Zohran Mamdani, 34 anni, deputato statale di origini indiane nato in Uganda, è stato eletto 111mo sindaco di New York, il musulmano e sud-asiatico, cavalcando un’ondata storica di entusiasmo che segna un cambio generazionale e ideologico nella più grande città degli Stati uniti. L’Associated Press ha dato la vittoria appena 35 minuti dopo la chiusura dei seggi, certificando una sorprendente corsa iniziata con le primarie democratiche di giugno, quando Mamdani aveva già sconfitto nettamente l’ex governatore Andrew Cuomo, erede di una dinastia politica newyorkese, nonostante il sostegno dei super PAC finanziati dai grandi donatori come Michael Bloomberg e Bill Ackman. “Questa campagna era una battaglia giusta e sono orgoglioso di ciò che abbiamo fatto insieme”, ha detto Cuomo nel suo discorso di concessione.
La partecipazione è stata la più alta dagli anni Sessanta, con oltre 2 milioni di votanti, quasi il doppio rispetto alle precedenti elezioni comunali. Mamdani è il primo candidato dopo John Lindsay, nel 1969, a superare il milione di voti in una competizione per il sindaco; ha ribaltato i pronostici nei quartieri popolari, vincendo nel Bronx con 11 punti di vantaggio e imponendosi in aree storicamente difficili per i progressisti, come Brownsville, dove ha superato Cuomo di 18 punti. I risultati di martedì, dunque, hanno confermato la capacità del primo sindaco Millennials di New York di costruire una nuova coalizione democratica, unendo i giovani elettori ai quartieri di immigrati della classe lavoratrice nel Queens, e guadagnando consensi anche tra le comunità afroamericane e latinoamericane.
Con il suo programma incentrato su equità sociale, casa e servizi pubblici, Zohran Mamdani si presenta come il volto di una nuova sinistra urbana che promette di ridisegnare il futuro politico di New York. Con la mano sul cuore e un sorriso ampio, il neoeletto sindaco di New York è salito sul palco del Paramount Theatre di Brooklyn per pronunciare il suo primo discorso da vincitore, citando uno dei padri del socialismo americano: “Come disse Eugene Debs, vedo l’alba di un giorno migliore per l’umanità”. “Sono giovane, musulmano, un socialista democratico. E, cosa forse più grave per alcuni, non ho alcuna intenzione di scusarmi per questo”, ha detto tra gli applausi.
Il discorso, durato circa 25 minuti, è stato un misto di sfida e speranza. Mamdani ha celebrato la caduta di “una dinastia politica”, riferendosi a Cuomo, ma ha anche dedicato parole di gratitudine ai lavoratori e agli immigrati di New York: “Alle mani callose dei rider, alle nocche bruciate dei cuochi, alle abuelas messicane, ai tassisti senegalesi, ai droghieri yemeniti e alle infermiere uzbeke”.
Ha poi rivolto un messaggio diretto al presidente Donald Trump, che nei giorni precedenti aveva invitato i newyorkesi a votare per Cuomo e minacciato di tagliare i fondi federali alla città in caso di vittoria di Mamdani. “Donald Trump, so che mi stai guardando. Ho quattro parole per te: alza il volume”, ha detto il nuovo sindaco, definendo l’ex presidente “il simbolo dei cattivi padroni di casa e della cultura della corruzione” e promettendo che New York mostrerà al mondo “come si sconfigge un despota”.
Tra cori e slogan scanditi dal pubblico, Mamdani ha elencato le sue priorità: “Insieme, New York, congeleremo gli affitti!”, ha gridato. “Rendere i bus veloci e gratuiti! Offrire assistenza all’infanzia universale!”.
“Il nostro sarà un grande progetto, ma non sarà astratto”, ha concluso. “Sarà la dimostrazione concreta che una città diversa è possibile”.



























