Dopo l’abortita “Unità Organica”, dopo lo scioglimento della federazione CGIL-CISL-UIL (quella col trattino), quel che rimane della così detta “unità d’azione” sta evaporando con mesta tristezza.
Non solo le Confederazioni, da tempo, non hanno più una piattaforma comune con cui confrontarsi con le Controparti (Datoriali e Governo) ma, ormai, nemmeno marciano separate per colpire unite. Semplicemente ciascuno va per la sua strada e, in molti casi, spesso in direzione opposta.
C’eravamo illusi che almeno le categorie mantenessero l’unità in occasione dei rinnovi contrattuali, ma quelli recenti, in particolare nel pubblico impiego, vedono ormai la “firma separata” come il triste epilogo delle tornate contrattuali.
Quel che è peggio, ciò avviene in settori in cui l’erosione del salario reale è stata più significativa a causa della impennata inflazionistica (il settore pubblico, insieme all’universo del Terziario sono senz’altro i comparti in cui maggiormente le retribuzioni reali sono state meno tutelate dai rinnovi contrattuali).
Non solo, nel pubblico impiego non si può nemmeno incolpare i c.d. “contratti pirata”, per il semplice motivo che non ci sono. Anzi esiste persino una legge per misurare la rappresentanza ma, nonostante questo, il fronte sindacale, specie quello confederale, è frammentato come quanto non accadeva da tempo immemore.
Se le controparti datoriali e lo stesso Governo non si sentono coinvolti da questo fenomeno abrasivo del conflitto sociale, sbagliano di grosso.
La fine della “sintesi confederale” del conflitto sociale porta con sé non solo la crisi, evidente, dei sindacati confederali, ma la regressione del conflitto a disordinato malessere senza nessuna sintesi efficace.
Preoccupa che la stessa deriva stia lambendo importanti settori confederali. Un esempio? La proposta della detassazione dei futuri aumenti contrattuali (con limiti di reddito e limiti temporali). Tale proposta introdurrà pericolose sperequazioni nel mondo del lavoro dipendente e profonde iniquità tra chi ha già rinnovato i CCNL e chi ancora deve farlo. Stupisce che importanti settori del sindacalismo “confederale” si siano ritrovati concordi con questa confusa ed errata proposta governativa.
Come avrebbe detto Martin Lutero “si sta consentendo al cinghiale di entrare nella vigna del signore” e cosi facendo si stanno costruendo le condizioni materiali per il venir meno di una qualsiasi “solidarietà confederale” nel mondo del lavoro dipendente.
Ma questo è solo un piccolo segnale della frammentazione in atto. Quello che era il sindacalismo confederale, la sua logica solidale, il suo orizzonte riformista, persino la sua autorevolezza politica stanno per essere spazzati via da una confusa quanto regressiva logica “antisistema” dentro la quale alberga il peggiore nemico dei lavoratori, la loro frammentazione sociale.
Il tempo dirà se queste, ahimè fosche previsioni si avvereranno o meno, ma certo non possiamo assistere in silenzio a questa deriva pericolosissima, questa sì, anche per la stessa tenuta democratica.


























