Il massiccio afflusso in Europa di rifugiati dalla Siria e dal Nord Africa rappresenta “un enorme problema”, con cui bisognerà probabilmente fare i conti “per i prossimi venti anni”. E’ l’allarme lanciato dal generale Martin Dempsey, capo di stato maggiore dell’esercito statunitense.
In un’intervista esclusiva ad ABC News, il generale ha aggiunto che c’è una crescente presa di coscienza tra i vertici militari degli Stati Uniti e della Nato che “questa rappresenta una crisi reale”. L’emergenza immigrati è stata “l’argomento più importante” discusso dai leader militari di Washington e della Nato nei loro incontri gli scorsi mesi.
“Il Sud dell’Europa ha come la sensazione di non avere abbastanza sostegno per questa sfida”, ha affermato Dempsey, la cui intervista integrale sarà trasmessa domenica, “mentre i leader dell’Europea centrale e settentrionale pensano che sia un problema che deve essere affrontato al Sud. Credo comunque che ci stia cominciando a essere un po’ di consapevolezza che questa sia una crisi reale”.
Dempsey ha aggiunto che una delle cose che sono cambiate da quando è diventato capo di stato maggiore è “l’importanza del problema dei rifugiati e degli sfollati interni ed è un enorme problema”. L’incarico del generale scade il 1 ottobre, quando la sua eredità sarà raccolta dal generale Joseph Dunford.
“La foto-shock del bambino siriano di tre anni morto annegato su una spiaggia turca è diventata il simbolo di questa emergenza, su cui nessuno può ormai far finta di chiudere gli occhi”; immagini che secondo Dempsey potrebbero avere un effetto simile al terribile attacco con colpi di mortaio del 1995 contro un mercato di Sarajevo, che spostò gli equilibri in favore di un intervento della Nato in Bosnia.
“Ricordo che il mondo si fermò e puntò gli occhi su Sarajevo”, ha aggiunto il capo di Stato maggiore, “Oggi, mentre siamo qui seduti, ci sono 60 milioni di rifugiati nel mondo, 42mila famiglie al giorno secondo le Nazioni Unite, e l’impressione è che non ci sia il livello di interesse per la situazione come accadeva invece con l’incidente di Sarajevo provocò venti anni fa”.
“Il mio personale giudizio su questo”, ha detto Dempsey, “è che dobbiamo guardare a queste situazioni, sia unilateralmente che con gli alleati, come un problema generazionale e organizzare noi stessi e le nostre risorse a un livello sostenibile per affrontarle per i prossimi venti anni”.
























