Giovedì 8 novembre 2007. – Presidenza del presidente Gianni PAGLIARINI. – Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale Antonio Michele Montagnino.
La seduta comincia alle 9.20
Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale.
C. 3178 Governo.
(Seguito dell’esame e rinvio).
La Commissione prosegue l’esame del provvedimento rinviato nella seduta del 31 ottobre 2007.
Gianni PAGLIARINI, presidente, ricorda che nella seduta del 31 ottobre scorso è stata svolta la relazione introduttiva, a cui è seguito l’intervento del Ministro del lavoro, Cesare Damiano. Ricorda altresì che si è concluso il ciclo di audizioni nell’ambito dell’indagine conoscitiva deliberata sul provvedimento in esame.
Luigi FABBRI (FI) ricorda che il Protocollo di cui il provvedimento in esame reca l’attuazione non è stato sottoscritto da numerose associazioni datoriali ed è, a suo avviso, inadeguato, poiché non affronta il tema fondamentale dell’adeguamento dei salari al costo della vita. Dichiara quindi di non condividere l’impostazione di tale provvedimento, giudicandola troppo orientata verso politiche di assistenza e previdenza, a scapito delle politiche attive del lavoro. Sottolinea quindi, con riferimento al superamento del cosiddetto «scalone», che tale norma prevede una copertura finanziaria incerta e introduce un’inaccettabile disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti e autonomi. Quanto alle misure in materia di lavori usuranti, evidenzia l’incertezza relativa alla platea dei possibili beneficiari e alla copertura finanziaria di tali misure attraverso, in parte, l’aumento dell’aliquota contributiva per i parasubordinati, nonché, ove non si realizzino i risparmi attesi, attraverso l’aumento della contribuzione previdenziale per tutti i lavoratori. Queste misure, nel complesso, vanno in direzione esattamente opposta agli obiettivi di contenimento della spesa indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Si rinviano scelte necessarie, come la revisione dei coefficienti di trasformazione, che è inaccettabile lasciare alla contrattazione tra le parti. Giudica inoltre del tutto illusoria la garanzia di un tasso di sostituzione pari almeno al 60 per cento per i lavoratori discontinui e critica l’introduzione di «finestre di uscita» per le pensioni di vecchiaia, nonché la sospensione dell’indicizzazione delle pensioni più elevate. Sottolinea quindi i rischi per la tenuta dei conti pubblici, impliciti nelle misure in materia di esposizione dei lavoratori all’amianto e di danno biologico. Riconosce quindi la necessità di un intervento in materia di ammortizzatori sociali, ma ritiene inadeguata la delega contenuta nel provvedimento in esame, che ha il limite di non privilegiare le politiche attive del lavoro e la formazione. Quanto ai contratti a tempo determinato, il provvedimento in esame irrigidisce eccessivamente il sistema dei rinnovi, con il rischio di indurre il datore di lavoro a non rinnovare le assunzioni. In proposito, ricorda anche che, come è emerso a più riprese nei lavori della Commissione, il lavoro precario risulta essere più diffuso nel settore pubblico che non in quello privato. In particolare, pur riconoscendo l’esistenza di un fenomeno di utilizzo distorto di alcune tipologie contrattuali flessibili, ricorda che il lavoro a chiamata, abolito dal provvedimento in esame, ha avuto il merito di favorire la lotta al «lavoro nero». Per lo stesso motivo, ritiene non condivisibile la scelta di penalizzare il ricorso a contratti di lavoro a tempo parziale al di sotto delle dodici ore settimanali. Quanto al contratto di apprendistato, si limita ad osservare che esso funziona correttamente e rappresenta uno strumento importante per gli stessi datori di lavoro. Evidenzia altresì l’assenza di una svolta politica rispetto ai problemi del settore agricolo, ricordando che si tratta di un settore molto protetto e assistito, in cui per giunta sono molto diffusi il «lavoro nero» e gli infortuni sul lavoro. Dichiara quindi di concordare con la scelta di incentivare l’occupazione femminile, ma rileva che, oltre ai dubbi di costituzionalità che simili interventi possono sollevare, il raggiungimento degli obiettivi fissati nella Agenda di Lisbona rappresenta una mera chimera. Stigmatizza, infine, il fatto che la norma di copertura finanziaria preveda che i decreti legislativi di attuazione di molte delle deleghe contenute nel provvedimento avvenga senza nuovi o maggiori oneri per le finanze dello Stato.
Lorenzo BODEGA (LNP) ritiene che il principale obiettivo da perseguire, in materia di welfare, consista nell’individuazione degli strumenti più efficaci al fine di garantire sicurezza, serenità e tranquillità ai lavoratori e ai pensionati. Esprime quindi rammarico per il fatto che il confronto sul provvedimento in esame si sia trasformato in uno scontro tra opposti schieramenti, con argomenti spesso strumentali. Ricorda che il Protocollo in questione è stato siglato dalla maggioranza delle parti sociali interessate e approvato da un referendum, in cui tuttavia è stato determinante il voto dei pensionati, mentre, ad esempio, la maggior parte dei lavoratori metalmeccanici ha espresso voto contrario. Ricorda altresì che le parti sociali ascoltate nel corso dell’indagine conoscitiva hanno espresso valutazioni molto articolate.
