Raffaella Vitulano
E’ stato un fin de semana intensissimo, quello appena trascorso, e il presidente spagnolo Aznar dovra’raccogliere molti cocci, oltre a celebrare i dubbi fasti di un vertice che ha dato il via libero ad una lotta europea senza precedenti contro l’immigrazione clandestina, spianando la strada ad eventuali misure sanzionatorie nei confronti dei paesi che non collaboreranno adeguatamente nel frenare gli illeciti.
I cocci principali sono quelli che dovra’ raccogliere nelle strade, nelle piazze, dovuti alla rottura definitiva del dialogo sociale con i sindacati, che nessun vinavil potra’ facilmente recuperare. “Aznar dovra’ implorarlo, ora, il dialogo sociale” tagliano corto i sindacati Ugt e Comisiones Obreras, che da qualche giorno hanno avviato col governo anche una guerra di cifre sull’adesione allo sciopero generale, da loro considerato un vero successo, contrariamente al disastro descritto da Aznar. Le cifre sono molto distanti. I sindacati parlano di adesione dell’84% , il governo del 16%.
Dal quartier generale della Ugt a Calle Hortaleza si stima che lo sciopero generale ha avuto un seguito di oltre 10 milioni di persone che hanno paralizzato i piu’ importanti settori industriali del paese, come trasporti e costruzioni, mentre sarebbero stati almeno 4 i milioni di spagnoli scesi nelle piazze delle principali citta’ in segno di protesta contro le misure del governo. Dura la critica di chi, come la Confindustria spagnola, la Ceoe, replica alle organizzazioni dei lavoratori che “uno sciopero non puo’ essere considerato un successo quando non incide affatto in settori chiave della nuova struttura economica, come l’informatica, il commercio e i servizi” e quando “i sindacati restano ancorati al passato mentre la classe lavoratrice segue il progresso”.
Ma i segretari generali di Ugt e Comisiones Obreras non battono ciglio di fronte a chi sostiene che “la loro sinfonía seduttiva con cui s’appellarono al solenne diritto di sciopero aveva poche possibilita’ reali di seguito” e spiegano ai giornalisti stranieri che Aznar dovra’ ora necesariamente riconsiderare il pacchetto di misure che includerebbero l’anticamera del licenziamento libero e la riduzione della tutela contro la disoccupazione. Il punto piu’ controverso resta la possibilita’ del taglio del sussidio a quei disoccupati che rifiutino un ‘lavoro adeguato’ nel raggio di 30 chilometri.
Il vertice di Siviglia sembra pero’ aver rafforzato nei suoi convincimenti il governo spagnolo, convintissimo a far da battistrada a quello britannico e a quello italiano. “Vogliamo una política economica mirata a creare occupazione, a riformare e a liberalizzare i mercati e aprire all’estero. Oggi siamo una delle economie piu’ aperte al mondo, piu’ dell’Italia, della Gran Breatgna, della Germania e della Francia. Questo ci ha gia’ permesso di generare negli ultimi sei anni 3,5 milioni di nuovi posti di lavoro” spiega il ministro degli Esteri Josep Pique’. “E’ naturale, le riforme generano resistenza, ma l’importante e’ andare avanti, senza abbandonare la linea del dialogo. La volonta’ del governo spagnolo e’ continuare la política degli ultimi sei anni, in cui abbiamo firmato con gli interlocutori sociali ben 13 accordi”.
Sindacati ingrati, allora, hanno sbattuto la porta in faccia al dialogo e alla trattativa? “Il governo Aznar deve comprendere le motivazioni dello sciopero generale, perche’ la societa’ si e’ pronunciata con chiarezza rifiutando la riforma del governo. In termini democratici, non e’ possibile rifiutare la richiesta di 10 milioni di lavoratori in sciopero, che hanno chiesto il ritiro di queste misure e l’avvio di un vero negoziato per migliorare la protezione sociale nel nostro paese e garantire i diritti dei lavoratori” e’ la loro replica inappellabile.