“Tra il 2014 e il 2016 – spiega Bankitalia – il reddito medio familiare è stato sospinto da quello da lavoro dipendente che ha beneficiato della crescita del numero di percettori e dell’aumento delle retribuzioni medie annue pro capite. Per contro, sono diminuiti, ancorchè in misura contenuta, i redditi da lavoro autonomo, da proprietà e da pensioni e trasferimenti; in quest’ultimo caso, il calo è derivato dalla riduzione della quota di famiglie che li percepiscono, a fronte di una crescita dei loro valori medi”.
“A fronte – sottolinea Via Nazionale – della sostanziale stabilità del reddito medio familiare in termini reali, il reddito medio equivalente, una misura che meglio approssima il benessere economico individuale tenendo conto della dimensione familiare e delle economie di scala che ne derivano, è salito a circa 18.600 euro nel 2016”.
“L’andamento favorevole del reddito equivalente – aggiunge Palazzo Koch – si è accompagnato con la ripresa, a tutti i livelli di reddito, della quota di famiglie che hanno dichiarato di essere riuscite, nel complesso dell’anno, a risparmiare parte del loro reddito (in media dal 27% al 33%). Tra le famiglie appartenenti al 30% con reddito più basso è però cresciuta anche la quota di quelle che hanno detto di aver fatto ricorso ai risparmi o di essersi indebitate per finanziare la propria spesa”.
Ma, quasi una persona su quattro (23%) è a rischio povertà e una quota così elevata non si era mai raggiunta dalla fine degli anni ’80. Secondo l’indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie, nel 2016 “la quota di persone a rischio di povertà è salita al 23%, un livello molto elevato” e il più alto dal 1989, anno di inizio delle serie storiche dello studio.
Il rischio di povertà, spiega Palazzo Koch, “è più elevato per le famiglie con capofamiglia più giovane, meno istruito, nato all’estero, e per le famiglie residenti nel Mezzogiorno. Tra il 2006 e il 2016 è diminuito solo tra le famiglie con capofamiglia pensionato o con oltre 65 anni”.