Passa quindi ad illustrare le principali ragioni di contrarietà rispetto al provvedimento in esame. Ritiene che il superamento del cosiddetto «scalone» non rappresentasse una priorità per il Paese e annuncia la presentazione di emendamenti al riguardo. Si dichiara altresì contrario a modifiche normative in materia di flessibilità del mercato del lavoro, quali, ad esempio, l’abolizione del lavoro a chiamata, che è servito a contrastare il fenomeno del «lavoro nero». Esprime inoltre rilievi critici in ordine all’eliminazione del tetto numerico in materia di lavori usuranti e sulle modalità individuate per il rinnovo dei contratti a tempo determinato oltre i trentasei mesi: pur riconoscendo, infatti, che i contratti a termine non possono costituire la regola, ricorda che essi sono indubbiamente serviti a rimettere in moto il mercato del lavoro e che, comunque, l’abuso delle tipologie contrattuali flessibili riguarda soprattutto le pubbliche amministrazioni. In proposito, riconosce che, nel settore pubblico, possono essere stati compiuti degli errori, per esempio applicando il divieto di nuove assunzioni anche ai comuni virtuosi: tuttavia, non ritiene che il problema possa essere risolto attraverso i meccanismi individuati nel provvedimento in titolo. Critica altresì la disparità di trattamento che si viene a realizzare tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi. Ricorda quindi che la mancata approvazione, entro l’anno, del provvedimento in esame comporterebbe l’applicazione dello «scalone» e che pertanto il provvedimento, connesso per molti versi al disegno di legge finanziaria, rappresenta evidentemente un passaggio estremamente delicato per le forze di maggioranza. Dichiara comunque la propria contrarietà all’aumento della spesa pubblica e, dunque, della pressione fiscale al fine di consentire l’abolizione dello «scalone» o la garanzia di un tasso di sostituzione pari almeno al 60 per cento per le pensioni dei lavoratori discontinui, garanzia che appare peraltro illusoria. Conclusivamente, pur confermando le critiche al provvedimento in esame, desidera esprimere la grande attenzione del suo gruppo per l’oggettiva situazione di precarietà che grava su un numero consistente di lavoratori e, in particolar modo, di giovani.
Alberto BURGIO (RC-SE) segnala preliminarmente una problematica di ordine istituzionale, emersa anche nel corso dell’audizione di rappresentanti di Confindustria, la quale prescinde dal momento contingente. Si tratta infatti della delimitazione degli margini di intervento del Parlamento, intervenuta a seguito dell’introduzione del Patto di stabilità a livello europeo.
Con riferimento al merito del provvedimento in esame, segnala che il testo presenta, accanto ad elementi positivi, anche aspetti opinabili. Non ritiene che debba destare perplessità l’esistenza, all’interno delle forze di maggioranza, di opinioni diverse che sono correlate alle differenti sensibilità politiche.
Circa il profilo previdenziale, esprime apprezzamento per l’introduzione di «scalini» in luogo del cosiddetto «scalone» previsto dalla legge Maroni. Circa l’eccessivo onere finanziario derivante dall’introduzione di tali «scalini», osserva che non esiste una credibile stima della spesa pensionistica che evidenzi una sofferenza della spesa medesima. Auspica comunque una netta distinzione tra la previdenza e l’assistenza,anche in un’ottica di miglioramento dei conti pubblici.
Evidenziando come il provvedimento in esame presenti al suo interno un equilibrio, il quale non esclude comunque interventi migliorativi, si dichiara favorevole alle disposizioni previste nel testo in favore dei giovani, le quali appaiono coerenti con la politica adottata dal Governo in tale ambito.
Con riferimento alle disposizioni relative al contratto a termine, valuta favorevolmente l’introduzione del limite dei trentasei mesi e della deroga a tale limite solo in presenza di specifici elementi. Ritiene però che il Governo debba valutare attentamente l’ipotesi di introdurre le cosiddette «causali» per l’utilizzo del contratto a termine, come peraltro già previsto a livello europeo. Reputa infatti che non vi siano motivi ostativi a tale introduzione, che costituirebbe la logica conseguenza dell’introduzione della flessibilità nel mercato del lavoro.
Quanto alla soppressione della contribuzione aggiuntiva su lavoro straordinario, segnala l’opportunità di prevedere l’utilizzazione da parte delle imprese del beneficio conseguente a tale soppressione esclusivamente per il rilancio del sistema produttivo. Ritiene poi che il beneficio andrebbe comunque riconosciuto solo a quelle imprese dimostratesi virtuose sul piano della sicurezza del lavoro, determinando così anche una riduzione della spesa.
In conclusione ribadisce la propria convinzione che il testo in esame presenti sicuramente elementi positivi, ma offra comunque spazi per miglioramenti, sui quali auspica che si concentri il lavoro della Commissione, finalizzati a determinare maggiore sviluppo e maggiore equità. A tale proposito fa notare che, mentre la produttività si attesta intorno al 38 per cento, il costo del lavoro è pari al 27 per cento, con un differenziale dell’11 per cento. Tale dato, unito a quello relativo alla diminuzione dal 16 al 10 per cento del costo del lavoro all’interno dei costi della produzione, dimostra come il problema fondamentale sia legato all’equità, nel cui ambito deve muoversi il disegno di legge che recepisce il Protocollo del 23 luglio scorso.
