione del personale di questa area specifica. Per il personale dell’area della vigilanza si ha la rivalutazione a 25 euro mensili lorde della cosiddetta indennità di vigilanza.
Infine, la disciplina dei permessi per l’espletamento di funzioni di pubblico ministero da parte del personale appartenente alla polizia locale chiude il Capo III.
La parte sulla disciplina del rapporto di lavoro si esaurisce senza approfondimenti specifici relativi ai rapporti di lavoro cosiddetti flessibili. Negli ultimi anni questi hanno invece trovato larga applicazione anche all’interno degli enti locali, soprattutto attraverso il l’impiego di collaboratori coordinati e continuativi in particolare, ma anche di altre forme flessibili di lavoro. La normativa vigente in materia relativamente al comparto regioni ed autonomie locali è contenuta principalmente nell’accordo del 14 settembre 2000 (artt. 2, 3 e 7), dove si trovano disposizioni dettagliate sul ricorso al lavoro interinale, al contratto a tempo determinato, al contratto di formazione e lavoro, ecc. Nello stesso documento troviamo anche disposizioni per la sperimentazione del telelavoro (art.1). Tuttavia non si parla specificatamente di collaboratori coordinati e continuativi. La Legge 30 di riforma del lavoro, in teoria non applicabile al pubblico impiego, prevede ora una conversione, più o meno sistematica, dei CoCoCo in contratti a progetto. Anche regioni ed autonomie locali si troveranno ad affrontare tale cambiamento indipendentemente dal fatto che non siano formalmente destinatarie della citata legge. Si renderà probabilmente necessario un accordo quadro, a cui le parti sociali del settore pubblico hanno accennato in più di un’occasione, per raccordare le modalità di applicazione della legge dove ciò si renda inevitabile, come nel citato esempio dei collaboratori coordinati e continuativi.
Considerati i grossi investimenti degli ultimi anni da parte di regioni e governo nella sperimentazione di e-goverment, si avranno inevitabili ripercussioni in termini di formazione di nuove competenze necessarie alle nuove applicazioni informatiche, a un nuovo tipo di rapporto con il cittadino e con i servizi offerti. Ci si aspetterebbe quindi un’attenzione maggiore ai processi formativi anche in sede di contrattazione nazionale, mentre per la formazione il CCNL del 1 aprile 1999 (art.4) rimanda interamente alla contrattazione collettiva decentrata integrativa.
Il Titolo IV contiene le disposizioni disciplinari. Anche qui troviamo un immediato rinvio al CCNL del 6.7.1995 per sostituire definitivamente, come avvenuto anche per altri settori, “i doveri del dipendente” con la formula “obblighi del dipendente”. Relativamente a questo tema viene introdotta, tra le sanzioni, una voce aggiuntiva per assicurare una graduazione più efficace in relazione alla gravità delle violazioni disciplinari. E’ eventualmente prevista, infatti, la sospensione dalla retribuzione da 11 giorni fino ad un massimo di sei mesi (punto e) dell’art.23). Segue un codice che specifica quali siano le infrazioni da ricondurre a ciascuna sanzione. Tale codice, come richiamato nel contratto, dovrà avere adeguata pubblicità.
All’art.26 è disciplinato il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale. L’attuale art.27, invece, sostituisce lo stesso del CCNL del 6.7.1995, stabilendo, in sostanza, la sospensione e la conseguente privazione della retribuzione nel caso in cui il dipendente si trovi in carcere o agli arresti domiciliari, fino alla fine di tale condizione.
Si passa quindi alla parte relativa al trattamento economico, dove si rileva un aumento medio a regime che ammonta a 106 Euro. In particolare il contratto prevede due decorrenze per gli aumenti: la prima ha validità dal 1 gennaio 2002, mentre la seconda scatterà dal 1 gennaio 2003.
Anche nel comparto regioni ed autonomie locali, come anche già visto ad esempio per i Ministeri e il parastato, l’Indennità integrativa speciale viene conglobata nello stipendio tabellare, semplificando così la lettura della busta paga.
Le rappresentanze sindacali hanno sottolineato l’obiettivo raggiunto del riconoscimento dell’indennità di comparto, che riallineerebbe gli stipendi del comparto a quelli dei dipendenti del restante pubblico impiego.
Le risorse destinate alla contrattazione integrativa, divise in fisse e variabili, sono aumentate dal 1 gennaio 2003 di 11,5 Euro pro capite per tutti gli enti del comparto (con una riduzione a 8,3 Euro mensili pro capite per gli enti economicamente in deficit). Vi sono poi altri 3,2 Euro mensili pro capite che, sempre a condizione di un buono stato di salute economica dell’ente, sono destinati specificatamente alla valorizzazione delle professionalità.
