Il turismo rimane uno dei settori più dinamici nel nostro paese, in termini occupazionali e di Pil. Un comparto dunque in continua crescita, che sta attraversando una profonda trasformazione, dovuta all’innovazione tecnologica. Permangono tuttavia delle lacune, come la mancanza di uno specifico Ministero. Ne abbiamo parlato con Gianfranco Battisti, presidente di Federturismo, in occasione dei 25 anni dell’associazione.
Battisti, come è cambiato il settore del turismo in questi 25 anni?
I cambiamenti del mercato hanno radicalmente modificato l’intera filiera turistica. Siamo di fronte ad un contesto in continua evoluzione caratterizzato da nuovi flussi, nuovi Paesi di provenienza, nuove mete, nuovi prodotti e nuovi modelli di business. Agli inizi degli anni 90 siamo passati da un turismo di massa ad un turismo globale in cui le motivazioni del viaggio sono diventate sempre più ampie. Le vacanze non sono più concentrate in pochi periodi dell’anno, ma ripartite in più periodi e stagioni con l’intercambiabilità di soggiorni e viaggi in Italia e all’estero, fino ad approdare a un turismo, quello dei giorni nostri, sempre più flessibile, segmentato, rispettoso dell’ambiente, personalizzato in un contesto stravolto dall’avvento delle nuove tecnologie. La rivoluzione digitale ha modificato il quadro all’interno del quale si muovono i flussi turistici che, grazie alle innovazioni tecnologiche, sono sempre più indipendenti ed informati.
Alla luce di questi cambiamenti, qual è lo stato di salute del comparto?
L’Italia è la quinta potenza turistica nel mondo e consolida la sua posizione nel rating del turismo globale con 58,7 milioni di arrivi internazionali, insidiando la Cina al quarto posto con 60,1 milioni di visitatori. È una delle industrie più importanti per la nostra economia che porta sviluppo, occupazione e con prospettive di crescita di fatto precluse a molti settori produttivi maturi, eppure ancora oggi è un settore al quale la politica industriale del nostro paese dedica poca attenzione. Il malessere del nostro truismo è da attribuire in gran parte ad una burocrazia improduttiva ad una eccessiva fiscalità, all’assenza di una politica chiara ed incisiva e ad un disordine istituzionale. Il turismo per affermarsi necessita, innanzitutto, di coesione politica e sociale, di strategie pubbliche e private sinergiche. Per recuperare le nostre criticità congiunturali e strutturali occorre lavorare su quattro pilastri principali: attirare maggiori investimenti, incrementando e rendendo più efficace l’utilizzo dei fondi europei; migliorare il contesto di business eliminando gli ostacoli come ad esempio la molteplicità di tasse nazionali, locali, dirette e indirette, che in Italia pesano molto più che altrove; far fronte alla carenza d’infrastrutture, come la banda larga nelle zone rurali o remote, incrementare i collegamenti, attualmente insufficienti, sia a livello di rotte intercontinentali che relativamente al trasporto locale.
Vista l’importanza del comparto, in termini occupazionali e di Pil, ritiene che sia opportuno introdurre un ministero specifico?
L’istituzione di un Ministero del Turismo dedicato, lo ripetiamo da anni, rappresenterebbe per il nostro mondo un’importante conquista, espressione della volontà di ridare al turismo il posto che merita a livello istituzionale. Sarebbe un grande riconoscimento, da parte delle forze politiche, per un settore strategico per l’economia italiana che porta sviluppo, occupazione e investimenti con tassi di crescita stabili superiori al 4% annuo e che necessita di una forte politica nazionale e di una visione unitaria. Sotto la guida di un Ministro con competenze specifiche si sarebbe potuto fare quel salto qualitativo necessario dal punto di vista turistico per dar vita ad un progetto Paese.
Come valuta l’operato del Ministro Franceschini?
Aver incardinato il turismo nel Ministero dei Beni e delle Attività Culturali ha, di fatto, depotenziato lo sviluppo di un settore strategico sotto il profilo economico e sociale che ha, invece, bisogno di un’interlocuzione specifica. Dobbiamo però riconoscere alla Direzione Generale del turismo il merito di aver saputo svolgere un lavoro di ampia concertazione, condivisione ed integrazione che ha coinvolto i territori e le associazioni di categoria e che è confluito nel Piano Strategico per il turismo. Un testo di oltre cento pagine in cui sono delineate le priorità per valorizzare un settore attraverso 52 linee di intervento, racchiuse in 4 obiettivi fondamentali: diversificare l’offerta turistica, innovare il marketing del brand Italia, accrescere la competitività e migliorare la governance del settore. L’ammodernamento delle strutture e delle infrastrutture legate al turismo, con interventi in linea con i criteri di sostenibilità ambientale, la crescita dell’attrattività turistica basata sulla valorizzazione sostenibile del patrimonio culturale e territoriale del Paese e un processo di innovazione tecnologica sono tutte linee d’intervento importanti per lo sviluppo del Paese che devono trovare l’opportuna applicazione. Il Piano è un importante strumento di pianificazione e programmazione che ci auguriamo possa accompagnare realmente lo sviluppo del settore e la valorizzazione del territorio per attrarre nuovi flussi, è un modello che può rappresentare un patrimonio di esperienza, sicuramente utile al nuovo Governo.
Cosa si aspetta dal nuovo esecutivo e quali sono le vostre richieste?