Lanfranco TURCI (RosanelPugno) ritiene che il provvedimento in esame abbia, in un certo senso, invertito l’ordine delle priorità, anteponendo l’abolizione dello «scalone» alla creazione di un sistema credibile e forte di ammortizzatori sociali. In questo modo, si è finito per concentrare l’attenzione su una fascia piuttosto limitata di lavoratori, reperendo per giunta le risorse anche mediante un aumento della contribuzione per i parasubordinati. In generale, ritiene che il provvedimento manchi di un respiro riformatore adeguato alle trasformazioni sociali in atto. Per quanto attiene, più in particolare, ai lavori usuranti, sottolinea la necessità di garantire che la platea dei beneficiari individuata sia compatibile con le risorse finanziarie stanziate. Esprime altresì dubbi sulla possibilità di mantenere l’impegno a garantire un tasso di sostituzione pari almeno al 60 per cento per le pensioni dei lavoratori discontinui, senza con ciò mettere in discussione i pilastri della riforma Dini. In proposito, ritiene che l’unica soluzione possibile consista nel graduale aumento della contribuzione per questi lavoratori e, soprattutto, nell’aumento dei salari. Osserva inoltre che sarebbe opportuno valutare la possibilità di migliorare la norma in materia di rinnovo dei contratti a tempo determinato, giudicando contraddittorio che l’onere della prova, per quanto riguarda la necessità del ricorso a questa tipologia contrattuale, non gravi sul datore di lavoro anche in fase di prima stipula del contratto. Riconosce quindi l’esistenza di fenomeni di «cronicizzazione» del ricorso al lavoro flessibile e annuncia, in proposito, la presentazione di un emendamento volto a introdurre la «prova lunga», al fine di rispondere, almeno in parte, alle esigenze che determinano l’abuso del contratto a tempo determinato. Sottolinea peraltro che tale proposta nulla ha a che fare con ipotesi di sospensione di previsioni contenute nello Statuto dei lavoratori, anche se, personalmente, ritiene che una parziale revisione dell’articolo 18 di tale Statuto sarebbe necessaria. Per quando concerne il superamento del lavoro a chiamata, sottolinea la necessità di un’attenta riflessione rispetto alle esigenze di taluni settori economici. Infine, giudicando evidente un abuso dell’istituto dei contratti di collaborazione a progetto, annuncia una proposta di modifica del codice civile, al fine di distinguere più chiaramente tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, per fare emergere come spesso il ricorso al citato istituto nasconda rapporti di lavoro subordinato.
Francesco Maria AMORUSO (AN) osserva, in premessa, che la riforma del mercato del lavoro varata nella scorsa legislatura ha avuto il merito di trasformare una reale precarietà senza regole in un mercato del lavoro flessibile ma regolato. Ricorda inoltre che la creazione della gestione separata dell’INPS per i lavoratori parasubordinati ha indubbiamente recato beneficio alle casse dell’Istituto, ma ha messo in crisi, al contempo, altri enti previdenziali. Passando al merito del provvedimento in esame, ritiene che esso sia il frutto di un compromesso fondato sull’illusoria pretesa che molte delle misure ivi contenute siano prive di oneri. Più in particolare, osserva che l’abolizione del lavoro a chiamata finirà per favorire un aumento del ricorso al «lavoro nero», proprio mentre in altri Paesi, come la Spagna, il lavoro flessibile, pur essendo assai più diffuso che in Italia, è largamente accettato come strumento per promuovere la competitività e la crescita. Il provvedimento in esame, inoltre, non tiene conto del fatto che il lavoro precario è assai più diffuso nel settore pubblico che non in quello privato. Ritenendo che tale provvedimento andrebbe modificato in varie sue parti, annuncia la presentazione di emendamenti qualificati da parte del suo gruppo. Ricorda quindi che l’audizione del presidente dell’INPS ha messo in evidenza i rischi connessi all’eliminazione dello «scalone», scelta ideologica che determinerà un aumento assai sostenuto della spesa pensionistica. Per quanto riguarda i coefficienti di trasformazione, riconosce che anche nella scorsa legislatura essi non sono stati rideterminati, ma ritiene che il rinvio della revisione operato con il provvedimento in esame sia assolutamente inaccettabile. Evidenzia quindi l’indeterminatezza della platea dei possibili beneficiari delle misure in materia di lavori usuranti e i connessi rischi di aumento della spesa pubblica. Sottolinea altresì che la pretesa di garantire un tasso di sostituzione del 60 per cento per le pensioni dei lavoratori discontinui appare contraddittorio con i principi del sistema contributivo e che l’unica soluzione al riguardo può consistere nella definizione di un sistema di previdenza complementare. Rileva infine che il Governo ha un atteggiamento incerto e inconcludente sulla riorganizzazione degli enti previdenziali, che il provvedimento in esame è assai vago al riguardo e che non viene minimamente affrontato il tema del rapporto tra spesa previdenziale e spesa per l’assistenza.
Stefania PRESTIGIACOMO (FI) rileva come dall’indagine conoscitiva sul disegno di legge in titolo siano emersi con chiarezza i limiti del provvedimento che nasce da una esigenza politica della maggioranza, quale quella del superamento della riforma delle pensioni varata dal Governo Berlusconi.
Attorno all’abrogazione del cosiddetto «scalone» – criticata anche da qualificati esponenti della maggioranza e da una gran parte degli osservatori indipendenti – è stato costruito un pacchetto di norme, spesso scoordinate, su temi che meglio sarebbe stato affrontare separatamente. Si tratta di norme che puntano ad allargare il discorso, e principalmente a stemperare l’impatto negativo che l’abrogazione dello scalone avrebbe avuto, configurando il provvedimento come provvedimento a favore di una fascia già tutelata di lavoratori, idoneo a produrre un conflitto generazionale, oltre che un aggravio complessivo di spese sul lavoro e sulla fiscalità generale.
Esprime una valutazione negativa del provvedimento che segna un passo indietro (la cui portata oggi non è nemmeno ben chiara dal punto di vista del peso sulla finanza pubblica) nel percorso che il Paese ha avviato per affrontare la crisi del sistema pensionistico. Ritiene che con il provvedimento in esame il Governo ha deciso di muoversi in chiara controtendenza rispetto all’Europa.
Richiama la crisi demografica che incide profondamente e sostanzialmente sulla struttura della popolazione italiana, al punto che l’Italia è già oggi, dopo il Giappone, la nazione più vecchia con la metà della popolazione ultraquarantenne. Fa presente che fra 15-20 anni, secondo le previsioni dell’Inps, i pensionati supereranno i lavoratori attivi.
