Il 2026, tra tutti i guai che già si preannunciano, potrebbe portare anche qualcosa di buono. Per esempio un nuovo accordo tra sindacati e Confindustria. Le parti hanno ripreso questa settimana i contatti di una trattativa in corso da mesi e mai davvero decollata: martedì 16 dicembre il presidente degli industriali Emanuele Orsini ha ricevuto nella foresteria di Confindustria i tre leader di Cgil Cisl e Uil, per un appuntamento che non si attendeva tanto come “operativo”, quanto finalizzato a capire se c’erano le condizioni per andare avanti, o se archiviare il tentativo.
Sindacati e Confindustria, in questi mesi, hanno lavorato sottotraccia – cioè senza dare pubblicità alla faccenda – su più temi, con l’ambizione di rivedere nella sostanza il vecchio patto della fabbrica, ma anche, per quanto possibile, di allargare prima o poi il confronto anche al governo. Senza che tuttavia dai diversi incontri, alcuni durati anche molte ore, scaturisse nulla di concreto. Tanto da segnare anche un primo fallimento nel tentativo dell’autunno di realizzare un testo comune da presentare al governo in vista della manovra. E certamente, su questo obiettivo mancato, avranno pesato anche le sempre più evidenti divisioni tra le confederazioni nel giudizio sull’esecutivo.
L’appuntamento pre natalizio doveva servire proprio a questo: a capire se, col nuovo anno, valesse la pena di andare avanti, se ci fossero le condizioni -e la buona volontà di tutti- per portare a termine una trattativa. E non è un caso che il vertice sia stato tenuto strettamente riservato: dopo una partenza che sembrava molto serrata, infatti, il confronto si era via via rallentato per diversi motivi, compresi alcuni tavoli tecnici convocati e poi saltati. Martedì però c’è stata una sorta di svolta. Maurizio Landini, Daniela Fumarola, Pierpaolo Bombardieri ed Emanuele Orsini, hanno tutti dichiarato la volontà di proseguire, tanto che sono stati già messi in calendario due tavoli tecnici subito dopo le feste: uno dedicato alla complicata questione dei perimetri contrattuali, e un secondo sulla rappresentanza e la revisione del patto della fabbrica. Per fine gennaio o al massimo i primi di febbraio è poi prevista una verifica politica, cioè con la presenza dei leader, per tirare le somme.
Uno dei punti centrali su cui si sta lavorando è quello della rappresentanza. L’urgenza di qualcosa che blocchi la proliferazione dei cosiddetti contratti pirata è sempre più sentita. Dai sindacati e dalle imprese. E non solo dalla Confindustria, ma anche da Confcommercio, che nei mesi scorsi ha presentato un dossier assai preoccupato su come il dumping dei “pirati’’ stia impattando negativamente sul mondo del lavoro, sui contratti, sui salari. Dunque, la necessità di definire esattamente quali siano i contratti realmente rappresentativi, spazzando via il campo dal proliferare di sigle e siglette con poche decine di iscritti ma ugualmente autorizzate a scorrazzare nel campo della contrattazione, è l’interesse comune, il punto unificante. Ma il percorso per arrivarci è sempre stato irto di ostacoli. Tra questi, anche le divergenze tra Cgil e Cisl, con la prima che sostiene da sempre la necessità di una legge sulla rappresentanza, e la seconda che si oppone tradizionalmente a qualunque intervento legislativo su materie appannaggio delle parti sociali.
Va però rilevato che nei giorni scorsi proprio dalla segretaria generale della Cisl è arrivata una importante apertura. Intervistata dal Riformista, a proposito della rappresentanza Fumarola ha ribadito che “la Cisl è storicamente contraria a una legge”, in quanto “la via pattizia funziona meglio, è più flessibile e si adatta più facilmente ai cambiamenti’’. Ma ha anche aggiunto: “Detto questo, se venisse proposto un testo che recepisca e renda esigibili gli accordi interconfederali sulla rappresentanza, con una verifica “terza’’ sui dati affidata al Cnel, la Cisl è disponibile’’.
In passato, come ha ricordato ancora Fumarola, era stato il dissenso delle associazioni datoriali su come misurare la loro rappresentatività a impedire un’intesa, mentre i sindacati, da parte loro, hanno già tempo consolidato un preciso criterio di conteggio, basato sulla media tra iscritti ed eletti nelle Rsu. Ora, a quanto pare, anche le imprese si sono convinte che è urgente andare avanti e, anzi, sono quelle che più spingono. E dunque, si torna alla necessità di arrivare a un’intesa tra le parti.
Va però anche detto che la scorsa settimana, partecipando ad Atreju, la ministra del Lavoro Marina Calderone ha espresso una opinione negativa rispetto a una legge sulla rappresentanza, affermando: “Se pensassimo che la soluzione è solo ed esclusivamente in una norma che stabilisce chi è rappresentativo e chi no, credo che avremmo solo una parte della soluzione”. Insomma, venirne a capo non sarà semplice. Ma già il fatto che, malgrado il clima di divisione tra i sindacati da un lato, e le pressioni del governo dall’altro, martedì si sia deciso comunque di andare avanti, va preso come un segnale molto interessante.
Nunzia Penelope



























