Il welfare aziendale entra nella sua fase adulta. È questo lo scenario tratteggiato dall’edizione 2024 del rapporto Welfare Index Pmi promosso da Generali e presentato a Roma.
Un’indagine, giunta alla sua ottava edizione, e che copre un campione di 7.000 imprese medio-piccole. I numeri parlano di un welfare in continua crescita, nel 2016 le realtà con un alto livello di welfare erano il 10% oggi sono il 33%, e strategico, non solo come strumento remunerativo e compensativo per i dipendenti, ma anche per l’appeal e il benessere economico aziendale e con ricadute sempre più significative anche sul territorio.
Un welfare ancor più trasversale, che abbatte gli ostacoli legati alla dimensione dell’impresa, alla sua collocazione geografica e al settore di riferimento. I dati ci dicono, infatti, che ormai quasi l’80% delle aziende può contare su una presenza del welfare che non si limita alle semplici disposizioni contenute nei contratti collettivi nazionali, ma che si traduce in iniziative autonome da parte dell’azienda stessa.
Tra le dieci aree di azione, sanità, pari opportunità, lavoro e valorizzazione delle persone e giovani sono quelle nelle quali il welfare è più richiesto e i suoi benefici si fanno maggiormente sentire. Così non solo sanità integrativa, ma il 31% delle imprese offre anche servizi e assistenza. Una necessità cresciuta tanto sulla spinta della crisi pandemica, ma anche per le forti difficoltà che le famiglie, in virtù della loro nuova composizione dovuta al calo demografico, riscontrano nell’assolvere ai compiti di cura.
Il welfare è anche motore per il raggiungimento della parità economica e professionale tra donne e uomini. Dove ci sono piani di welfare consolidati, le donne in posizioni apicali sono quasi il 39%, rispetto al 29% di quelle realtà dove il welfare è ancora poco presente. I motivi vanno ricercati in una maggior ricchezza di strumenti per il sostegno alla natalità, al work life balance e alla cura dei figli, indirizzati tanto alle donne che agli uomini.
E nell’epoca dove le imprese faticano a trovare manodopera e competenze, il welfare diviene un elemento di attrazione. Dove questo è molto diffuso, il rapporto parla di un saldo positivo tra assunzione e uscite, pari al 44,2%, rispetto al 26% che si registra nei luoghi di lavoro con piani di welfare embrionali. E il welfare si traduce anche in un forte ascensore sociale per i giovani, perché quelle imprese con un welfare solido trasformano il 41% degli stage in assunzioni stabili, rispetto al 14% dove i sistemi di sostegno economico e sociale pensanti per i dipendenti più fragili.
Tommaso Nutarelli