Cambiamenti climatici, aumento della domanda e inefficienze strutturali. La crisi idrica passa soprattutto attraverso questi tre fattori, portando a un significativo calo della disponibilità di acqua a livello globale, europeo e italiano. Secondo il World Resources Institute, nel mondo la domanda di acqua è raddoppiata dal 1960 ed entro il 2050 si prevede che un miliardo di persone in più vivrà in aree a stress idrico estremamente elevato. Le cause principali di questa tendenza sono l’incremento della popolazione, uno sviluppo economico aggravato da nuovi modelli di consumo e l’impatto del riscaldamento globale, che altera i cicli delle precipitazioni e produce un aumento dell’evaporazione.
A livello europeo – riferisce l’Agenzia Europea dell’Ambiente nel suo rapporto “Europe’s state of water 2024” – lo stress idrico colpisce il 20% del territorio e il 30% della popolazione. La siccità invece imperversa in oltre la metà del continente, soprattutto nelle aree affacciate sul Mediterraneo. Nel Mare Nostrum tra le cause principali della scarsa disponibilità idrica, oltre alla diminuzione delle precipitazioni e all’aumento delle temperature, c’è anche l’alta domanda per agricoltura, industria e turismo.
E l’Italia? In molte Regioni, non solo del Sud, anche nell’estate che sta volgendo al termine, si è giunti al razionamento dell’acqua per scopi civili e irrigui. Secondo gli ultimi dati Istat (“Le statistiche sull’acqua – Anni 2020-2024”) la disponibilità di risorsa idrica si è ridotta di quasi il 20% nel trentennio 1991- 2020 rispetto al 1921-1950. Una delle nostre criticità maggiori è l’inefficienza della rete di distribuzione. Il rapporto di Cittadinanzattiva 2024 “Servizio Idrico Integrato” evidenzia che la dispersione idrica nazionale si attesta in media al 42,4%, con punte superiori al 60% in alcune regioni del Sud. Quasi la metà dell’acqua immessa nelle reti non arriva ai rubinetti. In questo quadro, cosa possiamo fare come sindacato, considerato che il 70% dei circa 50mila lavoratori del contratto gas-acqua è ascrivibile al settore idrico e gli iscritti sono intorno al 60%?
Cominciamo col dire che la gestione del servizio idrico in Italia sconta ancora una frammentazione eccessiva, con oltre 1.200 soggetti. Ciò accade nonostante la Legge Galli (L. 36/1994), nata proprio per superare questa parcellizzazione attraverso la creazione di “Ambiti Territoriali Ottimali” (ATO) e realizzare economie di scala. A tale quadro si aggiunge il problema dei bassi investimenti nella manutenzione delle infrastrutture, che causano gravi dispersioni idriche e criticità nella depurazione (con continue procedure di infrazione da parte dell’Unione Europea). Inoltre, l’Italia è tra i maggiori consumatori di acqua in bottiglia, percepita come più sicura. In realtà l’85% delle nostre fonti idriche è sotterraneo e dunque meglio protetto, ma la consapevolezza è scarsa e le campagne di sensibilizzazione restano sporadiche.
È dunque necessario agire in modo strutturale, partendo dai punti di forza già esistenti. L’Italia dispone già di un quadro normativo che incentiva gli investimenti, come il sistema tariffario regolato da ARERA, e di strumenti finanziari cruciali, come i fondi del PNRR, che offrono un’opportunità unica per modernizzare l’intero sistema.
La nostra proposta si articola in quattro punti chiave. Consolidare la gestione: rilanciare lo spirito della Legge Galli per accorpare i gestori in bacini territoriali ottimali, riducendo la frammentazione e generando efficienza. Promuovere una gestione industriale: attrarre competenze e capitali privati per implementare tecnologie avanzate, sfruttando la flessibilità offerta dai partenariati pubblico-privato. Adattarsi al cambiamento climatico: sviluppare strategie concrete di conservazione ed efficientamento idrico, sia in ambito urbano che rurale. Migliorare la comunicazione: creare fiducia nella qualità dell’acqua di rubinetto per ridurre la dipendenza dalla plastica e promuovere i vantaggi ambientali dell’acqua “del sindaco”.
In questo scenario le aziende che investono in modernizzazione, resilienza climatica e sicurezza dei servizi devono essere premiate. Occorre introdurre incentivi fiscali per le imprese, ma anche per le famiglie, che adottano tecnologie per l’efficienza idrica. Le quattro parole chiave per il futuro dovrebbero essere: risparmio, tutela, restituzione e riuso (pensiamo alle acque reflue depurate, che potrebbero essere utilizzate per l’irrigazione agricola e gli usi industriali).
Come sindacato riteniamo essenziale spingere per un modello di Relazioni industriali più efficace. In questo contesto, come Femca Cisl, siamo anche coinvolti nel progetto co-finanziato dall’Unione Europea ProSDinWater (“Promotion and Strengthening the Social Dialogue in Water Services through Innovative Approaches”), che si prefigge l’obiettivo di sviluppare approcci innovativi al dialogo sociale per affrontare le sfide, presenti e future, nel settore dei servizi idrici integrati, con il coinvolgimento di partner sindacali e datoriali. L’approccio è quello di rivolgere particolare attenzione al benessere dei lavoratori e ai cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, attraverso un processo di consultazione, negoziazione e azione congiunta e un’approfondita analisi SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunities, Threats – Punti di Forza, Debolezze, Opportunità, Minacce). L’evento conclusivo del progetto, che si terrà il prossimo 18 settembre a Sofia, Bulgaria, avrà come focus proprio il confronto sui risultati della ricerca empirica condotta nei Paesi partner (Bulgaria, Macedonia del Nord, Malta, Italia), e l’illustrazione di indicatori esigibili per rendere il dialogo sociale nel settore un processo continuativo ed efficace.
Sul fronte italiano, è cruciale inoltre dare attuazione alla Legge sulla Partecipazione, promossa dalla Cisl, rilanciando la presenza dei lavoratori nella governance aziendale. Investire nella forza lavoro con formazione, salari adeguati e prospettive di crescita è l’unica via per attrarre e trattenere i talenti necessari a un contesto così strategico.
Usciamo dall’emergenza e incamminiamoci sulla strada dell’efficienza su un settore letteralmente vitale per le persone, i lavoratori e le aziende. Investiamo in tecnologia e infrastrutture per salvaguardare la più grande opera pubblica di cui il nostro Paese abbia davvero bisogno.
di Nora Garofalo, Segretaria Generale Femca Cisl Nazionale