Il negoziato interconfederale sugli assetti contrattuali è finito come tutti si aspettavano che finisse. Si è deciso di lasciar perdere, in attesa formalmente che il sindacato sia d’accordo su come presentarsi al tavolo nel momento in cui si tratteranno le cose più importanti, in realtà per guardare prima di muoversi come va a finire la partita elettorale. Gli equilibri politici del paese sono certamente importanti per il mondo del lavoro, ma in questo modo si è persa davvero una bella occasione.
Le parti sociali si trovavano infatti in una situazione di estrema libertà, quasi irripetibile. Senza forze politiche, senza Governo, ma spinte dalla situazione economica sempre più traballante a dispetto di ogni ripresina del passato, e da una richiesta corale di tutte le categorie per rinnovare un impianto che non rispondeva più alle esigenze del sistema. In questa situazione le parti sociali avrebbero potuto mettersi rapidamente d’accordo, e del resto le posizioni non sono molto distanti tra loro, anzi per lo più collimano, e presentare al prossimo governo una soluzione che questo difficilmente avrebbe potuto poi ignorare, quale che fosse la sua identità, il suo colore partitico.
Invece si è voluto far cadere questa opportunità, che non si ripresenterà molto facilmente. Perché tra qualche mese molte cose saranno cambiate. Ci sarà un nuovo governo e questo, di quale parte politica sia espressione, non potrà non essere un protagonista della nuova trattativa, con quanto di positivo, ma anche di negativo ciò possa comportare. Ci sarà un nuovo presidente di Confindustria e tutti sappiamo bene quale era la determinazione di Montezemolo nel cercare questo accordo, mentre tutti ignorano cosa poi la Marcegaglia voglia e possa fare, nonostante il suo vice Bombassei resterà alla guida delle relazioni industriali di Confindustria per i prossimi anni. E poi c’è Confcommercio che spinge per avere un ruolo in questo campo, e ancora il nuovo soggetto che nascerà dalla fusione di Abi e Ania. E così via. Insomma, il mondo cambierà e tutto diventerà più difficile.
Ma soprattutto ora c’è il rischio di un imbarbarimento delle relazioni industriali. Nessuno ha scordato la minaccia che venne dal mondo dell’industria alla vigilia della conclusione della vertenza per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Dissero allora in tanti, il presidente Massimo Calearo per primo, che in assenza di un accordo il fronte imprenditoriale non avrebbe atteso ancora, ma avrebbe provveduto a mettere direttamente in busta paga gli aumenti unilateralmente decisi.
Una prospettiva rovinosa, la fine delle relazioni industriali che abbiamo conosciuto in questi sessanta anni di vita democratica del paese, l’oscuramento della funzione sindacale, l’indebolimento dei lavoratori, privi della loro rappresnetanza.
Quella possibilità non è tramontata. Bombassei due giorni fa proprio questo ha fatto capire, che la pazienza è arrivata al limite e che se non si vuole un accordo, qualche soluzione ai problemi si deve trovare comunque, anche unilaterale se la bilateralità non è più di moda. Tutti sperano che così non vada a finire, che dopo le elezioni ci sia spazio per un nuovo accordo. Ma forse la cosa migliore sarebbe quella di rispondere positivamente all’appello di Raffele Bonanni e lunedì trovarsi attorno a un tavolo per un accordo veloce che sani questa frattura, che fa davvero paura.
14 marzo 2008
Massimo Mascini
























