La Commissione europea ha deciso di affrontare il problema delle norme pensionistiche complementari che ostacolano la mobilità dei lavoratori dell’UE che si recano a lavorare in un altro Stato membro o cambiano lavoro all’interno del loro Stato membro. La decisione della Commissione di avviare la consultazione formale delle parti sociali è il primo passo di un’azione dell’UE a favore dei lavoratori che sono obbligati a cambiare regime pensionistico quando cambiano datore di lavoro. Il documento di consultazione della Commissione analizza tre parametri chiave dei regimi pensionistici complementari: le norme sull’acquisizione e la conservazione dei diritti a pensione; le norme sul trasferimento dei diritti a pensione; le norme sull’affiliazione transfrontaliera ai regimi pensionistici (possibilità di mantenere lo stesso regime pensionistico quando ci si trasferisce per lavoro in un altro Stato membro). In particolare, la Commissione nota che, per quanto riguarda l’affiliazione transfrontaliera, il recente accordo politico che autorizza i fondi pensione paneuropei aiuterà i lavoratori che cambiano Stato membro per lavorare e potranno mantenere lo stesso regime pensionistico, ma che continueranno ad esistere gravi problemi per i lavoratori obbligati a cambiare il regime pensionistico. Gli europei sono già relativamente poco propensi a cambiare lavoro: nel 2000 solo il 16,4% dei lavoratori dell’UE occupava da meno di un anno il suo posto di lavoro, rispetto al 30% negli USA. Questa decisione fa parte della strategia della Commissione per eliminare gli ostacoli pratici che scoraggiano la mobilità dei lavoratori europei. Altre proposte recenti in questo settore prevedevano una tessera sanitaria europea e un sito Internet che fornisca informazioni sulle offerte di lavoro nell’UE.
Il Commissario Anna Diamantopoulou ha dichiarato: “La perdita dei diritti a pensione è un impedimento per il diritto alla libera circolazione dei lavoratori dell’UE e costituisce un ostacolo alla mobilità lavorativa e alla creazione di posti di lavoro. Solo una soluzione a livello europeo potrà risolvere questo problema, che rappresenta una grave difficoltà per un numero crescente di lavoratori nell’UE. Accordi come il recente consenso politico che autorizza i fondi pensione paneuropei sono importanti, ma non devono far dimenticare i gravi problemi che i lavoratori devono ancora affrontare quando sono obbligati a cambiare dal regime pensionistico di un’impresa ad un altro, anche all’interno del loro paese. Dobbiamo quindi riflettere attentamente su quanto va fatto nell’UE riguardo alle condizioni di acquisizione, di conservazione e di trasferibilità dei diritti a pensione complementare.
“Periodi di qualificazione eccessivamente lunghi per i diritti a pensione complementare comportano una riduzione dei diritti a pensione per i lavoratori migranti e una discriminazione delle donne, maggiormente propense a prendere periodi di aspettativa per ragioni familiari rispetto agli uomini. Un’architettura pensionistica di questo tipo non è più accettabile per motivi di parità ed è incompatibile con la crescente necessità di mobilità del mercato del lavoro odierno”.
Le azioni odierne
La decisione della Commissione dà l’avvio alla prima fase di consultazione formale delle parti sociali dell’UE sulla trasferibilità dei diritti a pensione complementare . La decisione si basa sul lavoro del Forum sulle pensioni, un comitato consultivo istituito nel 2000 per assistere la Commissione nella ricerca di soluzioni ai problemi legati alla mobilità transfrontaliera dei lavoratori nel settore delle pensioni complementari. La decisione presenta un quadro delle iniziative già prese dalla Commissione riguardo alle pensioni complementari e chiede il parere delle parti sociali su:
– la necessità di un’azione dell’UE sulla trasferibilità dei diritti a pensione complementare,
– l’eventuale forma di quest’azione (convenzione collettiva, direttiva, raccomandazione, codice di condotta, orientamenti, ecc.),
– le principali caratteristiche di tale misura,
– l’opportunità di un’azione a livello transsettoriale e/o settoriale,
– la possibile portata materiale di questa misura (tipo di regimi che devono essere coperti).
Problemi attuali
Un lavoratore che lascia un regime pensionistico perché cambia datore di lavoro incontra una serie di ostacoli riguardanti i suoi diritti pensionistici complementari. La garanzia del diritto a pensione esiste solo se il lavoratore ha soddisfatto determinate condizioni (età minima per l’affiliazione al regime, periodi di attesa prima dell’affiliazione, periodi di anzianità, cioè un periodo minimo di affiliazione al regime richiesto per acquisire un diritto alla pensione). La mobilità e le interruzioni di carriera (p. es. per ragioni familiari) possono rendere difficile se non impossibile acquisire un diritto a pensione complementare. Può anche accadere che i diritti acquisiti siano congelati fino alla pensione o non completamente indicizzati. Ciò riduce i suoi diritti a pensione rispetto a un lavoratore che rimane sempre presso lo stesso datore di lavoro. Inoltre, il trasferimento del capitale pensionistico di un lavoratore può essere difficile.
Anche se il lavoratore ha acquisito diritti a pensione nel regime pensionistico complementare del suo paese, rischia di non poterli trasferire al nuovo regime. La possibilità di effettuare un trasferimento ad un regime pensionistico di un altro Stato membro non sempre esiste nei paesi dell’Unione europea. Anche quando un trasferimento è possibile, può essere richiesta l’approvazione delle autorità regolatrici o fiscali, o il versamento di un’imposta così alta da impedire in pratica qualsiasi trasferimento transfrontaliero. Possono essere previste anche altre condizioni relative al trasferimento stesso o al regime verso il quale avviene il trasferimento.
