Parte oggi il confronto sindacati-imprese sulla riforma dei contratti e Sacconi ha già illustrato la sua visione delle relazioni industriali. Marigia Maulucci, segretario confederale della Cgil, qual è il suo giudizio?
E’ stata una provocazione. Il ministro ha usato una durezza di toni esagerata: non si può continuare a parlare di mercato del lavoro attraverso i proclami, perché rischiano solo di militarizzare il dibattito e portare gravi conseguenze negative.
Quali?
La rottura dell’unità sindacale, con l’effetto di ghettizzare la Cgil. Sacconi ha sbagliato nel merito e nei tempi, dato che alla vigilia di un confronto così delicato il Governo doveva allentare la tensione. Invece è caduto nell’accusa che di solito muovono a noi: assumere una posizione ideologica.
Quando Sacconi parla di “poderosa deregolamentazione” sembra superare anche la linea di Confindustria.
Sono d’accordo. L’Esecutivo vuole favorire lo sviluppo delle aziende, ma in una democrazia avanzata le relazioni industriali non crescono senza regole: a prescindere dalla qualità, queste sono comunque un elemento fondamentale di garanzia per lavoratori e imprese.
Per le imprese?
Certo. Un sistema deregolato non porta vantaggi ai datori perché sposta la competizione in basso, sul piano della riduzione dei costi. E’ successo in Europa e abbiamo visto che non funziona: si tratta di un modello superato, fuori dalla Storia, perchè attualmente si può migliorare solo puntando sui fattori qualitativi.
Bonanni invita a non ascoltare le sirene del Governo, cosa ne pensa?
Difficile non rispondere all’attacco di Sacconi. Apprezziamo la posizione della Cisl, che tra le righe critica questo metodo, ma Bonanni poteva rivolgersi direttamente al ministro e chiedere di evitare certe dichiarazioni. Soprattutto se inizia una trattativa così complessa, dove sarà fondamentale rispettare l’autonomia delle parti.
A proposito del confronto, in questo clima polemico rischia la tenuta unitaria?
Sono fiduciosa, penso che manterremo gli impegni del testo comune. Cgil, Cisl e Uil condividono molti punti, soprattutto in tema di contrattazione, vogliono aprire e chiudere il negoziato insieme. Per poi affrontare allo stesso modo la vertenza su salari e pensioni; d’altronde, la forza del sindacato nel Paese è direttamente proporzionale al suo tasso di unità.
10 giugno 2008
Emanuele Di Nicola
























