Professionalità, welfare aziendale, coinvolgimento dei lavoratori e inclusione dei giovani in azienda. Sono questi i quattro assi portanti della ricerca condotta in sinergia tra la Fai-Cisl e Adapt, i cui risultati sono stati presentati oggi al Cnel nel seminario “Il futuro della contrattazione in Italia”. La ricerca, partendo dal mondo dell’industria agroalimentare, ha poi cercato di fare il punto su quelle che sono le dinamiche generali della contrattazione nel nostro mercato del lavoro.
In apertura dei lavori il presidente del Cnel, Tiziano Treu, ha puntualizzato come l’attuale realtà sociale e lavorativa non sia più caratterizzata dalla linearità. Cambiamento, innovazione, ma anche frammentazione e complessità sono le nuove parole d’ordine, con le quali il sistema delle relazioni industriali, e i corpi intermedi che lo animano, devono confrontarsi.
Le relazioni industriali devono avere la forza e la capacità di governare tutti questi fattori, avendo sempre come fine ultimo il benessere di lavoratori e imprese. In quest’ottica, la ricerca – presentata da Emanuele Massagli, presidente di Adapt – è partita dal basso, attraverso la lettura di numerosi contratti, per capire come i quattro punti sopra elencati, vengano recepiti e attuati nella quotidianità dei luoghi di lavoro.
Tra questi, professionalità e inclusione dei giovani scontano i ritardi più significativi. Rispetto allo statico inquadramento in mansioni, le professionalità rappresentano una sorta di “variabile impazzita”, perché non facilmente classificabili con i vecchi strumenti. Ma sono proprio le professionalità una parte fondamentale dell’innovazione, perché non solo permettono di svolgere al meglio un mestiere, ma mettono il lavoratore nelle condizioni di comprendere gli assunti di base di quel mestiere, e trasformalo, dove necessario.
L’inclusione dei giovani rappresenta uno snodo cruciale per il futuro del mercato del lavoro. La presenza delle nuove leve permette il trasferimento di quelle competenze, che altrimenti andrebbero perse, e, al tempo stesso, può accrescere la familiarità dei dipendenti più anziani con le nuove tecnologie.
Welfare aziendale e coinvolgimento dei lavoratori da tempo rientrano nel radar della contrattazione, soprattutto decentrata. Per quanto riguarda il primo punto, la ricerca ha evidenziato il rischio di un possibile far west, con un’offerta forse troppo ampia, che rischia di non mettere più al primo posto i bisogni primari dei dipendenti, come sanità e previdenza. Relativamente al secondo punto, invece, l’indagine si è prevalentemente soffermata sulla partecipazione organizzativa, evidenziando come, se questa avviene quasi naturalmente nelle aziende più piccole, in quelle più strutturate richiede maggiori strumenti per l’implementazione.
Su questi quattro punti, realtà leader nell’agroalimentare e non solo, come Barilla, Heineken, La Doria e Menarini, hanno portato la loro esperienza, sottolineando come professionalità e cooperazione tra nuove e vecchie generazioni siano fattori strategici di sviluppo.
L’agroalimentare, che conta 465mila addetti e 58mila aziende, si è contraddistinto, nel recente passato, per un notevole dinamismo e ottime performance, come ha spiegato il segretario generale della Fai-Cisl, Onofrio Rota. Infatti, rispetto ad altre aree produttive, come il manifatturiero, l’agroalimentare ha registrato, sul finire del 2018, una crescita del 2,7% su base annua. Anche sul versante contrattuale, ha aggiunto Rota, sono stati raggiunti importati risultati.
Non mancano, tuttavia, possibili punti di debolezza. Il tessuto produttivo vede pochi grandi player, con le restanti realtà di medie e piccole dimensioni. Questo impedisce una penetrazione profonda della contrattazione, soprattutto di secondo livello, che può essere un volano di crescita e uno strumento per intercettare al meglio i bisogni socio-economici di uno specifico territorio.
In uno scenario uniformemente disomogeneo, le relazioni industriali dovrebbero offrire quel collante capace di tenere insieme tutte le parti, attraverso il contratto nazionale, senza, tuttavia, zavorrare l’innovazione e il cambiamento, intercettando i bisogni di lavoratori, aziende e territorio grazie alla contrattazione decentrata.
Tommaso Nutarelli