Un sindacato nuovo. Capace di affrontare i problemi che stanno crescendo nel mondo del lavoro senza rinunciare alle bandiere di sempre. Anzi, valorizzandole, perché è partendo da quello che si è che si può crescere e, alla lunga, vincere. È la fotografia che esce dalla conferenza di organizzazione della Cisl che si è svolta in questi giorni a Roma. Un’occasione di approfondimento dei temi di fondo del mondo del lavoro, ma soprattutto il posto giusto per fare dei programmi fondati su due punti di partenza inderogabili, la consapevolezza delle proprie debolezze e la certezza che da queste si esce solo con una forte assunzione di responsabilità.
Dalla relazione di Annamaria Furlan, dai contributi che al dibattito hanno portato anche gli interventi di Maurizio Landini e Carmelo Barbagallo, esce nitida la fotografia di questo nuovo sindacato. Netta è la contrapposizione rispetto all’azione del governo in carica. La segretaria generale della Cisl è stata precisa nel denunciare i limiti di una politica che non ha molto interesse alla crescita, che si basa su un rapporto diretto tra il capo e il popolo, che non è interessata alla mediazione sociale, che porta avanti una cultura della frammentazione. Nessuna preclusione di principio, ovviamente: il sindacato, lo hanno ribadito tutti, parla sempre con tutti coloro che sono interessati ad ascoltare gli altri. E infatti tutti hanno ribadito che si andrà all’appuntamento con Matteo Salvini. Basta che non accada quello che è successo l’altro giorno a Palazzo Chigi, quando Giuseppe Conte ha convocato i sindacati, poi, quando se li è trovati di fronte ha chiesto loro cosa volessero. Lasciando gli interlocutori esterrefatti, perché la convocazione era partita dal Governo, e dunque pensavano che fosse il premier a voler dire loro qualcosa.
Ma soprattutto il sindacato ha chiarito di sentire il bisogno di una profonda azione di revisione del proprio modo di essere e di agire. Lo stesso slogan della conferenza di Roma chiariva le intenzioni. Recitava infatti: “Noi Cisl siamo nelle periferie, con i giovani, per il lavoro”. Annamaria Furlan ha insistito più volte sul bisogno di risindacalizzazione. “Dobbiamo andare di fronte al disagio -ha detto- per capire dove c’è bisogno di noi, dobbiamo essere sindacato di frontiera, spenderci soprattutto sulle prime linee, quelli di noi che sono sul fronte di questo disagio, per aiutare, per fare quello che deve fare il sindacato, aiutare le persone che sono in difficoltà”.
Non è nulla di diverso da quello che in fin dei conti il sindacato ha sempre fatto, ma, appunto, serve un tagliando al sindacato di oggi, una profonda azione per capire quello che si è fatto e come lo si è fatto, individuando quali sono stati i punti di caduta per poter intervenire e rimediare. Il sindacato ha i suoi atout da giocarsi in questa che è una vera guerra se la si vuole combattere fino in fondo. Ha dalla sua la grande schiera dei delegati, presenti in massa in tutte le fabbriche, pronti a portare avanti le parole d’ordine delle organizzazioni. Un esercito che solo per Cisl arruola oltre centomila persone, che diventano più di duecentomila, forse duecentocinquantamila se si contano non solo i delegati, ma anche quelli che si sono presentati per divenire delegati. È la vera forza del sindacato, l’ossatura di fondo che consente di fare programmi ambiziosi e realizzarli. Importante è dare loro un obiettivo, motivarli per arrivare a cogliere i risultati scelti. Nella consapevolezza che è la rappresentanza il vero motore per rimediare ai danni della società, perché solo in questo modo è possibile capire fino in fondo quali sono le priorità.
I delegati, dunque, ma anche una più forte unità tra le tre confederazioni. Una conferenza di organizzazione è la sede in cui si celebra soprattutto l’identità di un’organizzazione e così è stato anche per la Cisl, che ha insistito a lungo sui suoi valori, sul suo ruolo nel mondo del lavoro, sulla sua capacità di affrontare i problemi nascosti del mondo del lavoro. Questo non ha impedito a Landini di rimarcare il bisogno che tutto il sindacato ha di trovare nuova unità. L’unità, ha spiegato il segretario generale della Cgil, non comporta la cancellazione delle identità: al contrario di queste deve pascersi, perché l’unità deve mantenere la forza di ciascuna organizzazione proprio per essere più compatta e più forte. Importante, lo ha affermato anche Carmelo Barbagallo, è cominciare da subito a fare delle cose: dobbiamo muoverci adesso, ha detto, abbiamo perso già troppo tempo. Landini ha ricordato una frase di Don Gallo, secondo il quale “nessuno si libera da solo, ci si libera solo tutti assieme”. L’occasione da cui partire potrebbe essere quella di unificare le Rsu nei grandi posti di lavoro, gli aeroporti, gli ospedali, i centri commerciali. Quei luoghi dove tante persone si trovano a lavorare gomito a gomito, facendo lo stesso mestiere, ma spesso avendo contratti e quindi diritti diversi. Facciamo qualcosa, ha detto Landini, ma facciamolo subito.
Massimo Mascini