Angelo Stango – Responsabile delle relazioni industriali gruppo Merloni
La Merloni Elettrodomestici nel gennaio di quest’anno aveva deciso di fare ulteriori investimenti nello stabilimento di Comunanza al fine di aumentarne la competitività attuale e mettere le basi per ulteriori sviluppi. Lo stabilimento, con i suoi 750 dipendenti, è in provincia di Ascoli Piceno, provincia ad alto tasso di disoccupazione, e produce lavatrici, esportando principalmente in Europa e nei Paesi dell’Est.
La scelta di investire a Comunanza era dovuta al fatto che le maestranze avevano sempre risposto positivamente alle sfide che derivavano dai mercati, con uno spirito critico/costruttivo, ed i risultati ottenuti hanno reso, negli anni, lo stabilimento leader nella produzione delle lavatrici (1.150.000 pezzi/anno).
La nuova sfida proposta al sindacato prevedeva:
– 4,8 min € per l’incremento della capacità produttiva;
– 4,5 min € per lo sviluppo di una nuova piattaforma prodotto;
– da subito 120 assunzioni, di cui 36 a tempo indeterminato;
– organizzare la produzione su 6 giorni lavorativi e su più turni:
– verifiche periodiche sull’andamento di tale organizzazione.
Il confronto con la Rsu ed i segretari territoriali di Fim, Fiom, Uilm e Ugl, normalmente sempre molto aperto e costruttivo, si è presentato da subito irto di difficoltà ed incomprensioni, dovute principalmente al fatto che l’azienda aveva l’urgenza di implementare tale piano e che le organizzazioni sindacali erano alle prese con una serie di problemi quali:
– rinnovo del contratto integrativo (firmato unitariamente il 14.3.2003);
– rinnovo della Rsu (avvenuto alla fine di marzo);
– conflittualità tra la triplice e l’Ugl;
– rinnovo del Ccnl;
– impatto della nuova organizzazione in un paese di tremila anime.
Dopo vari incontri, il 3 aprile fu siglata un’ipotesi di accordo con i sindacati ad eccezione dell’Ugl, da sottoporre ad approvazione delle maestranze tramite referendum. L’ipotesi di accordo fu respinta per 12 voti, ma era mancato il tempo per chiarire ai lavoratori i termini reali dei problemi che l’accordo intendeva affrontare e risolvere. L’azienda, da una parte prendeva ufficialmente atto della volontà delle maestranze, pur riservandosi un tempo ragionevole per una maturazione del problema e quindi muovendosi in tal senso, dall’altra si attivava nel preparare soluzioni alternative, per indirizzare l’investimento presso un altro stabilimento.
Al tempo stesso le forze politiche locali e i sindacali confederali si impegnavano, anche attraverso i quotidiani locali, per rendere possibile una riconsiderazione dell’intera vicenda e non perdere l’opportunità che veniva offerta al territorio. Questo impegno favoriva la nascita, all’interno dello stabilimento, di un comitato spontaneo per raccogliere firme favorevoli all’approvazione dell’accordo, e nel giro di due giorni le adesioni erano quasi 500 su 750.
Sulla base di tale iniziativa veniva indetto un nuovo referendum, che recepiva, a larga maggioranza, l’ipotesi di accordo.
Le considerazioni che si possono trarre da questa vicenda riguardano, prima di tutto, il fatto che, pur nella conflittualità, mai devono venir meno il dialogo, basato sulla trasparenza e la fiducia, e la volontà di trovare delle soluzioni. E’ questo l’unico modo per superare le difficoltà che derivano dal non capire fino in fondo la realtà dei problemi e quindi individuare le risposte razionali e giuste, capaci di assicurare il consenso. Così abbiamo fatto a Comunanza, pur in presenza di tempi che non permettevano una maturazione naturale delle varie problematiche, e siamo riusciti a conquistare il consenso dei lavoratori.