A proposito del Primo maggio, è giusto ricordarne uno molto particolare. Era il 1987 e Cgil, Cisl e Uil decisero di organizzare la manifestazione nazionale, che ogni anno si svolgeva in una città diversa, nel mezzo della campagna siciliana, su un territorio desolato e bruciato dal sole, dove non c’era praticamente nulla se non qualche ricovero per le pecore. Insomma, a Portella della Ginestra, nella Piana degli albanesi. E la fecero proprio li perché, quarant’anni prima, il bandito Salvatore Giuliano e i suoi sgherri, pagati e aizzati dai latifondisti mafiosi, compirono una vera e propria strage dei contadini che si erano limitati e festeggiare il Primo maggio rivendicando il loro di diritto alla terra. Undici furono i morti.
Quarant’anni dopo non c’era molta gente sulla quella terra inospitale, certo non eravamo in piazza San Giovanni a Roma o in quella del Duomo a Milano: un po’ di dirigenti e militanti sindacali, e un gruppetto di giornalisti. Un evento poco mediatico forse, ma molto simbolico.
Soprattutto per un particolare che restò negli occhi di tutti: un gruppo di africani, saranno stati venti o trenta, con le bandiere della UIL: non era ancora il tempo dell’immigrazione di massa, non si parlava degli sbarchi, non c’erano Meloni e Salvini, però gli immigrati c’erano e lavoravano nei campi, oppure nelle cucine dei ristoranti o nelle case a fare da badanti agli anziani malati. Ma il sindacato allora diretto da Giorgio Benvenuto fu il primo a intuire che quella degli immigrati sarebbe stata – o avrebbe potuto essere – la nuova frontiera del lavoro e, quindi, della rappresentanza sindacale.
Non andò così però; il sindacato confederale non ebbe la forza o il coraggio o la capacità di proporsi come punto di riferimento per quei lavoratori abbandonati a sé stessi, senza una casa, senza un lavoro se non alla giornata, senza diritti e nelle mani dei caporali altrimenti detti mercanti di schiavi. Peccato, fu un’occasione persa dai sindacati ma anche dai partiti della sinistra, che per paura della cosiddetta opinione pubblica e delle urla belluine della destra, non ebbero il coraggio di organizzare e tutelare masse popolari che via via sarebbero cresciute, come poi si è visto. Avrebbero potuto, sindacati e sinistra, aprire una nuova frontiera nel mondo del lavoro.
Invece niente, hanno lasciato che gli immigrati si organizzassero da soli, quando e dove ci sono riusciti, e soprattutto restassero a vivere in baracche fatiscenti, sfruttati e spesso malmenati dai loro padroncini.
Fatte le debite differenze, è un po’ la stessa cosa che è accaduta con i giovani, le partite Iva, e tutti coloro che non erano e non sono lavoratori dipendenti o pensionati. Un modo come un altro per non guardare oltre il proprio naso e condannarli, sinistra e sindacati, e una lenta ma inesorabile scomparsa o quasi.
Riccardo Barenghi