“Si vedono timidi segnali di ripresa, ma il settore delle costruzioni non sta intercettando il cambio di rotta”. Con queste parole Salvatore Bosco, vice presidente del Cnel, ha aperto il convegno, promosso dal sindacato di categoria FenealUil Nazionale, per presentare lo studio realizzato in collaborazione con il Centro studi Cresme “Il contratto di cantiere per l’ambiente costruito. Lavoro e impresa nelle costruzioni”.
Il segretario generale FenealUil Vito Panzarella, ha sottolineato come uno dei nodi centrali della crisi del settore sia l’esodo dei lavoratori attivi nel cantiere dal contratto edile ad altri contratti “meno costosi”. Secondo lo studio del sindacato, infatti, nel 2008 il 71,4% degli operai che operavano nelle costruzioni era iscritto in Cassa Edile, mentre nel 2014 si è scesi al 55,1%.
L’esodo avviene anche per la diversa tipologia di lavoro che viene effettuata all’interno del cantiere e di conseguenza un utilizzo di diversi contratti da parte delle varie imprese, come quello dei metalmeccanici, degli elettrici, dei servizi. Anche il mondo delle partite Iva penetra il settore delle costruzioni con percentuali rilevanti. Ma i registri delle imprese delle Camere di Commercio mostrano un universo ancora più ampio e molto più parcellizzato. Nel 2014, nel punto più basso della crisi delle costruzioni, nei registri delle Camere erano iscritte 861.744 imprese che operavano nel settore delle costruzioni, contro le 584.446 censite nel 2011 attraverso il censimento dell’Industria e dei servizi, ossia 277.298 imprese in più. Il salto è dato dal numero di imprese di costruzioni iscritte come artigiane nei registri delle Camere di Commercio, che sono 536.814 su 861.744 nel 2014.
Ma perché il contratto edile costa “troppo”, rispetto ad altri contratti? “Perchè garantisce diritti e tutele specifiche di un ambiente di lavoro più pericoloso degli altri. Il cantiere infatti –sottolinea Panzarella –è un mondo diverso. Per chi si avvicina per la prima volta a questo mondo, ad esempio, sono previste 16 ore di formazione per la sicurezza, dato che si spostano materiali pesanti, i macchinari hanno bisogno di un attenzione particolare, si lavora ad altezze rilevanti”.
“Ma -come sottolinea Raffaele Fabozzi – professore di Diritto al Lavoro alla Luiss – non esistono diritti senza costi”. La soluzione del sindacato, quindi, sarebbe quella di un contratto collettivo di cantiere che dia omogeneità di trattamento a tutte le maestranze che operano nei cantieri. “Nessun contratto, però -ricorda Fabozzi- può essere ‘imposto’ ai lavoratori”.
Quindi il professore lancia un’altra soluzione, cioè l’applicazione indiretta del contratto edile: “Nel caso di un’azienda edile con dipendenti tutelati da diverse tipologie contrattuali, un giudice potrebbe prevedere oneri aggiuntivi che tutelino i lavoratori a 360°. In questo modo verrebbero mantenuti gli altri contratti ma, allo stesso tempo, verrebbero garantiti ai lavoratori i diritti e le tutele necessari ad operare in un cantiere”.
Carmelo Barbagallo chiude il convegno sottolineando come i progressi in Italia siano lenti, non solo nell’ambito edile, ma nello sviluppo del paese in generale: “Mentre in America fanno ricerca e innovazione, spingendo verso lavori sempre più avanzati dal punto di vista tecnologico, qui a Roma siamo ancora alla banda, non so se larga ma sicuramente una banda c’è”.
Emanuele Ghiani