Ha suscitato grande clamore e un acceso dibattito lo sciopero generale della Cgil del 3 ottobre. Si è discusso se fosse un’azione politica o rientrasse nella pratica sociale, ha colpito la divisione nel sindacato, è sembrato ad alcuni che fosse in atto una rincorsa a sinistra con l’Ubs. Peggio di tutti sono stati i detrattori violenti, chi ha parlato del week end lungo, chi, più in generale, della vacanza di un mese in barca riferendosi alla Flotilla.
La polemica sulla legittimità della decisione della Cgil e del suo fare politica provoca stupore. Perché il sindacato fa sempre politica, ogni suo atto è destinato ad avere un riflesso sui rapporti politici all’interno del paese. E, soprattutto, il sindacato è sensibile alle trasformazioni della società e modifica di conseguenza i propri obiettivi.
Nel 1969, con l’autunno caldo, importante momento di crescita sociale, la prassi sindacale cambiò drasticamente, basti pensare all’unità tra studenti e lavoratori, e nessuno ebbe a ridire. E fu la fortuna del sindacato confederale, perché si dimostrò capace di comprendere che il mondo stava cambiando e di adeguarsi velocemente. Un atto politico, come una manifestazione per la pace e contro il massacro di civili, rientra nella prassi sindacale: importante è che non si perda di vista il costante confronto sulla politica economica e sulla contrattazione. Non mi sembra che questo sia il caso della Cgil. È già in programma, tra l’altro, una manifestazione per il 25 ottobre contro le linee di politica economica e industriale che stanno affiorando nella maggioranza di governo.
Alcune delle polemiche si sono poi riferite alla decisione della Cgil di ricorrere allo sciopero generale, arma che a detta di molti dovrebbe essere tenuta come ultima ratio. Ragionamento che fila, perché le azioni non devono mai perdere di vista l’obiettivo finale e gli interventi vanno graduati. Evidentemente la Cgil ha scelto lo strumento dello sciopero generale ritenendolo proporzionato all’orrore dei massacri in Palestina e alle continue violazioni del diritto internazionale da parte di Israele.
Le tre confederazioni operaie si sono nettamente divise su questa scelta. In realtà tutte e tre avevano recentemente condannato le violenze e assieme avevano chiesto al governo di assumere una posizione più forte nei confronti di Israele. Poi però la Cgil ha scelto la piazza, Cisl e Uil soluzioni differenti e meno invasive. Anche qui, sensibilità diverse hanno portato a urgenze e decisioni diverse. Non mi sembra ci sia scandalo.
Infine, hanno colpito le polemiche sulla “rincorsa” della Cgil nei confronti dell’Ubs. Che in casa Cgil non si ami avere concorrenti a sinistra, è un dato di fatto. Pas d’ennemis à gauche, l’antica locuzione di René Renoult è sempre valida e a molti è bruciato che, per una serie di ragioni, lo sciopero della Cgil del 19 settembre abbia avuto un’eco ridotta, mentre quello dell’Ubs del 22, tre giorni dopo, abbia riempito le piazze. Ma affermare che l’Ubs abbia avuto in mano la piazza e che la confederazione di Maurizio Landini abbia dovuto rincorrerla per non rischiare l’isolamento ce ne corre. L’Ubs non è una meteora, lo abbiamo scritto anche due settimane fa, ma la Cgil è un grande sindacato, con sei milioni di iscritti e una lunga storia, non ha bisogno di rincorrere nessuno. Un dato di fatto per ristabilire pesi e misure.
Massimo Mascini