Si tratta di una modificazione epocale della società nei confronti della quale in tutto l’occidente Governi di ogni estrazione politica stanno adottando specifiche misure. E la prima più logica misura, a fronte di un innalzamento dell’età media, è l’innalzamento dell’età pensionabile. Infatti oggi gli uomini, una volta raggiunti i 65 anni di età, hanno una speranza di vita di circa 17 anni contro i 13 anni del 1972. Per le donne, sempre a 65 anni di età, si è addirittura arrivati a 21 anni di speranza di vita contro i 16 del 1972. Sulla base di tali dati era stato avviato uno specifico processo con la riforma Dini, definito poi, in sintonia con quanto accadeva nel resto d’Europa, con la riforma del Governo Berlusconi.
Osserva che la maggioranza ed il Governo di centrosinistra hanno deciso di andare in controtendenza in Europa, varando una controriforma che abbassa l’età pensionabile e accresce, di conseguenza, la spesa pensionistica. Tale scelta viene adottata in un Paese come l’Italia dove già la spesa sociale vale un punto di Pil in meno della media dei paesi dell’Europa a 25 e oltre tre punti in meno, ad esempio, di Germania e Francia. Inoltre tale spesa sociale, diversamente dal resto d’Europa, è in gran parte assorbita dalle pensioni.
Con riferimento al metodo, ricorda che il Ministro del Lavoro ha ufficializzato in Commissione ciò che da settimane si legge sui giornali e che è stato ribadito anche dai firmatari del Protocollo, e cioè l’immodificabilità dell’accordo. Esprime perplessità su tale metodo, dal quale consegue un invito al Parlamento a non modificare il testo in esame, al fine di non vanificare il principio della concertazione.
Passando al merito del provvedimento, osserva come il Protocollo rappresenti un «macigno» sulla spesa pubblica di circa 10 milioni di euro secondo stime che appaiono ottimistiche.
L’onere finanziario è compensato con l’aumento dei contributi sul lavoro, che vuol dire aumento del costo del lavoro per le imprese e maggiori oneri per i lavoratori, soprattutto per i lavoratori parasubordinati. Fa quindi presente come, al fine di consentire il pensionamento di lavoratori che hanno già oggi almeno 55 anni, vengano aggravate le condizioni di lavoro soprattutto dei giovani.
Fatta eccezione per tale profilo, i mezzi di copertura degli oneri previsti dal provvedimento non appaiono chiari, se si considera che l’extragettito non è una entrata strutturale, dipendendo dal recupero dell’evasione, in gran parte dalla congiuntura economica e, in piccola parte, dal recupero fiscale.
Quanto al riordino degli enti previdenziali, ritiene che l’entità del risparmio conseguente a tale razionalizzazione sia diversa dalla stima effettuata (circa 3 miliardi e mezzo di euro).
Ricorda come nel corso dell’indagine conoscitiva sia emerso come il progetto di razionalizzazione degli enti previdenziali non porterà risparmi, anzi, semmai, rischia di causare aggravi di spesa.
Circa i lavori usuranti, ricorda che è stato eliminato il tetto delle cinque mila unità di lavoratori, ma è stato introdotto un tetto di spesa, che comunque non altera la sostanza. Si domanda come si faccia a prevedere un tetto di spesa senza individuare il lavoro usurante, anzi rinviando ad un decreto legislativo l’individuazione. Esprime poi perplessità circa la previsione del riconoscimento dei benefici previdenziali solo per i lavoratori usuranti dipendenti e non quelliautonomi.
Fa poi presente che nel testo in esame ci sono penalizzazioni che riguardano le cosiddette «finestre» con previsioni diverse per lavorati autonomi e lavoratori dipendenti, nonché un problema complessivo di livello delle pensioni che vede i lavoratori autonomi svantaggiati.
Fa poi notare che un’altra questione che il decreto rinvia e che ha effetti negativi sull’equilibrio ed il costo del sistema è quella della revisione dei coefficienti di conversione. I coefficienti attualmente vigenti sono stati individuati nel 1995 sulla base di una rilevazione statistica della popolazione del 1990. L’Italia di 17 anni fa, in termini di speranza di vita era molto diversa da quella di oggi, peertanto lo spostamento fino al 2010 della revisione di tali coefficienti allontana ancora di più il sistema pensionistico da una gestione sana e, soprattutto, realistica. Precisa poi che, come evidenziato anche nel corso delle audizioni, la revisione dei coefficienti non è oggetto di concertazione, ma è rimessa alla legge: il rinvio della determinazione rischia di produrre ulteriori oneri per la fiscalità generale.
Concludendo, rileva come la questione del lavoro femminile sia utilizzata ancora una volta come argomento di propaganda. Si dichiara perplessa sulla natura di interventi a sostegno dell’occupazione femminile che siano a costo zero.
Circa il mercato del lavoro, ritiene che il Protocollo si muova in direzione opposta rispetto all’Europa che considera il tempo determinato, il part-time, il lavoro intermittente come strumenti efficaci per incrementare la competitività delle imprese. Talune norme del disegno di legge si muovono invece nella direzione inversa, quella della rigidità del sistema, che la «legge Biagi» ha cercato di eliminare.
Rileva che la trasformazione automatica dei contratti a tempo determinato in tempo indeterminato dopo 36 mesi (senza differenziazioni fra contratti di start up, sostituzione, lavoro stagionale), l’abolizione del lavoro a chiamata e del par time al di sotto di 12 ore settimanali, particolarmente utilizzato dalle donne, sono misure che non si muovono nella direzione della flessibilità e della sicurezza che sarebbero auspicabili.
Ribadendo la valutazione negativa del provvedimento, preannuncia la presentazione di emendamenti tesi a migliorare il provvedimento e a renderlo adatto alle esigenze di sviluppo e modernizzazione del Paese.