Risolvere questi problemi è più importante che mai, perché molti Stati membri, per ovviare all’invecchiamento della popolazione, tendono a lasciare più spazio all’erogazione delle pensioni complementari. Inoltre, mercati del lavoro più flessibili richiedono una maggiore mobilità e quindi aumenta l’importanza di garantire la maggiore trasferibilità possibile dei diritti a pensione.
Norme comunitarie esistenti sui diritti a pensione
L’attuale normativa dell’UE sulla sicurezza sociale per i lavoratori migranti (regolamento 1408/71 e regolamento 574/72) non copre i regimi pensionistici non statutari. La direttiva 98/49/CE relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all’interno della Comunità europea affronta solo alcuni problemi come la situazione dei lavoratori distaccati. La direttiva intende garantire il diritto alla parità di trattamento a chi cambia lavoro all’interno di un paese o si trasferisce all’estero per quanto riguarda la conservazione dei diritti a pensione complementare. La direttiva non affronta tuttavia i problemi legati alle condizioni di acquisizione dei diritti o alla loro trasferibilità (cioè la possibilità di trasferire il capitale pensionistico di un lavoratore da un regime all’altro). La mobilità transfrontaliera incontra infatti ancora notevoli ostacoli per quanto riguarda le pensioni complementari, che tendono a essere maggiori per la mobilità all’interno di un dato paese, nel qual caso può essere più facile mantenere lo stesso regime pensionistico (a livello settoriale) o esistono sistemi di trasferimento. La mobilità transfrontaliera nell’UE può quindi avere come conseguenza perdite di diritti a pensione complementare maggiori rispetto alla mobilità all’interno di un paese.
Contesto
Il ruolo dei regimi pensionistici complementari nei sistemi di previdenza sociale e le loro ripercussioni sulla libera circolazione dei lavoratori sono stati trattati per la prima volta nel documento della Commissione del 22 luglio 1991 relativo ai regimi complementari di previdenza sociale .
In mancanza di progressi in materia, nel 1996 la Commissione ha incaricato un gruppo di alto livello sulla libera circolazione delle persone, presieduto da Simone Veil, di esaminare i problemi incontrati dai lavoratori che si spostano da uno Stato membro ad un altro. La relazione presentata dal gruppo alla Commissione il 18 marzo 1997 sottolineava che la prospettiva di una perdita dei diritti a pensione complementare è un forte freno alla mobilità e rappresenta un grave ostacolo all’esercizio del diritto alla libera circolazione previsto dal trattato CE.
In seguito alla relazione del gruppo di alto livello sulla libera circolazione delle persone, è stato creato un Forum sulle pensioni, a cui partecipano gli Stati membri, le parti sociali e le federazioni europee interessate, per assistere la Commissione nella ricerca di soluzioni ai problemi legati alla mobilità transfrontaliera nel campo delle pensioni complementari.
Più recentemente, altre due iniziative sono state presentate a livello europeo in relazione all’affiliazione transfrontaliera:
– la proposta di direttiva sugli enti pensionistici per lavoratori autonomi o subordinati che intende creare un quadro giuridico comune a livello europeo per le attività di questi enti, al fine di permettere loro di beneficiare pienamente dei vantaggi offerti dal mercato interno (accordo politico ora raggiunto);
– la comunicazione della Commissione, del 19 aprile 2001, sull’eliminazione degli ostacoli fiscali all’erogazione transfrontaliera di pensioni aziendali e professionali , che propone una strategia globale per affrontare gli ostacoli fiscali che attualmente costituiscono il principale freno all’affiliazione transfrontaliera.
L’agenda di politica sociale per il 2000-2005 considera la promozione della mobilità come uno dei fattori principali che permettono di sfruttare pienamente il potenziale occupazionale dell’Europa. In questo contesto, essa incoraggia l’adozione di iniziative volte ad eliminare gli ostacoli alla mobilità del lavoro legati ai regimi pensionistici complementari.
In seguito alla relazione della task force di alto livello sulle competenze e la mobilità del dicembre 2001, la Commissione ha riaffermato – nel piano d’azione per le competenze e la mobilità del febbraio 2002 – la sua intenzione di consultare le parti sociali entro la primavera del 2002, allo scopo di favorire le azioni UE intese a migliorare la trasferibilità delle pensioni complementari.
La decisione della Commissione dà l’avvio alla prima fase di consultazioni delle parti sociali a livello europeo in conformità all’articolo 138 del trattato CE. In base a quest’articolo, prima di presentare una proposta in uno dei settori a cui si riferisce l’articolo 137 (tra cui la previdenza sociale e la protezione sociale dei lavoratori), la Commissione deve consultare le parti sociali a livello europeo (le organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori) in merito al contenuto della proposta prevista.
Questa misura fa parte dell’azione della Commissione destinata ad eliminare gli ostacoli pratici ancora esistenti nel mercato unico dell’UE, che impediscono ai lavoratori di usufruire dei loro diritti di cittadini dell’UE e all’economia dell’UE di beneficiare della spinta che il mercato unico potrebbe offrire. L’eliminazione di difficoltà pratiche come il cambiamento del regime sanitario e pensionistico costituisce una delle priorità della Commissione. A questo scopo sono dirette le seguenti iniziative:
– la proposta della Commissione di una tessera UE per l’assicurazione sanitaria;
– la proposta della Commissione di un sito Internet dedicato alle offerte di lavoro nell’UE;
– le proposte della Commissione per facilitare il riconoscimento delle qualifiche professionali.
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