Vi è poi una rivalutazione del 50% dell’indennità di rischio da 20,65 Euro a 30 Euro mensili che riguardano, tra gli altri, le categorie degli operai, addetti alla manutenzione, nettezza urbana. I dettagli retributivi dei diversi livelli di inquadramento sono riportati nelle tabelle che si trovano in allegato al documento di rinnovo.
Prima di concludere sulla parte del trattamento economico si sottolinea il riconoscimento automatico della retribuzione di posizione al responsabile del servizio nei piccoli enti privi di dirigenza. Questo elemento particolare mette indirettamente in luce la varietà degli enti destinatari di questo rinnovo, che si differenziano in primo luogo in termini di dimensione. Si pensi alle migliaia di dipendenti di un comune come, ad esempio, Roma confrontato con le esigenze di una piccola comunità montana. E’ in tale contesto che si rende sempre più necessaria la valorizzazione della contrattazione decentrata, e misure che ne regolino il rapporto con la contrattazione nazionale.
In questo senso è significativo anche che con il presente rinnovo sia stata sospesa la norma (art.5 del CCNL del 5 ottobre 2001) che toglieva agli enti qualsiasi limite nell’aumento delle risorse destinate alla contrattazione integrativa, qualora vi fossero presupposti di bilancio favorevoli.
A chiudere il documento ci sono, infine, le disposizioni finali e transitorie, cui seguono le dichiarazioni congiunte e le dichiarazioni sindacali rispettivamente. In queste ultime troviamo alcuni importanti impegni delle parti, tra cui anche quello di avviare un confronto per l’istituzione di fondi di previdenza complementare. E’ di questi giorni la notizia dell’istituzione di Espero, il primo fondo integrativo proprio della pubblica amministrazione relativo al comparto scuola, che con buone probabilità funzionerà da esempio anche per gli altri comparti.
Da ultimo troviamo allegato al contratto di rinnovo il codice di comportamento dei pubblici dipendenti.
Conclusioni
L’accordo di rinnovo fin qui analizzato non registra grossi cambiamenti rispetto alla normativa esistente. Come descritto, tra le novità significative troviamo:
· una conferma dell’importanza della contrattazione integrativa e territoriale, in linea con altri comparti sia del settore pubblico che privato, che si concretizza anche negli aumenti destinati alle risorse della contrattazione decentrata
· una semplificazione della disciplina della concertazione
· l’istituzione di una commissione paritetica per contrastare il fenomeno del mobbing, in linea con quanto indicato dalle raccomandazioni della Commissione Europea al riguardo
· la ri-definizione delle figure professionali e delle competenze, per garantire un inquadramento professionale aggiornato e coerente
· gli aumenti che, come descritto, non riguardano solo lo stipendio tabellare, ma anche le risorse destinate alle risorse decentrate e l’aumento dell’indennità di rischio per varie figure professionali specifiche.
Nel confrontare questo rinnovo con i recenti CCNL di altri settori, si nota forse una carenza relativa all’aggiornamento del tema della formazione, per quanto, mi potrebbe essere contestato, questo sia già ampiamente trattato in precedenti accordi richiamati nel presente articolo. La sfida della flessibilità, ancora, sembra essere stata colta solo parzialmente, così come si è verificato per altri comparti del settore pubblico. Sono questi i temi che ad oggi ricorrono con particolare enfasi nei dibattiti sul rapporto di lavoro in generale e sulle sfide della flessibilità.
Allo stesso tempo però, lo stesso contratto assume un valore particolare se guardato nel quadro complessivo che identifica regioni e autonomie locali come le principali protagoniste di un processo di crescente decentramento amministrativo. Sarà al livello locale e decentrato della contrattazione che queste stesse sfide dovranno essere colte, e, per questo motivo, potrebbe essere interessante analizzare i risultati della contrattazione decentrata che ora si avvia presso ciascuno degli enti inclusi nel comparto.
[1] Non privo di quelle difficoltà che accompagnano i grandi cambiamenti, questo passaggio è contrassegnato da numerosi interrogativi sulle competenze legislative di Stato, regioni e comuni, soprattutto, ad esempio, nel settore agricolo, dell’energia o delle infrastrutture.
[2] Gennaio 2003, Monitoraggio sull’esercizio dei poteri del privato datore di lavoro nel comparto regioni e autonomie locali, a cura del servizio di contrattazione n.3 – disponibile on line al sito web www.aranagenzia.it nella sezione “Documentazione“