Enrico FARINONE (PD-U) ricorda che dalle audizioni svolte nel corso dell’indagine conoscitiva è emerso un ampio consenso sul provvedimento in esame e che anche i colleghi Fabbri e Bodega hanno riconosciuto la positività di alcuni interventi. Peraltro, anche la maggioranza è consapevole del fatto che si tratta di un testo migliorabile. Sottolinea quindi l’importante esito del referendum svolto tra i lavoratori e i pensionati, anche nell’Italia settentrionale. Ricorda altresì che l’abolizione dello «scalone», criticata da alcuni colleghi dell’opposizione, rappresentava un impegno elettorale dell’Unione, che si è cercato di rispettare compatibilmente con la situazione finanziaria del Paese. Il provvedimento ha altresì il merito di affrontare il tema dei lavori usuranti, che effettivamente dovrà essere approfondito per alcuni aspetti, specie in riferimento alla possibile discriminazione tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti. Ricorda inoltre che il tema dei coefficienti di trasformazione non era stato affrontato nella scorsa legislatura, come prevedeva la legge, e che il testo in esame reca interventi positivi in materia di ammortizzatori sociali, contratti di lavoro a tempo parziale e contratti di apprendistato. Anche in materia di contratti a tempo determinato, si è rispettato il programma elettorale dell’Unione, perseguendo l’obiettivo di rendere economicamente più oneroso per il datore di lavoro il ricorso al lavoro flessibile. Osserva infine che, contrariamente a quanto sostenuto dal collega Fabbri, il provvedimento reca misure significative in materia di politiche attive del lavoro, nonché a favore dei giovani: dalla totalizzazione dei contributi versati, all’agevolazione del riscatto della laurea e all’innalzamento della contribuzione per i lavoratori discontinui. Auspica pertanto l’approvazione, entro l’anno, del provvedimento in esame.
La seduta, sospesa alle 11, riprende alle 13.30.
Carmen MOTTA (PD-U) ritiene che l’accordo tra Governo e parti sociali all’origine del provvedimento in esame, nonché la concertazione che lo ha preceduto, abbiano soprattutto il merito di affrontare i problemi reali del Paese. Per quanto riguarda, più in particolare, il superamento dello «scalone», ricorda che esso era contenuto nel programma elettorale dell’Unione e che lo stesso Ministro Maroni ha recentemente dichiarato di aver subito, nella scorsa legislatura, l’introduzione dello «scalone» e di averlo accettato solo a patto di far entrare in vigore la riforma a partire dal 2008. Sempre nella scorsa legislatura, sono state rinviate riforme strategiche e sono stati lasciati aperti problemi rilevanti, dall’avvio della previdenza complementare alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Analoghe considerazioni possono farsi in riferimento al tema degli ammortizzatori sociali, sui quali nulla è stato fatto nella passata legislatura, sebbene lo stesso «libro bianco» del professor Biagi ne sottolineasse la necessità. Rileva altresì, ancora con riferimento allo «scalone», che l’innalzamento dell’età pensionabile è certamente inevitabile, ma deve avvenire in modo graduale e salvaguardando le ragioni dell’equità. Quanto ai lavori usuranti, ritiene che la platea dei beneficiari sia chiaramente definita, come emerso anche dalle audizioni delle organizzazioni sindacali, e che la copertura finanziaria sia congrua. Per quanto attiene, inoltre, ai coefficienti di trasformazione, osserva che il provvedimento in esame ha il merito di affrontare il problema, che nel 2005 il Governo non aveva inteso affrontare. Esprime quindi il proprio stupore per il fatto che nessuno – tra i soggetti ascoltati nel corso delle audizioni e tra i colleghi dell’opposizione – si sia concentrato sulle misure a favore dei giovani, sulle politiche attive per il lavoro, sulle misure in favore dei soggetti disabili, nonché sugli interventi nel settore agricolo. Ritiene inoltre che il provvedimento tenga nella dovuta considerazione le ragioni della competitività e della crescita, affrontando al contempo il problema della precarietà nel mondo del lavoro. In materia di occupazione femminile, ricorda che il disegno di legge contiene una delega, da esercitare entro dodici mesi, la quale, in modo innovativo, prevede una collaborazione tra diversi ministeri, nell’ottica di un approccio complessivo al problema. Si rammarica infine che, nell’esame del provvedimento, non si sia sin qui realizzata l’auspicata collaborazione con i gruppi dell’opposizione.
