Caro Direttore, in replica alla tua newsletter di venerdì 14, solo vorrei precisare alcuni punti della mia “proposta”.
L’arbitrato di controversie collettive appartiene alla storia delle relazioni industriali fin dagli albori della stessa, magari non di quella italiana, ma tuttavia esiste e non significa certo la fine delle relazioni industriali (in diversi CCNL viene addirittura prevista per dirimere le controversie interpretative sugli stessi). In ogni caso la mia “modesta” proposta si riferiva ad una modalità precisa e circoscritta, una “condizione” che le parti stesse decidono essere patologica: il procrastinarsi di una trattativa, quella contrattuale, esclusivamente per la parte riferita ai minimi tabellari, che non può che penalizzare la parte più debole dei contraenti, ovvero i lavoratori.
È una “cessione temporanea di sovranità”? Si lo è, ma meglio quella che un intervento della “politica” come in qualche modo adombra la recente legge delega n. 144/2025.
Come ho detto chiaramente, questo arbitrato riferito ai minimi contrattuali, e solo a quelli, non mette certo in discussione la prosecuzione del negoziato sul rinnovo del resto del CCNL (non dirmi che se non ci sono i soldi il resto non conta…).
Inoltre sempre con riferimento al problema di tempi dei rinnovi contrattuali ti segnalo che come faceva giustamente notare sul Foglio Giuliano Cazzola, i tempi medi di rinnovo del pubblico impiego sono 30 mesi (e lì non ci sono nemmeno i contratti pirata) mentre quelli dell’industria sono 7 mesi.
Il caso ASSTEL è ovviamente da analizzare molto bene ma, visto l’ampio contenuto del rinnovo contrattuale, non mi limiterei a considerare solo i rinnovi dei minimi tabellari.
Infine, continuo a non capire come una legge sulla rappresentanza, sulla quale sono anche d’accordo, possa risolvere il dilemma del ritardo dei rinnovi contrattuali: ancora il pubblico impiego ne è un esempio, la legge c’è, la rappresentanza pure, ma i rinnovi sono sempre ritardati e non a caso le retribuzioni dei dipendenti pubblici sono quelle meno difese dall’inflazione.
Luigi Marelli


























