Ha preso il via ieri a Milano, presso il Teatro Dal Verme, la Conferenza di Programma della Cgil “Buon Lavoro. Governare l’innovazione, contrattare la digitalizzazione”. Al centro della due giorni, che si concluderà oggi, la riflessione sulle grandi trasformazioni in atto nel mondo del lavoro.
Misurarsi con la nuova rivoluzione tecnologica, con la digitalizzazione, l’intelligenza artificiale, i big data, la robotica. È questa la prospettiva indicata dal segretario generale della confederazione, Susanna Camusso, nella relazione introduttiva ai lavori, spiegando che ora il sindacato ha bisogno di affrontare una sua “rivoluzione culturale” e ripensare le forme della contrattazione.
La conferenza di programma, sotto l’hashtag #Buonlavoro, è organizzata su tre panel dedicati ad argomenti specifici e moderati dal giornalista Rai Luca Patrignani: ieri “Contrattare nelle piattaforme”” e “Contrattare processi di innovazione nel territorio””. Il terzo panel ci sarà oggi alle 14.50, dal titolo “Contrattare la condizione del lavoro nella digitalizzazione”. Presente all’incontro anche la segretaria generale della Cisl, Annamaia Furlan.
“Il filo conduttore della nostra azione è stato il contrasto alle disuguaglianze, che è la premessa per una società più giusta” ha esordito Camusso. “Da qui le nostre risposte: prima con il Piano del lavoro, che ha posto il tema anche della qualità del lavoro, poi con la Carta dei diritti, una risposta nuova all’esigenza della riunificazione del lavoro. Un percorso che dobbiamo proseguire, riflettendo sui nuovi sviluppi della contrattazione, allo scopo di riaffermare la centralità del lavoro”.
Ma un pensiero critico sulla globalizzazione si sta facendo strada, spiega il segretario Cgil. Di disuguaglianze hanno parlato perfino a Davos: “Il tempio dei potenti ne ha discusso dimenticando di esserne l’autore, e forse ne hanno discusso perché hanno paura di quello che hanno creato. La finanziarizzazione, e non solo, ha reso conveniente spostare il lavoro da un’area a un’altra del pianeta, a questo si è aggiunta l’assenza di politiche di governo”. I risultati di tutto questo sono “l‟indebolimento dei lavoratori, la stagnazione e l‟arretramento dei salari, la mancanza di progettazione della società”.
Per Camusso, inoltre, è ora di sfatare anche alcuni luoghi comuni sulla tecnologia, che non è neutra, “ma è sempre frutto di una scelta, quindi è governabile e va governata. E la rivoluzione digitale – continua – non è solo rivoluzione industriale, ma le tecnologie informano e trasformano direttamente la società”. Da qui l‟esigenza di “governare” la rivoluzione digitale: “Servono scelte nette da parte del lavoro organizzato, e il nostro compito ora è capire come la contrattazione, che è il nostro strumento principe, possa svilupparsi”.
Ma la rivoluzione digitale è già arrivata nel mondo del lavoro. “Nel terziario avanzato e distributivo, ad esempio, la somma dei lettori e dei sensori ha permesso la nascita delle casse automatiche, con il cliente che svolge da solo un lavoro che prima era compiuto dal lavoratore” continua Camusso. Per arrivare, poi, alle grandi piattaforme tecnologiche fondate sugli algoritmi: “Come si discute con un algoritmo? Come si passa dall’oggettività alla soggettività? Le grandi piattaforme, oggi, hanno un potere più forte degli Stati, e la leva fiscale con cui le si affronta non tocca i nodi della democrazia. Dobbiamo quindi interrogarci su come si esercita il ruolo del sindacato confederale se l’intermediario è un’app o una piattaforma”.
Non si può star fuori dall’innovazione, secondo Camusso, anzi bisogna “accelerare gli investimenti in ricerca”, ma non soltanto incentivando gli investimenti privati, ma puntando sull’investimento pubblico, anche “per riequilibrare il sistema produttivo privato”. Sono questi “i nodi per diffondere e accelerare l’innovazione, con infrastrutture sociali diffuse che guardano ai temi dell’invecchiamento e dell’ambiente. La sostenibilità non deve essere considerata esclusivamente sul fronte economico, ma deve confrontarsi con il lavoro. Per questo non si può far altro che scegliere il futuro e l’innovazione”.
Tuttavia, nella relazione di Camusso il concetto è chiaro: centrale resta la contrattazione, perché permette alla Cgil di ricominciare a discutere sugli investimenti a ogni livello: “Dobbiamo puntare a una dinamica qualitativa che veda e risponda ai bisogni del lavoro e del territorio, contrattare lucidamente, comprendendo gli effetti dell’innovazione per ricostruire le risposte”. Ripensare la contrattazione, però, permette anche di “governare le nuove flessibilità, che impattano con le condizioni reali delle persone e gestire nuove professionalità che cambiano il lavoro”.
C’è bisogno delle risposte delle politica, certo, ma il sindacato per Camusso deve “muoversi autonomamente nell’ambito della contrattazione”, per far crescere qualità e volumi degli investimenti, e così facendo “non rimanere passivi di fronte ai cambiamenti”.
Serve, insomma, anche nel sindacato “una rivoluzione culturale”, tenendo però ben saldi “i principi dei diritti universali, sanciti nella Carta della Cgil”. L’obiettivo dell’azione contrattuale resta in ogni caso “l’inclusione”, che è “il tema centrale della nostra Confederazione ed è fondamentale per combattere i populismi e i corporativismi in crescita”.