Antonino LO PRESTI (AN), dopo aver criticato l’eccessiva accelerazione impressa all’esame del provvedimento, si sofferma sulla norma di copertura finanziaria di cui all’articolo 32, la quale, come è noto, rinvia all’approvazione del disegno di legge finanziaria. In proposito, esprime dubbi sulla costituzionalità di siffatta copertura e annuncia la presentazione di una pregiudiziale di costituzionalità, quando il provvedimento giungerà all’esame dell’Assemblea. Osserva inoltre che la norma di copertura finanziaria prevede, a suo avviso del tutto infondatamente, che dall’emanazione dei decreti legislativi di attuazione delle deleghe contenute nel provvedimento non derivino nuovi o maggiori oneri per le finanze dello Stato. Annuncia pertanto la presentazione di un emendamento volto ad inserire una clausola di garanzia nella norma di copertura finanziaria. Osserva quindi che è del tutto illusorio attendersi risparmi di spesa pari a 3,5 miliardi di euro in dieci anni dalla razionalizzazione dei costi di gestione del sistema previdenziale. Al riguardo, desidera richiamare i rilievi espressi dalla Ragioneria generale dello Stato nel corso dell’audizione svoltasi l’11 luglio 2007 presso la Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale. In particolare, in quell’occasione è stato osservato che un’eventuale unificazione o l’attuazione di sinergie in settori omogenei non possono determinare nell’immediato risultati consistenti sotto il profilo del contenimento dei costi, essendo chiaro che nel breve e medio periodo, per raggiungere l’obiettivo di armonizzare i diversi comparti, sarà necessario programmare spese aggiuntive. È stato poi sottolineato che non sono ipotizzabili i risparmi nell’immediato, in quanto la ricollocazione in un unico ente di tutti gli enti previdenziali potrebbe comportare un meccanismo di allineamento verso i trattamenti economici del personale più elevati: pertanto, gli eventuali risparmi in materia di personale sarebbero configurabili solo nel lungo periodo, in conseguenza della successiva riduzione degli organici. Infine è stato chiarito che le eventuali economie derivanti dall’operazione di accorpamento degli enti non possono essere utilizzate per la copertura finanziaria di nuove spese, nel senso che gli eventuali risparmi di spesa derivanti da tale operazione non possono essere utilizzati come fonte di copertura per disposizioni recanti oneri certi ed immediati, derivanti ad esempio dal potenziamento delle tutele e dei diritti soggettivi nell’ambito delle prestazioni sociali. Osserva quindi che l’evidenziata carenza della copertura finanziaria mina alla base tutte le misure contenute nel provvedimento, ivi compresi gli aspetti teoricamente condivisibili. Ricorda quindi come il presidente dell’INPS, nel corso della sua audizione, abbia con grande chiarezza evidenziato i costi derivanti dall’abolizione dello «scalone» e dal rinvio della rideterminazione dei coefficienti di trasformazione, evidentemente sulla base dei dati elaborati dagli uffici dell’INPS. A tale ultimo riguardo, osserva che nella scorsa legislatura non si è proceduto alla rideterminazione dei citati coefficienti, in quanto la riforma pensionistica allora varata poneva comunque sotto controllo la spesa previdenziale e le resistenze da parte dei sindacati erano molto forti. Dichiara quindi di non credere che il Ministro Maroni potesse essere contrario a specifici contenuti di quella riforma e ricorda, inoltre, che nella scorsa legislatura sono mancate le risorse finanziarie per una riforma degli ammortizzatori sociali. Dopo aver rimarcato l’impossibilità di garantire ai lavoratori discontinui un tasso di sostituzione delle pensioni pari al 60 per cento, annuncia la presentazione di emendamenti su tutti i principali aspetti del provvedimento e, in particolare, per l’estensione agli altri settori produttivi dei benefici previsti per il settore agricolo.
Elena Emma CORDONI (PD-U) ricorda che il disegno di legge in esame è collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2008, nel cui ambito si inquadrano anche il disegno di legge finanziaria per il 2008 e il decreto-legge n. 159 del 2007. Ritiene che la dimensione dell’operazione di finanza pubblica si comprenda appieno solo a seguito di una lettura comparata dei tre provvedimenti citati.
Sottolinea come, a seguito delle misure introdotte dalla legge finanziaria del 2007, si registri un netto miglioramento nel Paese. Ciò è dovuto al processo virtuoso avviatosi con la richiamata finanziaria, la cui prosecuzione consentirà di rispondere all’obiettivo di una riduzione del debito pubblico al di sotto del 100 per cento entro la fine del quinquennio della legislatura.
Con riferimento al problema del potere di acquisto, fa presente che gli strumenti per affrontare tale tematica possono essere diversi. Il Governo ha scelto di abbandonare il percorso precedentemente utilizzato, che puntava essenzialmente alla riduzione del costo del lavoro, privilegiando altri strumenti, quali la quattordicesima per le pensioni basse, il bonus per gli incapienti, ma soprattutto il ripristino del fiscal drag previsto nel disegno di legge finanziaria per il 2007. Apprezzando il nuovo percorso scelto dal Governo, fa presente che si tratta però di un percorso che richiede tempo per produrre risultati evidenti.
Con riferimento al Protocollo del 23 luglio, sottolinea come, a fronte del riconoscimento del ruolo delle parti sociali, debba essere garantito il ruolo del Parlamento che non può limitarsi ad un’operazione di ratifica.
Con riferimento al profilo previdenziale, in primo luogo fa notare come lo strumento del pensionamento flessibile possa rivelarsi particolarmente utile in futuro. Esprime comunque apprezzamento per la modifica del sistema pensionistico previsto dalla «legge Maroni».
Richiama poi il lavoro svolto dalla Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori, che ha l’onore di presiedere, che ha indicato le linee di una riorganizzazione degli enti previdenziali, da cui potrebbe derivare maggiore risparmio, oltre che una maggiore efficienza nell’attività svolta. Ritiene necessario intervenire secondo tali linee, non essendo comunque auspicabile l’innalzamento, nel 2011, della aliquota contributiva, secondo quanto previsto dall’articolo 2.
Con riferimento al superamento del divieto di cumulo previsto nel Protocollo del 23 luglio scorso e non tradotto in apposita disposizione nel disegno di legge in esame, fa presente l’importanza di recuperare risorse finanziarie per tale profilo.
Conclude soffermandosi sulla disposizione relativa ai benefici previdenziale per l’esposizione all’amianto. Ricordando la vicenda, a livello normativo, dell’amianto, fa presente che la riapertura del tema dei benefici previdenziali per esposizione all’amianto rischia di generare aspettative non facilmente soddisfabili.
