Giuliano Ferrara ha aperto il fuoco su Confindustria. Uscito di scena per la corsa alla presidenza dopo Luca Cordero di Montezemolo il candidato che lui preferiva, Alberto Bombassei, proprietario della Brembo, ha escluso che la candidata rimasta in lizza, Emma Marcegaglia, sia all'altezza del compito per il quale si sta adoprando. Non si tratta di una vera imprenditrice, ha detto, è solo figlia di un imprenditore, non si è fatta le ossa in fabbrica, ma nei corridoi di Confindustria. Ha studiato molto come rappresentante degli imprenditori, ma è altra cosa. E' donna, è giovane, ma non basta. In queste condizioni, gli viene da dire, meglio chiudere la Confindustria. Lui vorrebbe un bell'imprenditore di quelli di una volta, come furono Lucchini, Merloni, Pininfarina (curiosamente il padre, il figlio non lo prende in considerazione). E, oltre a quello di Bombassei, fa il nome di Fedele Confalonieri.
La malizia farebbe credere che in fin dei conti sia questo il vero candidato di Ferrara, e molti del resto fanno fatica a pensare che Berlusconi, che già affanna con i suoi alleati ed ex-alleati per mettere in piedi una maggioranza che lo faccia tornare a Palazzo Chigi, sia contento di trovarsi alla guida di Confindustria qualcuno che sia contro di lui, comunque non vicino come certamente è Confalonieri. Ma questo, appunto, è un pensare malizioso, che non ci appartiene.
Più interessante invece cercare di capire perché la Marcegaglia non gli vada bene e se poi questo suo ragionamento sia valido oppure no. Dice Ferrara, ma non solo lui, che Confindustria con lei alla guida sarebbe la brutta copia di quella attuale, e comunque non servirebbe a nulla. Cerchiamo di capire. Montezemolo ha una fortissima personalità, è una macchina di comunicazione come forse solo lo stesso Berlusconi, è riuscito a superare le difficoltà interne pesantissime che il cavaliere gli aveva creato, tanto che ha davvero tutti gli imprenditori con sé, almeno fino a quando non scenderà in politica. Chiunque venga dopo di lui, avrà la strada in salita. Il compito sarà durissimo, perché il paragone sarà immediato per tutti, anche per i più indulgenti. Marcegaglia o Bombassei, la situazione non cambierebbe, il gap non scomparirebbe mai. Meglio, allora, abituarsi a convivere con una situazione di minore appeal.
Ma il punto è un altro, è che il presidente di Confindustria non deve avere appeal. Può averlo per sue caratteristiche personali, ma non gli è necessario per svolgere il lavoro che deve fare. Il presidente di Confindustria deve rappresentare gli interessi dei suoi associati, cercando di far sì che questi interessi non cozzino contro quelli dell'intera nazione. Perché se così facesse scadrebbe nel corporativismo, mentre se persegue gli interessi dei propri associati con l'occhio e la mente attenti all'interesse generale svolge azione politica di alto livello e fa sì che gli imprenditori siano davvero, come devono essere, parte della classe dirigente del Paese.
Ma per rappresentare gli interessi della classe imprenditoriale non bisogna avere necessariamente anni di fabbrica sulla schiena. Bisogna sapere davvero cosa serva all'impresa, come occorra muoversi nel labirinto della politica e delle istituzioni per rappresentare al meglio questi interessi, e costruirsi una squadra forte che dia i consigli e gli aiuti giusti per cogliere l'obiettivo di fondo. Non si deve strizzare l'occhio al potente, non si deve dare di gomito al presidente di turno, non si deve cercare di fare affari e affarucci, anche solo politici. Si deve svolgere il ruolo di rappresentante al meglio, alla luce del sole, come dovrebbe essere in una democrazia avanzata e come purtroppo non è sempre da noi.
Io non so se la Marcegaglia sarà una buona presidente. Dice chi la conosce che è molto capace, preparata, attenta. Che studia con grande attenzione prima di decidere come muoversi. Potrebbero essere doti molto importanti. Dice Ferrara che ha frequentato troppo i corridoi di Confindustria. Ma non è davvero questa l'ora dei dilettanti. Uno o una buona professionista può essere la carta vincente di Confindustria e così, forse, del Paese.
Altra cosa è capire se l'attuale struttura di Confindustria sia valida oppure no. Sempre, ovviamente, a rappresentare quegli interessi. C'è da dire che Confindustria è lo specchio dell'imprenditoria, come il sindacato lo è della classe lavoratrice e la politica in generale del Paese. Se c'è qualcosa da cambiare saranno gli imprenditori nel loro insieme a deciderlo. E comunque non basta mai uno o più imprenditori illuminati. Una volta era sufficiente che si muovessero Agnelli e Pirelli (e scusate se è poco) e un gruppetto di giovani imprenditori. Ma la nostra società non è più quella, è divenuta complessa, sempre di più. E un rinnovamento vero, profondo, può venire solo dall'imprenditoria nel suo insieme. E in questi casi è sempre meglio avere una presidenza leggera, che non incida sul risultato finale più di tanto. Che agevoli la conclusione di un lavoro, non lo caratterizzi a propria immagine e somiglianza. Perché fatto così sarebbe un rinnovamento di facciata, quindi inutile.
Massimo Mascini


























