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Home - Fiom: sindacato o movimento? - Accornero, una deriva pericolosa, spero in un ravvedimento

Accornero, una deriva pericolosa, spero in un ravvedimento

25 Luglio 2011
in Fiom: sindacato o movimento?

Aris Accornero, professore emerito di sociologia industriale alla Sapienza di Roma, conosce bene il sindacato. Lo ha seguito negli anni bui, nel suo splendore, nelle difficoltà in cui si batte in questi anni. La metamorfosi che sta vivendo la Fiom, sempre più movimento, sempre meno sindacato, lo sconcerta. Vede un pericolo grave in questo cambiamento, teme che si possano verificare guai seri, ma non smette di sperare in quello che chiama un ravvedimento del gruppo dirigente della Fiom.

Accornero, si aspettava un cambiamento così radicale dalla Fiom?
La deriva della Fiom dura da anni. Il più grosso choc lo ho avuto nel 2007, quando bocciò l’accordo sul welfare firmato da Prodi, un vero sostegno alla riforma del mercato del lavoro, tra l’altro sostenuto dai lavoratori. Fu un segno allarmante, come il fatto che avesse iniziato a non firmare accordi. La Fiom è sempre stata l’avanguardia dell’organizzazione sindacale, non di un movimento sociale. Non aveva mai accampato una pretesa del genere. Adesso sembra difficile che ritrovi la strada sindacale, servirebbe che l’attuale gruppo dirigente avesse l’umiltà di ravvedersi.

Però la Fiom adesso ha un grande successo di consensi.
Sì, ma questo rafforza il convincimento che la Fiom fa parte di un movimento sociale, e questo non è accettabile in questa situazione disperata e disperante, con un governo non all’altezza e non accettabile. E’ comprensibile che in una situazione del genere la Fiom riscuota apprezzamento. Ma un movimento sociale non è la forma giusta di esprimersi per un sindacato.

Può indebolirsi la difesa dei diritti dei lavoratori?
Ne soffre il tipo di azione sindacale normalmente condotta da chi firma intese, raggiunge accordi. Il movimento sindacale può essere tutto meno che un movimento. Fa il suo mestiere confrontandosi con la sua controparte per cercare di raggiungere intese che cambino positivamente la condizione dei lavoratori. Il sindacato è questo, non altro. Questo fuorviamento dell’azione sindacale può portare grosse delusioni. E’ difficile pensare che il futuro del sindacato sia quello cui allude la Fiom.

La via giudiziaria prova questo cambiamento?
Sì, la scelta di privilegiare la soluzione giudiziaria a quella contrattuale indica un forte cambiamento del modo di fare sindacato. Si comincia a trattare con l’occhio non ai contenuti della trattativa, ma allo stato dei diritti da difendere. I diritti hanno una loro storicità, dalla quale non si può prescindere.

La battaglia dei diritti caratterizzò la stagione di Trentin.
Sì, il riferimento è esplicito. Ma l’azione sindacale è altro, i diritti devono essere salvaguardati da altre realtà. Il conflitto portato avanti dal sindacato deve essere quello che gli è proprio. Questo allontanamento dall’alveo sindacale della Fiom, e l’occupazione di un alveo politico, costituisce una grossa distorsione del modo di intendere il sindacato.

E’ possibile che si arrivi a una rottura tra Fiom e Cgil?
Io spero non accada, che non ci sia una rottura vera e propria, ma il rischio esiste. Comunque non è la Cgil che deve evitare lo strappo, è la Fiom che deve riflettere, altrimenti sono rischi per tutti.

E’ possibile un futuro politico per la Fiom o per Maurizio Landini?
Non lo so. Spero che nessuno lo voglia. Certo, il modo di Landini di condurre l’organizzazione è tale da suscitare dubbi e apprensioni.

Qualcuno dice che è stata la condotta di Sergio Marchionne a spingere la Fiom in questa direzione.
La deriva Fiom è iniziata ben prima che la Fiat sconvolgesse le relazioni industriali. Semmai è possibile che lui abbia approfittato dell’occasione offerta da questo sindacato poco convinto della necessità di firmare intese, più attento al rispetto formale dei diritti. Adesso si deve negoziare il negoziabile, come è stato fatto con l’ultimo accordo interconfederale, un giusto veicolo per fronteggiare la crisi in cui ci troviamo.

Massimo Mascini

 

Tags: Metalmeccanici
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