Questa sera grande gala delle relazioni industriali alla foresteria di Confindustria in via Veneto. Si firma l’accordo per la nuova contrattazione e ci saranno proprio tutti. Anche Guglielmo Epifani e la delegazione della Cgil, anche se lui poi non formerà l’accordo, dal quale continua a dissentire. Ci saranno tutti gli altri, contenti di mettere la parola fine a un capitolo difficile delle loro organizzazioni.
Il punto è che firmare quell’atto sarà cosa semplice. Il difficile verrà dopo, quando cominceranno le trattative nei vari settori. Allora saranno dolori. I primi a soffrire potrebbero essere quelli delle categorie che hanno già presentato le piattaforme rivendicative, ma non hanno ancora avviato le trattative. Cioè alimentaristi e tlc. Secondo l’ultimo comma dell’accordo, che pubblichiamo in documentazione, ma che è praticamente uguale alla bozza che pubblicammo due settimane fa, rientrano anche queste categorie nelle nuove regole, proprio perché il negoziato vero e proprio non è iniziato.
In realtà sembra difficile che queste categorie siano costrette a ricominciare tutto daccapo, specialmente gli alimentaristi, che hanno lavorato assieme molto e duramente per mettere a punto le richieste da presentare alla controparte, che peraltro le condivide, almeno nella loro impostazione. E’ più che possibile allora che per queste categorie si passi direttamente alla trattativa e magari si arrivi in fretta a una firma che chiuda la vicenda.
Sarebbe importante per tutti, perché per le altre categorie si addensano all’orizzonte nubi molto nere. E per non far finta di niente Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom, il sindacato dei meccanici della Cgil, ha già scoperto le sue carte affermando che presenterà le sue richieste per il prossimo contratto di categoria solo tra settembre e ottobre. Le nuove norme affermano infatti che la piattaforma deve essere presentata sei mesi prima della scadenza del vecchio contratto, quindi entro il prossimo giugno. Ma la Fiom non riconosce queste nuove norme e quindi, considerando che a fine anno scade il primo biennio economico, presenterà le richieste solo economiche e solo tre mesi prima della scadenza, come si faceva fino a ieri. Fim e Uilm invece si atterranno alle regole appena firmate e presenteranno le loro richieste, se ci riusciranno, entro giugno. In realtà, le altre categorie della Cgil sono su posizioni molto più morbide e tutti vogliono provare a fare piattaforme unitarie, pur senza rinunciare ai punti essenziali di dissenso nei confronti del modello firmato da Cisl e Uil. Solo la Fiom è su posizioni molto rigide, ma resta il fatto che quella dei metalmeccanici resta la categoria più rappresnetativa e più esposta.
A questo punto l’attenzione generale si concentra proprio sui meccanici, per i quali al problema delle richieste, difformi per le tre federazioni, si aggiunge il problema dei tempi sfalsati, molto pericoloso soprattutto per il sindacato, perché è evidente che, in presenza di piattaforme separate e presentate in tempi diversi, sarà la controparte padronale a decidere quando e con chi trattare il rinnovo del contratto di categoria. E una volta firmato un accordo, sarebbe poi molto difficile portare la categoria a una nuova trattativa, a un braccio di ferro dagli esiti incerti, se non già scontati.
Insomma, è proprio quello che non ci voleva, in presenza di una crisi dura che mette tutti a confronto con i propri problemi di fondo. Nessuno tra gli imprenditori vorrebbe dei problemi, né le aziende che sono ancora nelle difficoltà, perché non possono permettersi un braccio di ferro, né soprattutto quelle che invece cominciano a intravedere qualche spiraglio di luce e non possono assolutamente correre il rischio di perdere l’aggancio al treno che li porti fuori dalle difficoltà.
Tanto acuta è la situazione che si fa sempre più forte, e trova consensi, l’idea di una qualche forma di moratoria, almeno per i meccanici, la categoria più a rischio. Se, proprio sulla considerazione della crisi, per non parlare dell’emergenza terremoto, si riuscisse ad addivenire a qualche stratagemma per rinviare di uno o due anni il rinnovo del contratto, prevedendo naturalmente un indennizzo salariale per i lavoratori, i guai sarebbero dimenticati.
Anche perché se si desse un respiro di 12 o 24 mesi, si avrebbe anche il tempo per superare questa situazione difficile tra le tre confederazioni, tra le quali il solco sembra aprirsi ogni giorno di più, anche proprio perché la scadenza contrattuale incombe. Ci sarebbe il tempo per verificare l’evoluzione dei rapporti politici nel paese e gli equilibri interni a ogni partito, si potrebbero riprendere in considerazione altre formule contrattuali. Insomma, si aprirebbe un altro capitolo senza che ne sia già definita la conclusione.
Possibile, non possibile? Le relazioni industriali sono fatte di tanto pragmatismo, da sempre, i problemi che si pongono nei rapporti di lavoro vanno risolti e non inaspriti. Un po’ di buon senso non farebbe male a nessuno.
Massimo Mascini
15 aprile 2009
