È indispensabile che il turismo sia riconosciuto come un settore industriale strategico. Per il suo rilancio Federturismo ha pensato a 17 proposte strategiche da adottare. Piano industriale per il turismo, nuova governance, promozione turistica, fiscalità e tassazione, tassa di soggiorno, formazione, lavoro e digitalizzazione per un’impresa 4.0, Mezzogiorno, capitali e investimenti sostenibilità, accessibilità e mobilità turistica, Europa, concessioni e demanio. Ma affinché questo settore abbia a disposizione un contesto normativo, politico e burocratico favorevole, risorse e investimenti adeguati con il coinvolgimento di tutti gli operatori pubblici e privati, urge una velocità di reazione da parte di tutti gli attori.
Le decisioni della politica, in questi 25 anni, sono andate nella giusta direzione?
L’Italia rimane una destinazione di eccellenza, ma con un bacino di opportunità non pienamente sfruttate. Ci sono dei temi per noi cruciali rimasti irrisolti tra i quali il processo di riforma del Titolo V che rimane un passo fondamentale per poter ridare al paese la possibilità di essere visibile e competitivo a livello mondiale e per ridurre l’attuale spreco di risorse (oltre 600 milioni di inutile spesa di promozione da parte delle Regioni e oltre 13.000 enti locali che si occupano a vario titolo di turismo). Va sostenuto, accelerato e concluso, compreso il ritrasferire al centro e ottimizzare le risorse finanziarie e sfoltire la ridondante macchina pubblica. Così come la visione di un’Italia nuovamente competitiva nel mercato internazionale del turismo passa dall’attivazione di un sistema di promozione unitario del brand Paese e del suo portafoglio di prodotti turistici.
Nell’accordo di programma M5S-Lega viene ipotizzata la reintroduzione dei voucher. È uno strumento che considera utile, soprattutto per il lavoro stagionale?
L’abrogazione dei voucher ha rappresentato un passo indietro nel mercato del lavoro e una scelta frettolosa che sta creando problemi a molte realtà industriali della filiera turistica, soprattutto per quelle attività che per loro natura sono di per sé occasionali e per le quali al momento il legislatore non ha previsto un valido strumento alternativo. Tra l’altro la cancellazione repentina dei voucher, connessa alle forti limitazioni che il legislatore già da diversi anni ha posto sul lavoro intermittente, hanno ridotto la flessibilità delle imprese generando un buco normativo.
L’accordo tra Confindustria-Cgil, Cisl e Uil sulla riforma della contrattazione punta a riscrivere le regole del gioco. Quali benefici auspica per il turismo?
L’accordo rappresenta un passo importante nello sviluppo delle relazioni industriali, specie per quanto riguarda il tema del welfare aziendale. L’economia del welfare è in piena crescita, non solo nelle aziende manifatturiere ma anche nel settore del turismo e dei servizi e questo grazie agli interventi del legislatore che ha riconosciuto significativi incentivi fiscali ad un’ampia gamma di iniziative aziendali e contrattuali a vantaggio dei lavoratori e delle loro famiglie. Per approfondire, sia a livello normativo sia fiscale, i vantaggi che il legislatore ha messo a disposizione delle aziende che decidono di investire nel welfare anche attraverso il riconoscimento ai propri dipendenti di flexible benefits, Federturismo, in collaborazione con Assolombarda Servizi, ha organizzato un seminario che è stato anche l’occasione per presentare soluzioni rapide per gli imprenditori che decidono di investire nel welfare sfruttando la tecnologia digitale e le piattaforme web e per semplificare il processo burocratico di accesso agli incentivi fiscali.
L’innovazione tecnologica e la formazione possono rappresentare una marcia in più per il settore?
Oggi l’accessibilità non può limitarsi a strade, ferrovie ed aeroporti ma deve passare inevitabilmente dalla rete. La rivoluzione digitale ha cambiato profondamente le modalità di comportamento dei consumatori, quindi essere efficaci, visibili e rilevanti sul web è diventato un fattore decisivo di competitività e successo. Il web ha reso più agguerrita la competizione e i social media hanno assunto un ruolo sempre maggiore sia come strumento d’informazione sulla destinazione, sull’acquisto di viaggi e si sono sostituiti al vecchio passaparola. Definire una strategia digitale per il paese e per il turismo è una priorità assoluta e sarà innanzitutto una sfida culturale e tecnica perché occorrerà sviluppare competenze adeguate per la creazione di sorgenti di dati integrati, per il lavoro in ambienti tecnologici ibridi, ricordando che questo volume di dati sarà soggetto ad una rapida obsolescenza e perciò i criteri di conservazione, segregazione e utilizzo dovranno essere ripensati e orientati a modelli totalmente differenti rispetto a quelli usati fino ad oggi. Si rende quindi indispensabile una formazione che sia, ad ogni livello, sempre più al passo con i tempi, prevedendo di inserire in piani di studio le discipline che permettano di studiare il digitale applicato all’ambito turistico.
Altra spina nel fianco, non solo per il turismo, è il dumping contrattuale. In che modo lo state contrastando?
In questi anni abbiamo visto crescere in modo esponenziale il numero dei contratti firmati da sigle sindacali e datoriali che hanno una rappresentanza incerta. Questo crea un grave dumping contrattuale che fa male al lavoro e alla qualità della produzione. È giunto il momento di contrastare la proliferazione di contratti collettivi stipulati da soggetti senza nessuna rappresentanza certificata, siglati a condizioni peggiorative rispetto ai contratti di settore perché alterano la concorrenza fra imprese, danneggiano i lavoratori e la qualità della produzione. Per assicurare una governance equilibrata alla contrattazione collettiva e alla bilateralità occorrono linee di indirizzo e percorsi comuni volti a favorire strategie di sviluppo e regole della rappresentanza, ma soprattutto occorre definire i criteri per misurare la rappresentatività perché ci sono ancora varie difficoltà tecniche sulle quali dover lavorare.
Tommaso Nutarelli
@tomnutarelli