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Aidp, smart working per il 90% delle imprese anche dopo il 30 giugno

Tommaso Nutarelli
Aprile05/ 2022

Che cosa ne sarà dello smart working? La domanda è lecita, visto che con la pandemia il lavoro da remoto si è diffuso in maniera esponenziale. Le norme sulla regolamentazione per il lavoro da casa sono state prorogate fino al 30 giugno prossimo, e l’88% delle aziende ha confermato il mantenimento dello smart working anche dopo questa data, con il 58%  che ha manifestato la difficoltà nell’assumere nuovo personale se non viene garantito il lavoro da remoto. Il dato emerge da una ricerca condotta dall’Aidp, l’Associazione dei direttori del personale, su un campione di 850 imprese.

I numeri dell’indagine ci dicono che il 37% delle aziende ha già definito una policy per il rientro al lavoro dopo tale scadenza, il 32% le sta definendo mentre il 30% è in attesa di capire se ci sarà un’evoluzione della normativa prima di prendere una decisione.

La prospettiva è quella di una modalità di lavoro ibrida. Il 38% delle aziende, infatti, ha affermato che i dipendenti potranno lavorare da remoto almeno 2 giorni alla settimana, e il 14% almeno 1 giorno. Negli altri casi, con percentuali minori, si va da 3 ai 5 giorni fino ad una presenza di un solo giorno al mese.

Ma come si stanno preparando le aziende a una rivoluzione che ha sempre di più il sapore della normalità? Un primo passo è la riorganizzazione degli spazi. Il 30% delle imprese lo ha già fatto, in vista di un minor numero di dipendenti, mentre il 27% è in procinto di farlo. C’è poi il tema della sicurezza da garantire anche nelle abitazioni private. Il 50% delle aziende intervistate ha già definito degli standard minimi, il 22% lo ha previsto. Altro nodo, per nulla secondario quando si parla di smart working, è il diritto alla disconnessione. Il 42% del campione fa sapere di avere preso già precauzioni in merito, mentre il 36% ci sta ragionando. Inoltre il 46% delle aziende ha intenzione di adottare delle buone prassi per una migliore gestione del lavoro da remoto.

La ricerca mette in luce anche le pratiche attraverso le quali le relazioni industriali stanno regolamentando il lavoro agile. Il 19% delle aziende si rifà ai contratti collettivi, mentre il 62% adopera la contrattazione individuale.

Se confrontiamo la gestione dello smart working da parte delle imprese nei primi mesi della pandemia con quella attuale, i dati dimostrano un rafforzamento e una stabilizzazione nell’uso del lavoro agile. Infatti una ricerca dell’Aidp del settembre 2020 evidenziava come il 68% delle imprese era disponibile a proseguire con il lavoro da remoto. In vista del 2021, il 58% degli intervistati aveva manifestato la volontà di continuare, mentre per il 26% questa nuova forma di lavoro sarebbe terminata a fine 2020. Rispetto al numero degli addetti coinvolti, il 58% delle imprese aveva previsto una percentuale tra il 50 e il 90% della forza lavoro, e il 70% delle aziende aveva ipotizzato 2-3 di lavoro agile alla settimana.

L’indagine analizzava anche maggiori benefici che il lavoro da casa portava con sé: risparmio di tempo e di costi (69%), maggiore conciliazione tra vita privata e lavoro (64%) e aumento della responsabilità individuale (46%). Di contro la principale trappola del lavorare da casa era l’assenza di socialità, per il 62% degli intervistati, seguita da una difficoltà nel separare gli spazi domestici da quelli lavorativi, per il 32%, fino al rischio di un sovraccarico nei compiti per il 21%.

Tommaso Nutarelli

Tommaso Nutarelli

Redattore de Il diario del lavoro.

Redattore de Il diario del lavoro.