Simone BALDELLI (FI) si sofferma innanzitutto sul superamento dello «scalone», che, pur non essendo certo una priorità, era stato inserito nel programma elettorale dell’Unione, con la conseguenza che il Governo si è visto costretto a concludere un accordo difficile e controverso, come dimostrano i due passaggi in Consiglio dei Ministri del disegno di legge di attuazione e il ritardo con cui questo è stato trasmesso al Parlamento. Osserva quindi che la copertura finanziaria del provvedimento è dubbia nel complesso e addirittura scandalosa per quanto concerne il prelievo dalla gestione separata dell’INPS per i lavoratori parasubordinati, oltre ad essere palesemente insufficiente per le misure in materia di lavori usuranti e di lavoratori esposti all’amianto. Il citato prelievo dalla gestione separata dell’INPS, inoltre, contrasta palesemente con la retorica demagogica delle dichiarazioni del Governo in materia di precarietà nel mondo del lavoro. Al riguardo, osserva, per inciso, che la Commissione non ha ancora approvato il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva in materia, forse perché gli elementi emersi non risultano graditi all’attuale maggioranza. Sottolinea altresì l’insostenibilità della garanzia di un tasso di sostituzione pari almeno al 60 per cento per i lavoratori discontinui, il quale, come è emerso anche dalle audizioni, inserisce un elemento di carattere chiaramente retributivo in un sistema previdenziale contributivo. In sostanza, la maggioranza si è divisa al suo interno per favorire le organizzazioni sindacali, mettendole in contatto con un’ampia platea di potenziali iscritti attraverso il meccanismo individuato per il rinnovo dei contratti di lavoro a tempo determinato, trascorsi i primi trentasei mesi. In conclusione, osserva che il provvedimento in esame rappresenta un cattivo compromesso tra una visione ideologica del mercato del lavoro e alcuni interessi di parte. Auspica che nel corso dell’esame si realizzi una serena discussione nel merito del provvedimento, che sia all’altezza del rilievo dei temi trattati e della dignità del confronto parlamentare.
Paola PELINO (FI) ricorda, citando la relazione introduttiva, che il disegno di legge in esame vorrebbe raggiungere un obiettivo di grande rilievo: l’individuazione, in piena condivisione tra Governo e parti sociali, delle misure da intraprendere per promuovere una crescita economica duratura, equilibrata e sostenibile, dal punto di vista finanziario e sociale. I settori d’intervento, secondo il Governo, sono stati riguardati attraverso una duplice prospettiva temporale, e cioè la necessità di un intervento riformatore di estrema ampiezza e di particolare profondità, volto a rendere gli istituti presi in considerazione più aderenti alle istanze sociali ed economiche oggi presenti; nel contempo, il Governo dichiara di aver provveduto a proiettare le modifiche delineate in un prossimo futuro nel quale le stesse verranno a contatto con dinamiche diverse delle quali dovranno reggere l’urto. In tal modo, il Governo rileva di aver agito in modo strategico, in quanto sono stati elaborati una serie di interventi volti tutti all’ottenimento, con diverse tappe temporali, di un disegno riformatore unitario, cementato dall’obiettivo comune di una maggiore crescita ed equità. Al riguardo, rileva che in alcuni punti del provvedimento occorre apportare modifiche migliorative per i lavoratori, ovvero ripristinare lo status quo ante di alcuni strumenti recati dalla legislazione in materia di occupazione e di mercato del lavoro. Infatti, il fitto ciclo di audizioni tenuto in questi giorni ha evidenziato che sia da parte degli istituti previdenziali che da parte delle associazioni rappresentative di categoria e datoriali, come da parte degli stessi sottoscrittori dell’accordo con il Governo, sono stati evidenziati punti di criticità, anomalie e censure all’articolato in esame, sotto vari profili. A titolo di esempio, i punti di criticità sono: la mancanza di copertura finanziaria, la disparità tra lavoro pubblico e lavoro privato, il problema del precariato nella pubblica amministrazione, la carenza di compiuta regolamentazione normativa delle categorie di lavori usuranti, la flessibilità occupazionale e, non da ultimo, la situazione dei salari, definiti tra i più bassi d’Europa. Pertanto, appare evidente che il provvedimento varato dalla maggioranza non rivela certamente, nell’attuale articolato frettolosamente collazionato con lacune e anomalie che andranno esaminate in fase emendativa, una posizione favorevole per i lavoratori, nonostante le eclatanti intenzioni programmatiche in tal senso. Annuncia quindi che esprimerà il suo dissenso tramite appositi emendamenti correttivi al provvedimento, in materie che riguardano, ad esempio, le disposizioni in tema di occupazione delle persone con disabilità (legge 12 marzo 1999, n. 68), in quanto l’assunzione a tempo indeterminato è limitativa, perché, aggiungendo altre forme di lavoro subordinato, si amplia la possibilità per i disabilili di accesso al lavoro, favorendo la categoria svantaggiata, come nella ratio della legge. Altre correzioni vanno apportate alle modifiche ed integrazioni all’articolo 5 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, che vanno riformulate in modo da essere omogenee con la direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che fissa i criteri per detti contratti a termine, e in modo da non escludere l’applicabilità dell’articolo 1 dello stesso decreto legislativo n. 368 del 2001, recante le ragioni oggettive e non meramente temporali. Inoltre, occorre eliminare la disposizione che andrebbe a sopprimere l’esenzione da limitazioni quantitative per i contratti a tempo determinato non rientranti nelle tipologie indicate, di durata non superiore a sette mesi, limitando dunque l’utilizzo flessibile della manodopera. Per quanto riguarda, poi, le norme in materia di lavoro a tempo parziale, evidenzia che le modifiche apportate incidono negativamente sull’autonomia negoziale del lavoratore, sottraendo alle parti stesse del contratto di lavoro a tempo parziale, la possibilità di stabilire le clausole flessibili, rimettendo, invece, detta facoltà ai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Non a caso, la parola «concordare» viene dal provvedimento sostituita con «stabilire»: ciò, a suo avviso, in danno alla libera contrattazione dei lavoratori. Infine, andrebbe certamente soppressa l’abrogazione dell’istituto del lavoro intermittente (articoli da 33 a 40 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276), perché verrebbe abrogato uno strumento di flessibilità messo a disposizione delle imprese e che si è rivelato comunque utile, anzi necessario, per consentire opportunità di lavoro a determinate categorie di lavoratori del settore (ad esempio, del turismo alberghiero, dello spettacolo etc.); andrebbero inserite disposizioni correttive sul riordino della normativa in materia di occupazione femminile, in senso maggiormente favorevole alle donne, anche alla luce della Direttiva 2006/54/CE sulle pari opportunità, fonte di rango primario secondo cui gli Stati membri tengono conto dell’obiettivo della parità tra gli uomini e le donne nel formulare ed attuare leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività nei settori di cui alla presente direttiva.
