È durata meno di un giorno la plastica unità sindacale che si era vista alla manifestazione dei metalmeccanici di venerdì a Roma. Se le tute blue erano riuscite a riunire dietro un unico striscione i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Landini, Sbarra e Bombardieri, come non accadeva da tempo, a distanza di 24 ore la musica è totalmente cambiata, tornando alle note che da oltre due anni accompagnano l’incedere del mondo sindacale, con Cgil e Uil da un lato, con la prima che sempre andare verso lo sciopero generale, e Cisl dall’altro.
A occupare nuovamente piazza del Popolo, con un cielo che ha concesso un po’ più di pioggia e più nuvole rispetto ai metalmeccanici, le categorie del pubblico impiego delle confederazioni di Corso d’Italia e via Lucullo. Le rivendicazioni della protesta vertono su quattro pilastri: salario, salute, diritti e occupazione. Quello che le organizzazioni sindacali chiedono è una nuova centralità del lavoro pubblico. Un piano straordinario di investimenti e assunzioni per ridare forza economica e dignità ai lavoratori.
Sono lontani i momenti, sostengono Fp-Cgil, Uil Fpl e Uilpa, quando, durante la pandemia, gli operatori socio-sanitari venivano definiti eroi, e i dipendenti pubblici innalzati al più alto rango di lavoratori essenziali, senza i quali si sarebbe rischiata la paralisi della macchina statale e burocratica.
Oggi assistiamo, spiegano i sindacati, a continue aggressioni negli ospedali a medici e infermieri, i concorsi pubblici, che una volta erano la porta di accesso a un lavoro stabile e ben retribuito, sono deserti perché il pubblico ha perso il suo appeal, con stipendi al palo e poche prospettive di carriera. E se nelle altre categorie, ovviamente con le dovute differenze, si rinnovano speditamente i contratti, anche con cospicui aumenti economici, per i sindacati scesi in piazza il pubblico è il peggior datore di lavoro, con rinnovi che tardano ad arrivare e le risorse messe a disposizione che rincorrono sempre, senza mai raggiungerla, l’inflazione, che soprattutto negli anni passati ha eroso il potere di acquisto.
Oltre al depotenziamento del pubblico, l’altro pericolo che incombe si chiama autonomia differenziata. La denuncia dei sindacati è che invece di servizi pubblici più vicini al cittadino si avrà un indebolimento della macchina amministrativa, e di questo ne risentiranno le aree economicamente e socialmente più depresse, le fasce più esposte della popolazione e si creerà una concorrenza tra le diverse amministrazioni regionali per attrarre competenze e professionalità poiché non tutte avranno la stessa capacità di spesa.
Tommaso Nutarelli