Tre miliardi ottocento milioni: ecco il ‘’bottino’’ per le casse dello Stato ottenuto dal rientro dei capitali, in gergo voluntary disclosure. L’operazione, avviata un anno fa con la legge n. 186/2014, si è chiusa alla mezzanotte del 30 novembre scorso. Il punto sui risultati e’ stato fatto oggi in una conferenza stampa al ministero dell’Economia, cui hanno partecipato, tra gli altri, il viceministro Luigi Casero e il direttore dell’Agenzia delle Entrate Raffaella Orlandi. I 3,8 miliardi di gettito fiscale, al netto degli interessi, sono dovuti alle dichiarazioni volontarie di 129 mila soggetti, che si sono autodenunciati come detentori di capitali illeciti all’estero. Nel complesso, le attivita’ per le quali e’ stata chiesta la regolarizzazione ammontano a circa 60 miliardi:meno di un terzo rispetto ai 180-200 miliardi che, secondo le stime di Bankitalia, rappresentano il reale valore dei patrimoni imboscati all’estero da proprietari italiani.
Delle 129.565 istanze trasmesse, 127.348 riguardano la disclosure internazionale, 1.507 quella nazionale, ossia la regolarizzazione di capitali detenuti in Italia ma non dichiarati, e 710 entrambe. Degli oltre 59,5 miliardi di euro di attività svelate al Fisco, quasi il 70% (circa 41,5 miliardi) proviene dalla Svizzera, che una volta di piu’ si rivela la cassaforte segreta dei capitali neri italiani.
Seguono Principato Di Monaco (7,7%), Bahamas (3,7%), Singapore (2,3%), Lussemburgo (2,2%) e San Marino (1,9%).
Le domande di adesione, come gia’ detto, sono state 129mila, di cui 66mila solo negli ultimi due mesi .Le istanze sono state inviate da contribuenti residenti in tutte le regioni italiane, dalle 63.580 della Lombardia alle 88 della Basilicata. Più di 28mila domande riguardano attività di importo complessivo tra 300mila e 3 milioni di euro; circa 23mila sono relative a importi compresi tra 60mila e 150mila euro, mentre sono state presentate 326 istanze per la fascia più elevata, quella relativa ad attività di valore superiore a 15 milioni di euro
La volontary disclosure, sottolineano le Entrate, non e’ pero’ una sanatoria fiscale, anzi. Aderendo alla procedura il contribuente è tenuto a versare integralmente le imposte e gli interessi, con la riduzione delle sole sanzioni. Uno sconto, in ogni caso, non da poco, tenendo conto che in alcuni casi le sole sanzioni possono pesare per il 400% della somma sottratta al fisco. Inoltre, il contribuente di fatto autodenuncia la propria posizione fiscale, che viene inevitabilmente posta al setaccio dell’Amministrazione finanziaria. L’Agenzia delle Entrate avra’ infatti un anno intero di tempo (fino a dicembre 2016) per spulciare una per una tutte le richieste di adesione, scoprendovi eventuali magagne.
Nel dettaglio, il valore delle attività emerse con la procedura di disclosure ammonta a 59.578.928.219 euro, il gettito dalla regolarizzazione viene valutato in base alle istanze intorno ai 3,8 miliardi. Considerando gli interessi, l’introito finale potrà facilmente raggiungere circa 4 miliardi. Alla stima, prudenziale, dei 3,8 miliardi si giunge sommando le seguenti voci: imposte sui redditi per oltre 704 milioni, imposte sostitutive per circa 1,2 miliardi, Iva per più di 54 milioni, Irap per quasi 34 milioni di euro, ritenute per oltre 15 milioni e contributi per 96 milioni. A questi importi si aggiungono sanzioni relative a violazioni della normativa sul monitoraggio fiscale per 1 miliardo e 379 milioni di euro e altre sanzioni per oltre 322 milioni di euro.