Il sottosegretario Antonio Michele MONTAGNINO ricorda che il provvedimento in esame persegue gli obiettivi della crescita economica e dell’equità sociale, tentando una redistribuzione delle risorse in favore dei soggetti più deboli. Personalmente, ritiene che la flessibilità del mercato del lavoro non debba essere demonizzata e confusa con la precarietà. Il Governo intende infatti ridurre la precarietà senza irrigidire in modo irragionevole il mercato del lavoro. A tal fine, è intenzione del Governo operare per far sì che il contratto di lavoro a tempo indeterminato torni ad essere la tipologia contrattuale normale, evitando l’abuso delle tipologie contrattuali flessibili. Tale obiettivo rappresenta, a suo avviso, una scelta coerente rispetto alle battaglie condotte dal centrosinistra nella scorsa legislatura e al programma elettorale dell’Unione. Venendo ad affrontare le questioni emerse nel corso della discussione, rileva che il Governo intende naturalmente farsi carico della necessità di innalzare l’età pensionabile, agendo però attraverso un meccanismo più equo e graduale dello «scalone». Per quanto attiene ai coefficienti di trasformazione, ricorda che nella scorsa legislatura non sono stati adeguati, perché si è preferito introdurre appunto lo «scalone», e che essi devono essere aggiornati dopo che siano stati rivisti i criteri per la loro determinazione; in questo contesto, si inserisce l’obiettivo di garantire ai lavoratori discontinui un tasso di sostituzione pari almeno al 60 per cento, mediante l’adozione di una serie di concrete misure di politica economica e previdenziale. Ritiene altresì che sia giusto riflettere sulla possibile discriminazione tra lavoratori dipendenti e autonomi in materia di lavori usuranti, ma difende la scelta di eliminare il tetto numerico e di introdurre una previsione di spesa, che naturalmente sarà rivista ove necessario. Passando agli interventi in favore dei lavoratori esposti all’amianto, rileva che il provvedimento in esame supera in effetti la finzione giuridica in base alla quale nessun lavoratore sarebbe stato esposto all’amianto dopo il 1992, ma non riapre i termini per la presentazione delle domande, che restano fermi al 15 giugno 2005: ritiene pertanto che possano essere evitati i rischi segnalati dal deputato Cordoni. Giudica inoltre positivo l’intervento in materia di danno biologico, mentre osserva che, in tema di ammortizzatori sociali, il provvedimento contiene misure di immediata applicazione e norme di delega, comunque provviste di adeguata copertura finanziaria. Osserva inoltre che era assolutamente necessaria una revisione della disciplina dei contratti di apprendistato, per evitare l’eccessiva frammentazione della stessa su base regionale, la quale pone ostacoli talvolta insormontabili alla mobilità dei lavoratori. Esprime altresì un giudizio positivo sulle misure in favore dei soggetti disabili nonché sulla norma in materia di rinnovo dei contratti a tempo determinato, della quale andrà verificata in concreto l’efficacia. Ricorda infine le misure in favore dei giovani e i benefici per il settore agricolo, ricordando come, lo scorso anno, analoghi benefici fossero stati concessi al settore dell’artigianato, in un’ottica di progressiva estensione degli stessi. Rinvia quindi alla relazione tecnica per quanto attiene alle preoccupazioni emerse in ordine alla copertura finanziaria del provvedimento.
Gianni PAGLIARINI, presidente, dichiara quindi concluso l’esame preliminare del provvedimento.Avverte che il termine di presentazione degli emendamenti al provvedimento in esame è fissato – secondo quanto stabilito in Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi – per domani, venerdì 9 novembre alle ore 14.
A tale proposito ricorda che il provvedimento in titolo rientra tra quelli collegati alla manovra della finanza pubblica per il 2008 e che la fase di presentazione e di esame degli emendamenti è sottoposta ad una particolare disciplina.
In primo luogo, ricorda che non potranno essere presentati direttamente in Assemblea emendamenti che non siano stati previamente presentati e respinti presso questa Commissione, fatta eccezione per quelli riferiti a parti del testo modificate dalla Commissione stessa. Per quanto riguarda l’ammissibilità degli emendamenti presentati presso la Commissione, ricorda che, ai sensi dell’articolo 123-bis, comma 3-bis, del regolamento, sono inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che concernono materie estranee all’oggetto proprio del progetto di legge collegato alla manovra della finanza pubblica, così come definito dalla legislazione vigente in materia di bilancio e contabilità dello Stato, nonché dalla risoluzione che ha approvato il documento di programmazione economico-finanziaria. Sono, altresì, inammissibili gli emendamenti contrastanti con i criteri per l’introduzione di nuove o maggiori spese o minori entrate, come definiti dalla legislazione vigente sul bilancio e sulla contabilità dello Stato: gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che determinino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica dovranno pertanto recare la relativa copertura finanziaria. Avverte quindi che, sulla base della prassi adottata negli ultimi anni presso la Commissione bilancio e in Assemblea, la copertura finanziaria, in quanto parte integrante dell’emendamento, deve essere formulata in modo integrale e idoneo, sotto il profilo della congruità e della corrispondenza temporale, per il suo ammontare agli oneri derivanti dall’emendamento medesimo. Avverte infine che gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi dichiarati inammissibili in Commissione non potranno essere presentati in Assemblea.
Rinvia quindi il seguito dell’esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 15.30.
UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
L’ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.30 alle 15.40.




























